Wicky: «Al Wankdorf un solo vincitore, ma chi perderà non avrà fallito»
Raphaël Wicky, finalmente, dopo l’ultimo match contro il Winterthur, vi è stato consegnato il trofeo destinato ai campioni svizzeri. Che emozioni ha provato?
«È stato incredibile. Un momento speciale, condiviso con lo stadio pieno e la mia famiglia. Una giornata bellissima, insomma. Anche se la vera festa l’avevamo fatta dopo la vittoria contro il Lucerna, che ci aveva garantito il titolo».
Appunto, è ormai dal 30 aprile che siete certi di essere campioni. Il finale di campionato non è stato un po’ lungo?
«Direi che non possiamo lamentarci di esserci laureati campioni a cinque giornate dal termine (sorride, ndr). È un traguardo che la squadra si è meritata. Non abbiamo smesso di lavorare dopo il titolo: un leggero calo di rendimento è normale e umano. È successo anche nei grandi campionati europei, ad esempio a Napoli e Barcellona. Ciononostante abbiamo comunque vinto tre delle ultime cinque sfide, perdendone soltanto una».
Questa sconfitta è tuttavia occorsa proprio contro il Lugano. Che significato darle, allora, in ottica finale di Coppa Svizzera?
«Sicuramente non è stata una buona cosa. Abbiamo perso contro un ottimo avversario, protagonista di una bella stagione. Nutriamo tanto rispetto per il Lugano e domenica ci attende una partita molto tesa ed equilibrata, contro una squadra in fiducia. Spesso le finali non sono le partite più belle da vedere, c’è sempre tensione e un po’ di nervosismo. Bisognerà gestire le emozioni e cercare di essere il più efficaci possibile. Ci concentreremo su di noi e sulle nostre forze, quelle che ci hanno permesso di essere dove siamo oggi».
Di Mattia Croci-Torti invece cosa pensa?
«Personalmente non lo conosco bene, ma mi sembra una brava persona. Come allenatore dimostra di essere all’altezza ogni singola settimana. Svolge un ottimo lavoro, la sua squadra gioca un calcio che a me personalmente piace molto, dinamico e piacevole da guardare. Anche tatticamente è sempre capace di trovare le soluzioni giuste. Negli ultimi due incroci stagionali la sua squadra è stata più aggressiva e ci ha marcato a uomo. Questo ci ha creato parecchie difficoltà. Ma ribadisco, per la finale ci concentreremo su di noi e sulle nostre forze, dato che non sappiamo in anticipo come si preparerà l’avversario».
Nel Lugano ultimamente sta brillando Ignacio Aliseda, un giocatore che lei ha allenato a Chicago. Come ricorda «Nacho» e come valuta la sua evoluzione?
«È vero, l’ho allenato a Chicago, insieme ad Espinoza. Così come Steffen e Bislimi a Basilea (ride, ndr). Mi fa piacere osservare la sua crescita. Quando era arrivato a Chicago, a diciannove anni, ha dovuto affrontare un periodo difficile. È subito arrivata la COVID-19, che lo ha obbligato a rimanere tre mesi in casa, senza amici né famiglia. Questo ha influenzato il suo rendimento una volta ritrovato il campo. Ha affrontato un anno e mezzo difficile, caratterizzato da parecchi infortuni. Un po’ come è iniziata la sua avventura a Lugano. È un giocatore che ha bisogno di sentirsi bene per dare il massimo, e a tal proposito penso che la cultura latina che si respira in seno al club bianconero lo stia aiutando. In questo momento sta dimostrando perché avevamo puntato su di lui a Chicago».
Le piacerebbe allenarlo di nuovo all’YB?
«Per ora non è un tema. Mi limiterò a dire che è un ottimo giocatore e, lo ribadisco, mi fa piacere osservare la sua evoluzione».
Se l’YB, da favorito, non dovesse vincere la finale, il bilancio stagionale andrebbe rivisto al ribasso?
«Assolutamente no. La nostra stagione è stata ottima e non va normalizzata. Bisogna esserne fieri. Ci rimane una finale, nella quale può succedere di tutto. Il giudizio e il lavoro svolto sull’arco di una stagione non dipendono da una vittoria o meno in questo ultimo atto. Come il Lugano, entreremo in campo per vincere la Coppa, ma alla fine soltanto una squadra ce la farà. Ciò non significa che per l’altra la sconfitta sarà un fallimento».
Si può dunque affermare che per l’YB è più importante riuscire a qualificarsi per la fase a gironi della prossima Champions League, piuttosto che vincere la Coppa Svizzera?
«Sono due cose che non si possono paragonare. Ripeto, le due squadre in finale daranno il massimo per vincere. Al resto si penserà più tardi. Poi è chiaro che centrare i gironi di Champions è l’obiettivo più elevato che ci si pone».
Il fatto che il Lugano sia il campione in carica in questa competizione, vi motiva ancora di più?
«Sinceramente questo aspetto non influirà su come prepareremo la partita. Si tratta infatti di qualcosa che è accaduto in passato».
Domenica non ci sarà Anthony Racioppi, infortunatosi di recente. Quanto peseranno le assenze dei vostri primi due portieri?
«È un duro colpo per Anthony e per l’YB, come lo era stato a gennaio l’infortunio di Von Balmoos. Sono situazioni che fanno parte del calcio, come sempre bisogna guardare avanti e trovare delle soluzioni. Ho piena fiducia in Martin Keller, ha giocato tre delle ultime quattro partite e ha dato risposte positive. A meno di sorprese, sarà lui a giocare la finale».
Che ambiente si aspetta domenica al Wankdorf?
«Si giocherà nel nostro stadio, ma non sarà una vera partita casalinga con 30.000 tifosi dell’YB. Mi aspetto comunque uno splendido ambiente e, lo spero, uno stadio pieno».