Tennis

Dal paradiso di New York all'inferno degli infortuni

Dominic Stricker, recentemente impegnato nel Challenger 125 di Zugo, si racconta – In seguito all'impresa degli US Open dello scorso anno, ha vissuto un periodo complicato a causa di un problema alla schiena
©Epa/Sarah Yenesel
Alex Isenburg
24.07.2024 20:56

Una prematura uscita in quel di Gstaad e una dolorosissima sconfitta al Dialectic Zug Open, sono stati questi i risultati di Dominic Stricker nel duplice impegno casalingo sulla terra battuta rossocrociata. Il bilancio, in questo senso, non è quello che avrebbe auspicato, ma, malgrado le recenti sconfitte, il tennista elvetico ha fornito dei segnali di ripresa incoraggianti dopo i diversi patemi fisici.

È stato soprattutto quanto fatto vedere sul Center Court del Challenger 125 – il quarto torneo svizzero di maggior prestigio – a risultare più che promettente per il classe 2002, il quale - dopo il suo lungo stop che lo ha tenuto fermo per ben 6 mesi, fino allo scorso inizio di giugno – ci ha confermato di star pian piano ritrovando le migliori sensazioni. «Sicuramente non è per nulla facile tornare da un infortunio del genere, ma sono contento del livello che sono riuscito ad esprimere e probabilmente la partita contro Moelleker – persa in maniera molto tirata per 6-7 (2) 7-6 (3) 6-7 (5) - è stata la miglior prestazione che ho inscenato dal mio ritorno». Malgrado la delusione, del tutto naturale, il giovane bernese resta insomma fiducioso. «Sto migliorando di settimana in settimana ed è un aspetto confortante, ma sono consapevole che la strada è ancora lunga».

Mens sana in corpore sano

Il talento di Dominic Stricker non è mai stato messo in discussione e non potrebbe essere altrimenti, d’altra parte basta osservare con attenzione le giocate di estrema qualità che produce il mancino del rossocrociato per accorgersi che la sua mano è assai notevole. Dal punto di vista della condizione atletica, invece, qualche dubbio in passato c’era stato ma su questo aspetto, nel corso di questi mesi, ha lavorato davvero parecchio. «Ho modificato molto la mia preparazione e vista la mia assenza forzata dal circuito ho potuto lavorare incessantemente in palestra e fisicamente, al momento, sto meglio che mai. Questa brillantezza, naturalmente, la percepisco anche sul campo, quindi mi sento alla grande».

A proposito di cambiamenti, poi, un mese prima del suo rientro – avvenuto sull’erba britannica - ha deciso con il proprio staff di far tappa in Costa Azzurra, nell’eccezionale struttura della Mouratoglu Tennis Academy. «Eravamo rimasti fermi in Svizzera da diverso tempo e quindi ci sembrava una buona idea andare all’estero e sperimentare qualcosa di nuovo. Siamo stati lì per una settimana e ci siamo allenati in maniera ottimale, abbiamo trascorso un piacevole periodo insieme. Il lavoro è stato senz’altro duro, ma allo stesso tempo ci siamo goduti dei giorni un po’ diversi dalla solita routine, è andata davvero tutto per il meglio e anche a posteriori credo di poterla ritenere una giusta decisione».

Stricker, insomma, sembra pronto per tornare a brillare, tuttavia, ciò che sembra ancora frenarlo è l’aspetto mentale, poiché ci sono ancora dei margini di crescita importanti per poter ritrovare appieno la fiducia nei propri mezzi. «È un qualcosa che in allenamento non si può testare davvero e rappresenta senza dubbio uno dei tasselli che devo ancora sistemare per tornare al mio massimo livello». Già, perché la testa, si sa, è un fattore chiave per un tennista e disputare partite - tanto più se combattute e tirate come è stato il caso a Zugo – può solo che far bene. «Essere mentalmente pronto è la parte più difficile quando si recupera da un’assenza a lungo termine e ciascuna sfida rappresenta una buona occasione per crescere».

Quella maledetta schiena

I malanni fisici, purtroppo, sono notoriamente crudeli, basti pensare che solamente 11 mesi or sono la promessa del tennis elvetico incantava il mondo in quel di Flushing Meadows, battendo in un match straordinario Stefanos Tsitsipas e raggiungendo in seguito addirittura gli ottavi di finale degli US Open. «Quelle due settimane hanno cambiato radicalmente la mia carriera, sinora è sicuramente stato il percorso migliore che ho compiuto e realizzarlo perlopiù all’interno di un Grande Slam - con tutto il prestigio che ne comporta - è stato davvero fantastico. Tutto, insomma, stava andando per il verso giusto, poi improvvisamente la situazione si è ribaltata. I problemi che ho patito alla schiena mi hanno messo k.o. a fine anno e nel corso del tempo mi sono reso conto della reale entità di questo infortunio, che si è rivelato essere abbastanza grave».

Il ritorno a New York, tra non molto, potrebbe dunque far riaffiorare piacevolissimi ricordi, ma allo stesso tempo può comportare una certa preoccupazione, per via dei tanti punti che dovrà difendere. «Non è mai facile dover confermare quanto di buono si è fatto la stagione precedente, ma sono contento di poter tornare – grazie all’ausilio del ranking protetto – nel tabellone principale degli US Open. La verità è che sono consapevole del fatto che lavorando nel migliore dei modi i punti potrei conquistarli ovunque, ci vorrà del tempo ma sono sicuro che arriveranno».

Gli esempi della concorrenza

Nel corso di questa prima parte della stagione, sono diversi i giovani che si stanno rapidamente consacrando e alcuni di essi – com’è il caso di Arthur Fils o Flavio Cobolli – il talento elvetico li conosce molto bene e li ha anche già battuti in passato, il che non può che garantirgli una certa fiducia. «È molto bello vedere così tanti giocatori vicini alla mia età che si stanno affermando, so che anch’io – e ho già avuto di dimostrarlo – posso competere ad alti livelli e questo mi dà una certa consapevolezza». In generale, avere al proprio fianco dei rivali di spessore – come può essere il caso per il tennis italiano, che si sta sempre più imponendo con diversi uomini – può davvero fare la differenza. «È molto importante poter lavorare assieme a dei buoni giocatori, io ad esempio conosco da tanti anni Leandro Riedi e trovo che sia bello poter condividere in molte occasioni il campo con lui. Ci spingiamo a migliorarci a vicenda e penso che questo ci abbia aiutato entrambi ad arrivare dove siamo ora».

In seguito ad anni davvero gloriosi per il tennis a tinte rossocrociate, il 21.enne rappresenta - visti i brillanti risultati ottenuti in tenera età – probabilmente la nostra maggior speranza per tornare ad avere un giocatore al vertice. Il pensiero di essere la «next big thing», però, non sfiora la mente di Stricker. «Non ho mai sentito una pressione supplementare in questo senso. La Svizzera ha potuto contare per tantissimi anni su dei campioni incredibili come Roger e Stan, che hanno raggiunto dei traguardi difficilmente replicabili. Hanno realizzato un qualcosa di incredibile per questo sport ed è bellissimo che appartengano al nostro Paese. Entrambi, tra l’altro, mi hanno anche insegnato tanto – conclude il nativo di Grosshöchstetten - poiché ho avuto la fortuna di poter parlare molto con loro e di allenarmi anche al loro fianco».

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