Calcio

«Sul 2-1, ho visto il coraggio del Cham e la sfiducia dei giocatori del Lugano»

Oltre a essere il mental coach dell’Ambrì, Corsin Camichel riveste lo stesso ruolo per la squadra di Promotion League che ha clamorosamente eliminato i bianconeri dalla Coppa Svizzera - «Al netto delle fragilità dell’avversario, che conoscevamo, ho trovato incredibile lo spirito del nostro gruppo»
©KEYSTONE/PHILIPP SCHMIDLI
Massimo Solari
19.08.2025 22:30

Dello sconsiderato atteggiamento dei giocatori del Lugano, in occasione del primo turno di Coppa Svizzera, è stato detto e scritto molto nelle scorse ore. Ci mancherebbe. Meno, per contro, è stata rimarcata l’incredibile prova offerta dal piccolo Cham. Mentre i bianconeri rientravano mestamente negli spogliatoi e sull’erba dell’Eizmoos si riversavano decine di ragazzini entusiasti, una volta di più pervasi dalla magia e dalla genuinità della competizione, una figura familiare si è avvicinata con discrezione alla panchina dei trionfatori. Il suo volto tradiva soddisfazione e orgoglio. Parliamo di Corsin Camichel, ex attaccante di Davos, Ambrì Piotta, Berna e Zugo. Ma come, una vecchia gloria dell’hockey su ghiaccio su un campo di calcio? Proprio così, e non per caso.

Oltre a lavorare in qualità di mental coach per l’HCAP, Camichel offre un supporto psicologico pure alla società del canton Zugo. «La collaborazione - spiega - è nata due anni fa, quando il tecnico Pascal Nussbaumer guidava ancora la seconda squadra del Cham. Sono dell’idea che per introdurre un mental coach all’interno di uno spogliatoio siano essenziali l’accordo e la sensibilità di allenatore e direttore sportivo. Oltre alla fiducia nel lavoro svolto dal sottoscritto e da altri specialisti». E come Luca Cereda e Paolo Duca, dunque, «Nussbi» ha ritenuto di poter fare tesoro dell’esperienza e delle competenze di Camichel.

Una seduta di gruppo ad hoc

Considerata la portata della sfida e le dinamiche particolari del torneo, ai consigli di Camichel non si è ovviamente voluto rinunciare prima di affrontare il Lugano. Anzi. «Abbiamo organizzato una seduta di gruppo, il lunedì sera precedente l’incontro. Un momento, questo, attraverso il quale prepararci ai possibili snodi di una partita di Coppa Svizzera. Si è trattato, nel dettaglio, di definire quale avrebbe dovuto essere l’attitudine della squadra in caso di vantaggio, svantaggio o equilibrio nel punteggio». E dire, ammette Camichel, che l’obiettivo numero uno «era quello di non farsi sorprendere». A passare per primi, dopo appena 5’, sono invece stati i bianconeri. «Il Cham però non si è lasciato andare, tutt’altro» sottolinea il nostro interlocutore. «Ho visto una formazione subito disposta a reagire. E come lo ha fatto! Non seguo molte partite di calcio, ma ho trovato spettacolare la prestazione fisica e mentale fornita dagli uomini di Nussbaumer. Il loro spirito».

Opposti stati d’animo

A fare da contraltare all’agonismo e alla dedizione dei giocatori del Cham, sono state l’approssimazione e la supponenza di un avversario nettamente favorito sulla carta. Così come la sua vulnerabilità, emersa chiaramente con il passare dei minuti. «Naturalmente conoscevamo le fragilità del Lugano, dettate sia dai ripetuti impegni sostenuti prima della Coppa, sia dall’infelice avvio di stagione» rileva Camichel. «Poi, certo, a differenza del Cham, i bianconeri avevano tutto da perdere. E la superiorità, figlia delle due categorie di differenza, non è mai un fattore semplice da gestire. Si veda altresì l’eliminazione del Thun».

