Caro Yakin, ma chi giocherà davanti?
Minuto 40’, Steven Zuber si invola sulla corsia sinistra e cede il pallone a rimorchio per l’accorrente Amdouni, quest’ultimo viene fermato ma sul prosieguo dell’azione la sfera torna dalle parti di Zuber. Il numero 14, però, su quella palla non si avventa. È chino, con le mani appoggiate alle proprie gambe. Pochi secondi dopo si accascia sul terreno del Kybunpark. Non ha subito alcun trauma da impatto, non sembrano esserci state delle distorsioni. Non può che essere un problema muscolare. La panchina è in fermento e Murat Yakin è costretto al cambio: Zuber si rialza e – dopo un breve saluto ai propri tifosi – raggiunge i compagni in panchina senza troppi patemi d’animo. L’essenza di Svizzera-Austria, sostanzialmente, si racchiude tutta in questa rapida successione di eventi.
Un indizio non da poco
Al termine della sfida, è lo stesso allenatore della Nazionale a tornare sull’accaduto. «È un gran peccato – ha affermato Yakin – speriamo non si tratti di nulla di troppo grave. Purtroppo, Steven ha sentito tirare leggermente al polpaccio». La sua posizione dietro la punta - nel 3-4-2-1 disegnato dal tecnico basilese - sembrava funzionare a meraviglia. «È un giocatore dinamico, che ha una certa inventiva ed è anche bravo nelle letture di gioco. Mi piace molto lì, perché è anche disciplinato dal punto di vista difensivo. Ha dimostrato di essere una pedina importante nel nostro scacchiere, lunedì effettuerà gli accertamenti medici per verificare l’entità del problema».
Molto di quanto visto a San Gallo, dicevamo, passa dal momento vissuto al 40’. Sì, perché abbiamo ricevuto un’indicazione importante. Con l’uscita di Zuber, infatti, ci si poteva aspettare un ingresso di Shaqiri od Okafor. Così, però, non è stato e a entrare è stato Michel Aebischer. Una sorpresa per molti, ma non per lui. «So cosa sono capace di fare – ha detto il diretto interessato – e sono conscio di essermi allenato bene in questi giorni. Non sono mai sorpreso quando vengo impiegato, perché significa che me lo sono meritato. È chiaro che preferisco essere schierato in una posizione più arretrata, ma in Nazionale non si può di certo scegliere dove giocare». Il commissario tecnico, a proposito della sua scelta, si è limitato a un breve commento: «Aebischer sa anche disimpegnarsi in una zona di campo più offensiva, sa garantire equilibrio e una buona organizzazione grazie alla sua intelligenza tattica. È stato un cambio strategico basato sulle caratteristiche dell’avversario».
Rebus offensivo
È inevitabile, allora, riflettere sul reparto offensivo della Svizzera. Diverse, infatti, sono le possibilità. Poche, invece, le certezze. Le condizioni di Embolo vanno monitorate quotidianamente, ma le sue qualità fisiche e la sua capacità di difendere il pallone sono una caratteristica unica nella rosa elvetica. «Non per forza dobbiamo giocare con una prima punta di questo tipo - ha dichiarato Yakin - abbiamo a nostra disposizione giocatori creativi e veloci, capaci di rendersi molto pericolosi tra le linee». I sacrificati, sul fronte offensivo, sembrerebbero essere i già citati Shaqiri e Okafor. «Xherdan non ha ancora acquisito il ritmo giusto per giocare diversi minuti in due partite ravvicinate - ha confermato il nostro c.t. - bisogna dosare le sue forze». L’attaccante del Milan, invece, appare ormai involuto ogniqualvolta veste la maglia rossocrociata. «Ogni cambiamento comporta anche dei grandi rischi - ha detto Yakin - raramente è titolare con il suo club. Soprattutto per un attaccante, è importante giocare e il suo scarso minutaggio non è certamente ottimale». Va detto, però, che anche gli ordini di Yakin il suo impiego è limitato e la sua collocazione in campo fa discutere. «Non lo vedo molto come un numero 9 che deve giocare spalle alla porta. Dà il suo meglio quando parte dall’esterno e si accentra, la sua velocità viene esaltata quando ha spazio davanti a sé. Al momento gli manca un po’ il timing nei movimenti, alcuni meccanismi vanno oliati».
La fiducia dei leader
Il test contro l’Austria - seppur con un inizio al rilento - ha fornito segnali incoraggianti al gruppo rossocrociato. «Nel primo tempo - ha confermato Granit Xhaka - siamo stati estremamente dominanti, era da diverso tempo che non accadeva. Nella ripresa era logico che loro ci provassero maggiormente, ma abbiamo concesso davvero poco». A proposito del reparto offensivo - tanto propositivo quanto impreciso - il capitano è stato abbastanza chiaro. «Abbiamo avuto a disposizione parecchio spazio tra le linee, ma ci è mancato l’ultimo passaggio e non sempre abbiamo trovato le migliori soluzioni». Sulla stessa lunghezza d’onda, anche Yann Sommer: «Dobbiamo essere più concreti, abbiamo ancora qualche giorno per sistemare gli ultimi accorgimenti. Nel complesso trovo che ci siano stati diversi aspetti positivi, il risultato ha un’importanza relativa in una partita del genere».
Oggi il gruppo elvetico parte in direzione Stoccarda - dove risiede il campo base - e lo fa con una certa fiducia nei propri mezzi. «Non aver perso nelle due partite amichevoli - ha affermato Xhaka - ci fa andare in Germania con dei sentimenti positivi. Sono convinto che arriveremo pronti per l’appuntamento tra cinque giorni contro l’Ungheria».