Paso doble

Con il fenomeno Comaneci spuntò anche la nota massima

La ginnasta romena, protagonista ai Giochi di Montréal nel 1976, fece incetta di medaglie e diventò una star internazionale
Nadia Comaneci è cresciuta con anni di sacrifici ma anche con metodi di allenamento che sconfinavano nella tortura.
Stefano Marelli
17.07.2021 06:00

Mai nessuno era riuscito ad ottenere un 10.00 alle Olimpiadi nella ginnastica artistica. Poi arrivò la quindicenne Nadia Comaneci, che realizzò una splendida esecuzione alle parallele asimmetriche. I giudici dei Giochi di Montréal non poterono fare altro che premiare la perfezione.

Al momento della definizione dei dettagli, il rappresentante della Omega chiese ai responsabili del CIO se non fosse il caso, per le gare di ginnastica artistica, di fornire tabelloni a quattro cifre. Sarebbero del tutto inutili - gli risposero - nessuno ha mai ottenuto un 10.00 alle Olimpiadi, e mai succederà finché la Terra continuerà a girare intorno al Sole. Fu così che il 18 luglio del 1976 - esattamente 45 anni fa - la sempiterna rivoluzione del nostro pianeta attorno alla sua stella - se proprio non si arrestò - di certo fece registrare una piccola esitazione.

Rivoluzione nei giudizi

Alla perfetta esecuzione dell’esercizio alle parallele asimmetriche della rumena Nadia Comaneci, non ancora quindicenne, i giudici dei Giochi di Montréal non poterono infatti che attribuire la nota massima. La valutazione, però, ai presenti in sala e al pubblico televisivo, fu comunicata con un certo ritardo. I tabelloni elettronici, come detto, non avrebbero potuto andare più in là del 9.95, e così la giuria, dopo alcuni minuti di concitate discussioni, optò per la soluzione che graficamente più si avvicinava al 10. E i segnapunti mostrarono 1.00. La gente impiegò qualche secondo a capire che quell’1 equivaleva a 10. E quando tutto fu chiaro, ricominciò ad applaudire, incredula, fino a spellarsi le mani.

Quando cambia la storia

In quei pochi minuti era cambiata la storia delle Olimpiadi, della ginnastica e soprattutto di quella ragazzina, impeccabile nelle esecuzioni ma incapace di sorridere. Il mondo la scambiò per timidezza, mentre la sua mestizia era figlia di anni di sacrifici e metodi di allenamento che sconfinavano nella tortura. Nelle accademie sportive dell’Est, infatti, diete criminali, privazioni e punizioni erano all’ordine del giorno. Così come diffuso era l’uso di ormoni, anabolizzanti e altre schifezze.

La guerra fredda

Ognuno, evidentemente, combatteva la Guerra Fredda come meglio credeva. Nel caso di Nadia e delle sue compagne, si provvedeva a ritardare più possibile pubertà e sviluppo, affinché i loro corpicini restassero esili, agili e flessibili oltre ogni limite.

Strumento di propaganda

Terminati i Giochi canadesi, di cui fu regina assoluta, la Comaneci tornò in Romania da eroina, e presto il regime sanguinario di Ceausescu se ne impossessò, facendone un potentissimo strumento di propaganda in patria e all’estero, dove veniva esibita insieme alle altre (scarsissime) risorse del Paese. Sotto la guida del tecnico Bela Karolyi e di sua moglie Marta, che di Nadia erano al contempo mentori e carnefici, la ragazza per qualche anno continuò a dominare la disciplina e a stupire il mondo. Ma poi, inevitabilmente, la corda si spezzò.

Il crollo psicologico

La ragazza, che a soli 15 anni era stata costretta a diventare l’amante del terzogenito del dittatore - un bruto alcolizzato e violento molto più grande di lei- ebbe un crollo psicologico, divenne grassa e bulimica e tentò di suicidarsi bevendo della candeggina.

