Una storia, tante storie: e il Riva IV torna a vivere

Chiasso è una storia a parte. Ma è una storia fatta di tante storie, di traiettorie diverse, che iniziano individualmente e che poi proseguono le une accanto alle altre. A volte si intrecciano. Lo fanno lungo la ramina, attraverso le strade dei vari quartieri, tra la rive gauche e la rive droite dei binari della ferrovia, ma anche all’interno dello stadio, il Riva IV. Il «Puci» stesso era una storia tutta sua, ma era parte del territorio, di tutto. Era lui con la sua arte del pallone e con le sue abitudini. Finiva spesso le sue serate a giocare a bocce, e poi a bere un bicchiere e a chiacchierare a casa del Natalino, mio nonno, oppure a casa di altri nonni. Storie che si intrecciano, sì.
Il Chiasso, quello successivo al fallimento dello scorso gennaio, si propone come un luogo, nel territorio, per ospitare alcuni di questi viaggi e di questi incroci. Una nuova casa per i momò. La solita casa, invece, per Raffaella. Lei viveva nella pancia della tribuna. Moglie di Pasquale, il custode del campo, manteneva tutto in ordine. Il pavimento dell’appartamento era lucido che ci si poteva specchiare. E aveva un frigorifero di quelli giganti, che lo aprivi da sopra, e dentro c’erano i gelati. Pasquale non c’è più. Tutti gli volevano bene. Ma Raffaella - che non abita più lì -, ad ogni partita del Chiasso ancora passa dal campo, fa tutto il giro degli spalti, sorridendo. Lo ha fatto anche questa sera. Nell’aria quella magia del calcio di sera, un raro profumo di erba tagliata, i riflessi delle luci lassù in alto.
Campionato di Quarta Lega. Lontani i fasti della Lega nazionale A, lontani anche i su e giù tra categoria cadetta e Prima Lega. Ma è lontano anche il fallimento, o così perlomeno sembra. Il clima è quello della festa popolare, della Chiasso del Carlino e del Boffalorino, del pub e del Pace, della Rampa e della Zocca, delle bocce e delle carte, del Penz e dei giardinetti, del crocione e dell’Excelsior. Ci sono giovani vecchi, i giovani di sempre, che oggi hanno cinquant’anni. C’è Luca, che di mestiere fa il professore di fisica. Ma forse ha studiato fisica solo per capire, nel dettaglio, la dinamica dei tiri in porta di Jimmy Leva, oppure l’intesa in campo tra Sordelli e Kalbermatter, o ancora la personalità pigra di Herbert Neumann. Una fisica psicologico-calcistica. Non si perde neppure Chiasso-Arzo, e al gol di Manicone esulta come quando Rafael - rigorosamente con una «F» sola - zittì Cornaredo nel ritorno della «sfida con bonus» del settembre del 2003. Luca esulta in un modo tutto suo. Il Chiasso è tornato a essere collettivo, comunità, ma nessuno dei suoi tifosi poi rinuncia alla propria personalità.
I chiassesi sono gente di confine, vivono lungo i bordi, sfiorano i limiti. Paolino era un ultrà rossoblù. Oggi è un dirigente. Si è occupato per settimane di vendere tesserine e magliette. Stasera era in curva. Da un estremo all’altro, ma chissenefrega. Il giorno della presentazione della società, qualche settimana fa, i suoi amici gli facevano il verso, canzonandolo. La faccia da eterno ragazzo della via Pál. Ne girano tanti come lui, al Riva IV. È la generazione di mezzo dei tifosi rossoblù. Poi ci sono i più piccoli, storie per il futuro.
C’è il risotto degli urani. C’è il ragazzo che controlla i biglietti, Danilo, che sorride timido, non sa neppure lui se considerarla una partita del calcio vero o del calcio minore, che sempre lo stesso sport è. È solo che si viaggia su ritmi diversi. Le porte sono le stesse di sempre. Il pallone è il pallone, da quando lo tieni nel lettino, per non rischiare di perderlo, a quando lo rincorri in mezzo a un campo, sia esso quello delle piscine comunali - campo mitico a Chiasso, intendiamoci - o il Riva IV o San Siro. C’è Aldo, ha ottant’anni, o giù di lì, è seduto in tribuna con sua moglie. Di fianco a loro, una truppa di bambini. Matilde esclama: «Sta giocando solo il Chiasso». Teo, il piccolo tifoso dell’Arzo, replica: «Sì, ma l’Arzo prima ha fatto delle belle azioni». Aldo chiude ogni discussione: «Si stanno equivalendo». I bambini non sanno cosa rispondere. Poi tornano a darsi di gomito.
Intanto, in campo, Manicone fa un gol, e poi ne fa un altro. Qualcuno in tribuna tiene fissa, sul telefonino, Roma-Milan. Segna il Milan. C’è l’arbitro, al Riva IV, non all’Olimpico, il signor Luigi Del Villano di Balerna, che fischia con vigore. L’occasione non concede timidezze. Lui non ne mostra, e non fa errori. È arbitro di Quarta Lega, la fisicità non lo nega. Ma il contesto no, sembra calcio di una volta, quello vero. Qualcuno cita il Comacini, lasciandosi andare a un romanticismo di troppo. Ma va bene così.