Tutti a Cornaredo, sognando il 1993

C’è tanta attesa. Inutile negarlo. Vuoi perché la nuova proprietà ha posto la Coppa quale obiettivo stagionale. Vuoi perché Cornaredo, questa sera, ribollirà di passione. Come non accadeva da tempo. L’entrata allo stadio gratuita, promossa dalla società, ha trasformato gli ottavi tra Lugano e YB in una sfida da quasi tutto esaurito. Bellissimo. E, si augurano tutti i tifosi bianconeri, propizio alla squadra di Mattia Croci-Torti. Per sorprendere i gialloneri, campioni svizzeri in carica, servirà un partitone. Così come quel pizzico d’indecifrabilità che - puntualmente - insaporisce la competizione. La mente, in tal senso, corre al 1993. Anno di grazia. Sì, perché il Lugano visse quella primavera in un crescendo di emozioni, culminate al Wankdorf il 31 maggio, con la terza e sin qui ultima Coppa Svizzera messa in bacheca.
«Fortuna e personalità»
Il giusto slancio i bianconeri lo trovarono però il 6 aprile di 28 anni fa. Sempre al Wankdorf, evidentemente crocevia di quella fantastica storia. Anche allora si giocavano gli ottavi di finale. E a contendere il passaggio del turno al Lugano, va da sé, era proprio lo Young Boys. I sottocenerini la spuntarono solo ai rigori (con il risultato di 5-6) e al termine di una prova che i cronisti dell’epoca definirono drammatica e deludente. Senza le grandi parate di Philipp Walker e la benevolenza della dea bendata, il cammino bianconero si sarebbe interrotto anzitempo. Cancellando dagli almanacchi quello che, in Coppa e nei quattro precedenti, rimane l’unico successo ticinese. «È vero, fummo fortunati» ammette Karl Engel, nel 1993 tecnico del Lugano. «La fortuna - tiene però a precisare - va provocata. E la mia squadra, che tra l’altro si era presentata in campo più da outsider che da favorita, riuscì a far pendere l’ago della bilancia dalla propria parte». La follia, indica ancora Engel, non si limitò per altro ad ammantare quella partita di Coppa. «Ma pure le altre, dai quarti vinti 4-2 con lo Zurigo, alla semifinale di Neuchâtel vinta per 3-2, sino al 4-1 rifilato al GC nell’ultimo atto. Ciò dimostra che il Lugano dell’epoca aveva personalità ed era in grado di far fronte a ogni avversità. Qualità, queste, che scorgo anche nella squadra di Croci-Torti. Il bel gioco non manca, il coraggio nemmeno. E se penso alla gara di domenica a Basilea, beh, credo che se si dovesse rifare la partita il risultato più corretto sarebbe il 2-3».
Chi para e chi segna
Il presente, a Cornaredo, racconta tuttavia di un attacco piuttosto sterile e di qualche dubbio fra i pali. Insomma, ai bianconeri - oggi - mancano un Philpp Walker e un Nestor Subiat, nel 1993 in rete sia negli ottavi sia in finale con tanto di doppietta. «Eppure tre-quattro piccoli Subiat li ho visti a Basilea» osserva Engel: «La prestazione di Lindner, a difesa della porta renana, è stata eccezionale. Saipi? Non serve dubitare di lui. Al St. Jakob, tutto sommato, non si è difeso male. E, più in generale, non ritengo che il Lugano abbia un problema in questo ruolo. Non più di altri club, perlomeno. Certo, serve lavorare in profondità».
Quando lo stadio è pieno
A questo giro, dicevamo, sostegno ed entusiasmo potranno essere attinti dalle tribune e dagli spalti di Cornaredo. «Società e squadra - sottolinea Engel - meritano di essere supportate da un pubblico del genere. In fondo, se il mio Lugano riuscì a imporsi nel 1993 è anche perché tra giocatori e tifosi si creò un sentimento comune. Ticinese». Allo stadio sono attesi circa 6.000 spettatori. Un’affluenza raggiunta raramente negli ultimi anni e, spesso, innescata da elementi esogeni. Un’amichevole della Svizzera, per esempio, come quella del 2018 con il Giappone (7.010 i presenti), o i test con Milan e Inter. Il 2 giugno del 2017, per l’ultima di campionato tra Lugano-Lucerna, sinonimo di Europa League, a Cornaredo accorsero invece in 6.250. Per la prima in Super Legue contro il Basilea, il 22 agosto del 2015, erano in 6.224. I 10.300 di Lugano-San Gallo, quando nel maggio del 2001 il titolo sembrava possibile, restano un nostalgico ricordo.