La riabilitazione

Il processo di riabilitazione fu lento e doloroso, ma alla fine, grazie al carattere di Nadia e ai reiterati metodi draconiani dei coniugi Karolyi, forma fisica ed equilibrio psichico vennero ristabiliti al meglio. Tanto che ai Giochi di Mosca del 1980 la Comaneci fu di nuovo in grado di fare incetta di medaglie e di mettere in ombra le ginnaste sovietiche padrone di casa, per la gioia di Ceausescu, al quale andava piuttosto stretto il nodo con cui Breznev lo teneva al guinzaglio. All’inizio del nuovo decennio, Nadia Comaneci era ormai una star internazionale molto ambita, e i Paesi occidentali erano disposti a svenarsi pur di vederla a Londra, Parigi e New York.

Ingaggi principeschi

Ingaggi principeschi di cui, ovviamente, la ragazza e i suoi allenatori vedevano soltanto le briciole, essendo destinati per la gran parte alle tasche del Conducator dei Carpazi e dei suoi familiari. Per Ceausescu si trattava certo di un affare assai lucroso, ma non del tutto privo di rischi: e infatti, al termine di una tournée d’esibizione negli USA, Bela Karolyi e sua moglie decidono di «disertare» e restarsene Oltreoceano. Consigliano a Nadia di fare altrettanto, ma la ragazza, timorosa di ritorsioni nei confronti dei suoi parenti, declina l’offerta e, da sola, sale sull’aereo che la riporta a casa.

Fedeltà alla patria

A Bucarest la sua fedeltà alla patria e al regime viene lodata e celebrata con parate e cerimonie sfarzose, a lei e a sua madre vengono assegnate una villa e una Mercedes con autista. Ma, per pararsi le terga contro possibili defezioni future, immediatamente il tiranno requisisce alla ragazza il passaporto e la fa pedinare giorno e notte.

Prigione dorata

Da quel momento - siamo nel 1981- Nadia non potrà mai più abbandonare la sua prigione dorata e di lei, per molti anni, non si ebbero in pratica più notizie. Finché una notte dell’autunno del 1989, a un posto di polizia di una sperduta foresta austriaca, si presenta una ragazza decisamente male in arnese. È senza documenti e dice di aver attraversato l’Ungheria a piedi. Mi chiamo Nadia Comaneci - dice - e voglio essere condotta al più vicino consolato statunitense. Accontentata, chiede asilo politico e pochi giorni dopo sbarca in America. Un mese più tardi, il pomeriggio di Natale, il popolo rumeno depone finalmente Ceausescu, lo processa sommariamente e lo fucila insieme alla perfida moglie Elena.

L’esilio in America

Al di là dell’Atlantico, dopo un problematico periodo di ambientamento e dopo essersi liberata di una serie di sciacalli intenzionati a sfruttare la sua fama, Nadia ritrovò Bart Conner, ginnasta americano che aveva conosciuto da ragazzina ai Giochi di Montréal e di cui aveva sempre serbato un gradevole ricordo. Àncora di salvezza e redenzione, Conner divenne infine suo marito e padre del suo unico figlio.

Tra incubo e favola

Scacciati i fantasmi di un passato in bilico fra la favola e l’incubo, oggi Nadia si divide fra la Romania e l’Oklahoma. Nel suo Paese natale, si occupa di beneficenza ed è membro del Comitato olimpico nazionale, mentre negli States, fra le innumerevoli attività messe in piedi nell’ultimo trentennio - e fra i mille impegni in ambito diplomatico e di pubbliche relazioni - gestisce col marito la più importante accademia di ginnastica del Paese. Annoverata fra gli atleti più importanti della storia, Nadia Comaneci, che il prossimo 12 novembre compirà 60 anni tondi, è il perfetto paradigma dello sportivo bello e dannato, la cui storia, oltre che di gloria e successi, parla pure di sofferenza, disperazione, cadute e rinascite, sfruttamento, talento strepitoso e violenza inaudita. Ma è anche, soprattutto, uno straordinario esempio di resilienza, concetto tirato in ballo troppo spesso a casaccio, ma che nel caso di Nadia non risulta certo abusato.