La crisi

C'era una volta Federer: la Svizzera è scomparsa dall'élite del tennis mondiale

Dopo tanti anni di grandi successi, nei migliori 100 del mondo, tra uomini e donne, non figurano più i colori rossocrociati – In campo maschile, perlomeno, sembra esserci un ricambio generazionale – Lüthi: «La situazione è migliore di qualche anno fa»
© Keystone / Peter Klaunzer
Alex Isenburg
16.10.2024 23:30

Per la bellezza di 46 anni e 8 mesi, tra i primi 100 del mondo c’è sempre stato almeno un nome – nella classifica dell’ATP o in quella della WTA – affiancato dalla nostra bandiera, quella rossocrociata. Da qualche giorno, ormai, non è più così e scorrere quelle liste, inevitabilmente, fa sorgere un certo senso di tristezza e, forse, di preoccupazione. Perché il nostro Paese, seppur di dimensioni ridotte, ha costituito per anni un eccezionale esempio per il resto del pianeta, mentre ora sembra non riuscire più a produrre talenti in grado di imporsi ai massimi livelli?

Non è una sopresa

Bisogna essere sinceri, era solo una questione di tempo. La notizia, concretizzatasi lunedì – con la canonica pubblicazione dei rispettivi ranking – era sostanzialmente nell’aria e – con le posizioni perse da Alexander Ritschard e Viktoria Golubic – si è di fatto solamente illuminato uno scenario che era rimasto oscuro, ma era noto da tempo. La Svizzera non è più al centro del panorama tennistico e rischia seriamente di essere confinata ai margini delle cartine, costretta a ricoprire un ruolo più marginale. Le prime avvisaglie – in seguito al ritiro di Sua Maestà Roger Federer, che per noi tutto ha cambiato – c’erano già state, tanto che agli ultimi US Open nessuno dei nostri rappresentati aveva raggiunto il secondo turno a Flushing Meadows. Un unicum – o quasi, era già accaduto 4 anni or sono ma in condizioni differenti, con le mancate partecipazioni a causa della pandemia dei nostri atleti di punta, Wawrinka e Bencic – da tre decenni a questa parte. In aggiunta a ciò, poi, il 2024 del tennis elvetico ha segnato un altro record negativo: nessun rossocrociato ha raggiunto la seconda settimana in uno dei Grandi Slam, non accadeva addirittura dal 1986.

Ne è passata, da allora, di acqua sotto ai ponti e tra Martina Hingis, Stan Wawrinka e soprattutto King Roger, abbiamo vissuto un’epoca d’oro e quasi certamente irripetibile. A livello individuale, sì, ma anche di squadra. Dallo storico trionfo in Coppa Davis – a Lilla nel 2014 – la Svizzera non si è più ripresentata ai massimi livelli e nella nuova formula – in vigore dal 2019 – soltanto una volta abbiamo partecipato alla fase finale della competizione. In ambito femminile, invece, il tracollo è più recente: le finali della Billie Jean King Cup raggiunte per due edizioni consecutive – nel 2021 e 2022, con tanto di successo in quest’ultima – sono state succedute da una mesta uscita di scena ai giorni e, quest’anno, da un secco k.o. nelle qualificazioni contro la Polonia.

Ciò che non è funzionato

Che non fosse un momento sostenibile, alla lunga, era ben chiaro a tutti, ma passare dalle stelle alle stalle in così poco tempo non era altrettanto prevedibile. Le ragioni, come spesso accade, sono molteplici e di natura differenti tra loro. Innanzitutto, anche lo sport deve sottostare alle leggi della natura, della ciclicità. Di Roger Federer, nella storia, ce n’è stato uno e uno soltanto. La nostra fortuna è che, tra tutto il globo, King Roger sia nato proprio a Basilea. I talenti vanno e vengono, da quel lato si può fare ben poco. Ciò che, invece, è più controllabile, è il lavoro della Federazione, che – grazie agli infiniti successi del nostro fuoriclasse – aveva il compito di sfruttare l’onda dell’entusiasmo per garantire una nuova solida generazione di giocatori. È difficile, però, sentenziare che questa missione sia fallita. Trattandosi di uno sport globale, Swiss Tennis non può di certo contare sulle strutture e sulle risorse di cui dispongono altri Paesi. Basti pensare alla vicina Italia, che sta sì beneficiando del fenomeno Sinner, ma che allo stesso tempo può vantare di una serie sconfinata di tornei di buon livello e una Federazione che si appoggia a un canale dedicato, Super Tennis.

In termini più specifici, poi, vanno anche considerati aspetti esterni che hanno coinvolto – e penalizzato – il rendimento di alcuni nostri rappresentanti. Gli infortuni, prima di tutto, hanno rallentato il processo di crescita di alcuni prospetti, vedi i k.o. a lungo termine ai quali sono andati incontro sia Dominic Stricker, sia Leandro Riedi. Lo stesso, non va dimenticato, è successo al promettente Kilian Feldbausch, che solo un anno fa sembrava in rampa di lancio. In ambito femminile, invece, le nostre punte di diamante hanno, per motivi diversi, lasciato le posizioni di vertice. Belinda Bencic è diventata mamma e si è presa una pausa dalle competizioni, mentre Jil Teichmann, purtroppo, ha progressivamente perso smalto. Poteva essere Lulu Sun – cresciuta a Ginevra e formatasi tennisticamente in Svizzera, con tanto di passaporto ricevuto nel 2018 – a ridare slancio al nostro movimento. Tuttavia, la 23.enne ad inizio anno – prima di raggiungere i quarti a Wimbledon – ha deciso, anche per questioni monetarie, di cambiare rotta e competere per la Nuova Zelanda.

Tra presente e futuro

Se tra le donne le nostre speranze, nei confronti delle nuove leve, sono soprattutto affidate a Céline Naef – 19.enne che ha già fornito segnali incoraggianti, ma il cui cammino sta perdendo velocità – tra gli uomini il discorso è differente. Aggrapparsi agli eventuali exploit dei già maturi Ritschard e Hüsler, francamente, non è verosimile e allora bisogna focalizzarsi su coloro che si stanno profilando alle loro spalle, poiché qualcosa sembra effettivamente muoversi, e per il verso giusto. «Anche se in questo momento sembra un po’ avventato da affermare, penso che la situazione del tennis svizzero sia probabilmente migliore oggi rispetto a qualche anno fa», aveva detto il mese scorso Severin Lüthi. La visione del nostro capitano di Coppa Davis si basa su un lavoro svolto a lungo termine. Per raccogliere i frutti sperati serve del tempo e in questo senso, è giusto riconoscerlo, la Svizzera dispone – rispetto al passato – di più tennisti nelle prime 400 posizioni. C’è meno qualità e c’è più quantità, diciamo così.

Il presente sembra sempre più nelle mani di Jérome Kym, che nel 2019 – a dieci giorni dal suo 16. compleanno – divenne il più giovane debuttante svizzero in Davis e ora si appresta a diventare il nuovo numero uno elvetico. Dietro di lui, poi, stanno emergendo altre due speranze del nostro tennis: Henry Bernet e Flynn Thomas. In futuro, quindi, potremmo disporre di diversi talenti, nella speranza che questo 2024 rimanga solo un brutto ricordo.