Zlatan Ibrahimovic, la stella di Hollywood affamata di calcio

Ha 38 anni, ama paragonarsi a Dio e ai leoni, ha un fisico statuario e, come ripete spesso, ovunque vada lascia il segno. Dopo aver salutato gli Stati Uniti, Zlatan Ibrahimovic è pronto per una nuova (vecchia) avventura: il Milan. Regalo di Natale o pacco? Proviamo a capirlo assieme al giornalista Massimiliano Cristina.
È un vecchietto, dicono. Ma i social network sa usarli bene. Molto bene. È fatto così, sua maestà Zlatan. Provoca e ama provocare. Instagram è uno dei suoi terreni di caccia. L’ha scelto per far capire che sì, il Milan sarà la sua nuova casa. Una banale foto in una storia, con un piccolo particolare. Due pupille rosso fuoco, uno dei colori del club milanese. E l’Internet è esploso, per dirla con un gergo giovanile.
Bene, ma cosa dobbiamo aspettarci da questo Ibra 2.0? Fra il 2010 e il 2012 lo svedese vinse scudetto e Supercoppa italiana con il Milan. E ora, al secondo giro, come andrà? Di più, saprà aiutare una squadra e una società in netto declino rispetto a qualche anno fa? Il periodo losangelino gli avrà fatto perdere il ritmo europeo? Dubbi e domande che abbiamo girato al giornalista ed esperto di calcio americano Massimiliano Cristina, attivo presso Sport Mediaset e Opta nonché fondatore del portale MLS Soccer Italia.
La mania del fisico
«Io mi aspetto un Ibra carico a mille» esordisce Cristina, che aggiunge: «È un giocatore alla Cristiano Ronaldo, fa della condizione fisica e della sua immagine una vera e propria mania. Insomma, da questo punto di vista di problemi non ce ne sono. Se torna, inoltre, è perché sente di poter essere ancora competitivo. Anche in Europa».
Ecco, dopo la parentesi (e l’infortunio) con il Manchester United Ibrahimovic aveva scelto l’America e Los Angeles per ripartire. Qual è il bilancio dell’avventura oltreoceano? «Ai Galaxy ha fatto benissimo, pur non vincendo trofei» dice Cristina. «Parliamo di 53 gol in 58 partite, cui vanno aggiunti una quindicina di assist. Poi, è vero, nei momenti decisivi è venuto fuori il suo limite: non ha inciso, anche se va detto che i Galaxy difensivamente sono una squadra approssimativa».
Il ritorno al baseball
Lo svedese, però, non è solo un calciatore. È un personaggio a 360 gradi. «Il campionato MLS infatti ha abbracciato tanto il giocatore quanto la stella. Una star hollywoodiana, con tanto di dichiarazioni pepate. Ibra ha criticato il sistema calcio a stelle e strisce, usando i suoi toni classici. Andando quasi ad offendere Lega e tifosi. È stato così nel momento dell’addio, quando ha esortato il Paese a tornare al baseball». Già, come dire: non ci sono più io, tanto vale dedicarsi ad altro.
«Ibra – prosegue Cristina – ha fatto giocate grandiose in campo, come il gol numero 500 della sua carriera con una mossa da taekwondo, ma i suoi gesti eclatanti extra campo in America non sono piaciuti».
Serve carattere
L’idea, radicata in Europa, è che l’America sia un cimitero per elefanti. Grandi campioni del passato la scelgono e l’hanno scelta per svernare. «Ma non è il caso di Ibrahimovic» ci ferma subito Massimiliano. «È andato là per vincere. Non ha vinto, d’accordo, ma ha dato tanto al campionato. Niente a che vedere con Pirlo, Lampard, Gerrard o Kakà. Sin dal primo giorno a Los Angeles Zlatan ha dimostrato una mentalità da campione, dando sempre il 100%. Ed è proprio quello di cui ha bisogno il Milan. Una guida con carattere, carisma, determinazione. A Stefano Pioli, magari, creerà qualche dilemma tecnico-tattico. Ma ai rossoneri serve tantissimo uno che, dopo un 5-0, faccia capire agli altri che perdere è un conto e venire umiliati un altro». Zlatan è tornato, dunque. «E per fare la differenza, ancora» conclude Cristina.