Sempre e comunque nel nome del VAR
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Holywood ha appena ospitato nomi e pezzi grossi ed è stato teatro di importanti annunci. Sì, Holywood scritto così, con una «l» sola. E non è di Oscar, dunque, che stiamo parlando. Nel villaggio della contea di Down, a ridosso del George Best Airport di Belfast, sorge il «The Culloden Estate and Spa», l’hotel a 5 stelle più rinomato dell’Irlanda del Nord. Qui, sabato, l’IFAB ha tenuto la sua assemblea generale e, suggerivamo, ha deciso di rivedere alcune regole del gioco. Perché è di questo che si occupa l’International Football Association Board. Il che, oramai da diversi anni e puntualmente, significa soprattutto interrogarsi sul funzionamento del VAR.
Ebbene, è successo di nuovo. Dalla prossima stagione, infatti, le singole federazioni e competizioni potranno autorizzare gli annunci pubblici negli stadi da parte dell’arbitro. Tradotto: dopo aver preso o corretto una decisione recandosi allo schermo, ma anche in seguito a una verifica prolungata di un episodio tramite assistenza video, i direttori di gara avranno l’opportunità di rivolgersi agli spettatori, chiarendo le ragioni alla base delle proprie scelte. Per il momento, invece, il legislatore calcistico ha frenato su un altro provvedimento caldeggiato dalla FIFA. E cioè l’introduzione del «challenge», una sorta di jolly grazie al quale ogni allenatore avrebbe avuto diritto - per un determinato numero di volte - di spingere l’arbitro al VAR al fine di analizzare un’azione controversa.
Un ribaltone clamoroso (e un po' pilotato)
Gianni Infantino, a proposito di potenti presenti a Holywood, ha comunque applaudito alle diverse misure e sperimentazioni benedette dall’IFAB. Il presidente della Federcalcio mondiale e i garanti delle regole del gioco devono inoltre aver tirato un sospiro di sollievo per quanto deciso - praticamente in contemporanea - dall’altra parte del Mare del Nord. Già, perché mentre a Belfast si procedeva a perfezionare il VAR, all’Ullevaal Stadion di Oslo si cercava di rinnegarlo e, di riflesso, abbatterlo. In gennaio la maggioranza dei club professionistici aveva votato a favore del suo smantellamento. Il tutto nel nome dei tifosi, che in Norvegia detengono parte delle quote societarie e che dopo la sua introduzione nel 2023 non hanno mai nascosto l’insofferenza per la tecnologia. L’ultima parola, però, spettava a tutte le 450 società facenti parte della Norges Fotballforbund. Da quelle di vertice alle più piccole, legate a semplici squadre di quartiere. Come è andata? Beh, in modo per certi versi clamoroso, una delle assemblee plenarie più partecipate nella storia della Federazione - «la più alta per affluenza sin dai tempi della questione Qatar 2022 e diritti umani», stando agli addetti ai lavori - ha visto Davide sconfiggere Golia. A dispetto della convinzione e dei presentimenti generali, i voti per il mantenimento del VAR sono stati 321, a fronte dei 129 contrari allo strumento. A spuntarla, quindi, è stata la stessa Federcalcio norvegese, messa in imbarazzo dai club più importanti ma salvata dalle più numerose realtà dilettantistiche. E il motivo è presto detto: una sorta di fedeltà obbligata verso l’organizzazione mantello e le sue risorse indispensabili per l’organizzazione e il sostentamento dei campionati minori. Tutto molto bello e democratico, in perfetto stile nordico. Peccato che il presidente dello Skoppum IL, Kenneth Laum, abbia riassunto così il fastidio provato dalle società periferiche chiamate a esprimersi a Oslo. «Ci sorprende che ci stiano trascinando in questa situazione» le sue parole al Guardian. «Non è un tema sul quale pensiamo di dover essere coinvolti. Sembra che ci stiano usando come pedine in un gioco di potere». Per dire: quando si trattò di spalancare le porte al VAR nei massimi campionati nazionali, la Norges Fotballforbund non ritenne necessario né coinvolgere i piccoli club, né tantomeno procedere con un voto assembleare.
L'eccezione svedese
Tra i principali campionati europei, quello svedese rimane dunque l’unico immune al VAR. Sempre per volere della maggioranza delle società di punta e dei tifosi, che nell’aprile del 2024 avevano bocciato l’avvento dell’assistenza video. La questione, va da sé, è d’attualità anche in Svizzera. Basti pensare all’assenza della tecnologia per i quarti di finale di Coppa Svizzera tra Bienne e Lugano, con l’1-0 dei bernesi in sospetto fuorigioco. In Zurigo-Young Boys, per contro, ha fatto scalpore l’insensato cartellino rosso inflitto al giocatore dei padroni di casa Rodrigo Conceição e suggerito proprio dal VAR. Tornando alla fresca decisione dell’IFAB, viene da chiedersi come l’arbitro Urs Schnyder avrebbe giustificato una sanzione così severa - e per un fallo di fatto inesistente - al caldo pubblico del Letzigrund. ASF permettendo, non è escluso che avvenga a partire dalla prossima stagione.