Il gol vittoria di Ris mi ha emozionato: è stata dura accettare l’iniziale ruolo di riserva. Ne abbiamo discusso e ha reagito alla grande
Corsin Camichel, mental coach

Camichel, comunque, tiene a evidenziare anche lo spessore mostrato dai padroni di casa. «Il Cham si è conquistato il passaggio del turno. E penso in particolare a quanto mostrato nel secondo tempo. Sul 2-1, ci si poteva attendere che il Lugano prendesse il sopravvento. Insomma, che emergesse la potenza di una compagine di Super League. E invece a spiccare è stato il grande coraggio del Cham, persino il controllo della partita. I giocatori del Lugano, in questo senso, mi sono sembrati sfiduciati, tanto da non creare veri pericoli sino al rigore fischiato al 90’».

«Spero che Saipi sia seguito»

A riprova della cagionevolezza attuale del collettivo bianconero, l’insperato 2-2 siglato da Anto Grgic ha costituito un’amara illusione. «Il gol della vittoria di Ris mi ha fatto un enorme piacere» racconta Camichel, ancora emozionato. «Joël era convinto di essere titolare e invece ha dovuto digerire il ruolo di riserva. Non è stato facile da accettare, d’altronde si trattava della partita dell’anno per un piccolo club come il Cham. Ne abbiamo discusso insieme prima del match e il modo in cui ha reagito, beh, mi ha reso fiero».

Lo stesso, purtroppo, non si può affermare per il portiere del Lugano Amir Saipi, colpevole tanto sul terzo gol, quanto sulle precedenti reti. «Non dev’essere stato facile metabolizzare gli episodi della gara di domenica e le critiche ricevute dai tifosi e dalla stampa» riconosce Camichel. «Spero che il giocatore venga seguito da qualcuno. Qualcuno in grado di provocare in lui una reazione positiva».

Insomma, all’estremo difensore e più in generale allo spogliatoio bianconero servirebbe un mental coach come Corsin Camichel, chissà, forse tra i beniamini del tifoso biancoblù Mattia Croci-Torti ai tempi della vecchia Valascia. «Di sicuro non mi tirerei indietro. Non è mai troppo tardi per cercare di scuotere una squadra o alcuni suoi giocatori sul piano mentale. Anche se è preferibile un accompagnamento costante».

«Calciatori e hockeisti? Simili»

Camichel, dicevamo, è attivo alla Gottardo Arena, a Olten e all’Eizmoos. E ad attenderlo sono parecchie sfide. «Tra meno di un mese, per esempio, il Cham tornerà in campo per i sedicesimi di finale di Coppa. E, a maggior ragione perché sfiderà una squadra di Seconda lega interregionale, tutti ora si attendono un nuovo successo. Ecco, a fronte di condizioni mutate, sarà interessante osservare e provare a influenzare il comportamento del gruppo. È il bello della mia attività. Detto ciò, ed è importante precisarlo, non ritengo possibile misurare l’operato di un mental coach sul singolo evento. Insomma, non basta dire “arriva la Coppa, prepariamo qualcosa di speciale”. No, a contare è il processo. E, nel mio caso, il lavoro svolto a Cham ogni tre settimane. Con la squadra e soprattutto singolarmente».

E a proposito: le teste di un calciatore e di un giocatore di hockey su ghiaccio funzionano allo stesso modo? «Vi sono parecchie analogie» conferma Camichel. Per poi spiegarsi: «In entrambe le discipline, e a differenza degli sport individuali, molto ruota attorno al tempo di gioco. Puoi essere titolare o finire in quarta linea. Puoi venire utilizzato in tutte le situazioni speciali o essere gettato nella mischia solo nei minuti finali. Insomma, la sfida più grande per chi pratica il calcio o l’hockey ad alto livello rimane la comprensione delle decisioni prese dall’allenatore. Ed è qui, nell’accettazione di questo meccanismo, che il mio vissuto da professionista può trasformarsi in una risorsa».

In questo articolo:
Correlati
Come agire in casa FC Lugano? Quattro scenari e un mese di tempo
Da qui a metà settembre, i bianconeri giocheranno una sola gara - La situazione sportiva impone riflessioni e soprattutto possibili interventi - Quali? Lo statu quo, responsabilizzando i giocatori e mettendo in conto di fallire la stagione; via Croci-Torti; via Pelzer; via allenatore e capo dell’area sportiva