Spagna-Inghilterra, storia di un rapporto di convenienza

L’Inghilterra non può fare a meno degli spagnoli. Viceversa, gli spagnoli non possono fare a meno dell’Inghilterra. La Spagna, tolte le Isole Baleari, sembra invece poter rinunciare senza problemi agli inglesi. La finale di Euro 2024 si fonda anche su questo rapporto squilibrato. E su un paradosso. La potenza esagerata e l’attrazione fatale della Premier League, infatti, non sono ancora riuscite a portare i Tre Leoni al successo. Ad approfittarne, almeno sin qui, sono sempre state le altre nazionali. E ciò contribuendo ad alimentare la frustrazione dei tifosi e dei media britannici, per certi versi increduli di fronte ai fallimenti in serie di un calcio sulla carta deputato a governare il mondo.
Le firme su Euro 2008 e 2012
L’atto conclusivo di Berlino, in questo senso, non si candida a essere un atto di rottura. Pochi, pochissimi, scommettono sulla selezione di Gareth Southgate, un po’ sopravvissuta, un po’ sopravvalutata, di sicuro non superiore alle Furie Rosse. Kane e compagni sembrano in crescendo, vero, ma gli ostacoli Slovacchia, Svizzera e Paesi Bassi non possono reggere il confronto con Georgia, Germania e Francia. La prestazione clamorosa offerta contro i Bleus, in particolare, ha assunto i contorni di un rito d’iniziazione. Un’ordinazione. Come se avesse preso vita la seconda, grande Spagna del secolo. L’erede, insomma, della formazione che tra il 2008 e il 2012 aveva lasciato le briciole agli avversari. Incantando.
Proprio le due ultime finali continentali conquistate dagli iberici avevano suggerito l’effetto sgoccialamento, da nord a sud. Delle cinque reti firmate in Spagna-Germania (1-0) e Spagna-Italia (4-0), quattro portarono la firma di giocatori attivi nel massimo campionato inglese: Fernardo Torres (prima Liverpool, poi Chelsea), David Silva (Manchester City) e Juan Manuel Mata (Chelsea).
Quanti guru in panchina
L’impronta spagnola, negli anni, si è allargata, dal rettangolo verde alla panchina. L’avvento di Pep Guardiola alla testa del Manchester City ha costituito uno dei principali crocevia della storia moderna del calcio europeo. E inglese, appunto, permettendo di voltare la pagina ingiallita di Rafael Benitez, comunque capace di regalare l’Europa League al Chelsea nel 2013 (sempre con Torres in gol in finale). Attorno a Guardiola la Premier ha però gonfiato diritti tv, bilanci e - di riflesso - grandeur. Il City è diventato modello e pungolo per ogni rivale, in patria e in Champions League. Ma ha altresì aperto un varco a favore di diversi colleghi connazionali. Una statistica, in merito, è emblematica. Nel XXI secolo la Liga ha conosciuto solo le infelici parentesi di Gary Nevile (Valencia) e Tony Adams (Granada). Detto di Pep, la Premier League si è invece affidata agli insegnamenti di più profili e due guru spagnoli: Unai Emery e Mikel Arteta. Quest’ultimo - dopo la gavetta al City - è infine riuscito a risollevare l’Arsenal, vincendo una FA Cup e, nell’ultimo campionato, riportando il club a un soffio dal titolo. Re Mida al Siviglia e al Villarreal, Emery ha da parte sua riscritto la storia dell’Aston Villa, tornato in Champions League a 41 anni di distanza grazie al 4. posto ottenuto nella scorsa stagione.
Il precedente con le U21
Torniamo a Berlino. All’Olympiastadion. Oggi Lamine Yamal compie 17 anni e, a prescindere dall’esito del gran finale, Euro 2024 ha già trovato la sua stella più scintillante. Non è tuttavia lui, l’esterno del Barcellona, l’uomo più importante di Luis de la Fuente. Se sin qui la Spagna non ha mai tentennato, avanzando a testa bassa, meriti enormi vanno riconosciuti a Rodri. Che è equilibrio, soluzione, impulso. In poche parole, il centrocampista difensivo più forte del pianeta. Beh, non serve nemmeno sottolineare in quale squadra - e sotto quale allenatore - il 28.enne di Madrid ha raggiunto la dimensione di intrattabile. Vale per contro la pena ricordare che pure Cucurella - protagonista inaspettato dell’Europeo spagnolo - milita nel Chelsea. Nella stagione 2023-24, i calciatori iberici registrati dalla Premier League hanno toccato quota 26. Il 5,7% del totale. Con il rientro provvisorio di Mason Greenwood al Manchester United, dopo il prestito positivo al Getafe e con Napoli e Marsiglia in agguato, a oggi la Liga annuncia invece un solo giocatore inglese per il prossimo campionato. Uno solo. Anche lui, sì, indispensabile per le aspirazioni di gloria dell’Inghilterra. Jude Bellingham, già, reduce dalla Champions vinta con il Real Madrid e oramai costretto a lasciare lo scettro di nuovo galáctico a Kylian Mbappé.
Eccolo dunque il rapporto squilibrato, il paradosso anche, su cui si fonda la finale di Euro 2024. Con la nazionale favorita che si nutre delle manie di grandezza e dei mezzi finanziari a disposizione dei rivali. A Gareth Southgate serve insomma una magia, perché no un altro miracolo, per ribaltare i rapporti di forza che caratterizzano l’epilogo del torneo. Ci si aggrappa a tutto. Ai singoli e alle maledizioni che, presto o tardi, vengono spezzate. Ci si aggrappa pure all’ultimo atto degli Europei Under 21, andato in scena un anno fa, con l’Inghilterra di Cole Palmer capace di sconfiggere 1-0 proprio la Spagna.