Un limite invidiabile
«Ousmane Doumbia sarà un nostro giocatore designato fino alla fine dell’anno». A sganciare la bomba durante il weekend, in un’intervista rilasciata a «The Athletic», è stato nientemeno che Georg Heitz. Il direttore sportivo dei Chicago Fire, incalzato dal collega Tom Bogert, ha già presentato alla piazza chi - è questione di ore, al massimo giorni - sarà il terzo e ultimo elemento della franchigia dell’Illinois a usufruire della celebre «regola Beckham». Oltreoceano, dove tutti - dopo aver visto Miami accaparrarsi Lionel Messi - si attendevano un bomber dal nome altisonante quale ultimo «fuoriquota», la notizia è stata fin qui accolta con freddezza. Delusione, anche. Nemmeno lontanamente paragonabile, tuttavia, a quella che in queste ore serpeggia a Cornaredo e dintorni.
La tifoseria bianconera, inutile girarci attorno, è ferita. Stordita da un addio inatteso e imprevedibile. Un po’ tutti, chi più e chi meno, hanno accettato la possibilità di doversi presto separare dai gioiellini più pregiati: Aliseda, Amoura, Celar, Valenzuela. «Vittime» designate di una strategia societaria chiara e definita. Nessuno, però, aveva messo in conto di poter perdere quello che negli ultimi dodici mesi è divenuto il faro della compagine di Mattia Croci-Torti. Per giunta non a fronte di un’offerta proveniente dalle migliori leghe europee, bensì - con tutto il rispetto - dai «cugini» statunitensi. Il nocciolo della questione, in fondo, risiede proprio qui. In quest’ultima considerazione. Negli ultimi due anni, sull’asse Lugano-Chicago, sono andati in scena quattro movimenti di mercato. Due giocatori, Ignacio Aliseda e Jhon Espinoza, hanno lasciato l’Illinois per accasarsi in Ticino. Altrettanti, Maren Haile-Selassie e (a breve) Ousmane Doumbia, hanno effettuato il percorso inverso. Dal punto di vista puramente numerico, il bilancio risulta dunque equilibrato. I contenuti dei vari trasferimenti, tuttavia, suggeriscono altro. Molto altro. Sì, perché in provenienza dai Fire, non è un segreto il Lugano ha fin qui accolto solo elementi ansiosi di cambiare aria e rilanciarsi, dopo aver deluso in MLS. Al contrario, i due rinforzi bianconeri partiti alla volta del Soldier Field lo hanno fatto con ben altri status.
Alla luce di determinate premesse, va da sé, la mente corre. Si affolla. E tra un interrogativo e l’altro, ripensa alle parole espresse da Joe Mansueto in occasione del suo insediamento quale nuovo proprietario del FCL, nell’agosto del 2021. Poi peraltro ribadite in occasione della sua prima visita in Ticino. «Vi sarà un filo diretto tra Chicago e Lugano. Due club partner, entrambi sullo stesso piano». Già. I fatti, supportati pure da un’intervista sempre di «The Athletic» al patron americano, pubblicata nell’aprile del 2022, dimostrano tuttavia altro. Ovvero che il club sottocenerino, a tutti gli effetti, è il farm team di quello a stelle e strisce. Le sfumature dell’affare Doumbia, in questo senso, lasciano poco spazio all’interpretazione. «La scorsa stagione il tecnico dei Fire, Fotios “Frank” Klopas, ha guardato tutte le partite del Lugano - rivela Bogert -. E ha evidenziato Doumbia come giocatore che avrebbe voluto portare a Chicago». Più chiaro di così. La consolazione bianconera, al netto di una gerarchia ormai delineata, è che oltre al danno quantomeno non vi è pure la beffa. La proprietà infatti, come dimostrato nell’arco degli ultimi anni, ha sempre investito al fine di rimpiazzare un ottimo giocatore con un altro dello stesso livello. Mica cosa da poco, specialmente se supportata da un impegno economico anche in altri ambiti societari, così come per il nuovo stadio. Resta il fatto che per quanto invidiabile, la condizione del Lugano rimane pure limitante. Sportivamente, ambire a nuove vette quando si marcia sul posto è pressoché proibitivo. E genera rimpianti. Per conferma chiedete a chi potrebbe presto vedere l’ex capitano del Sion Anto Grgic giostrare al posto di Doumbia, invece che al suo fianco.