L’intervista

«E pensare che meditavo di ritirarmi»

Il 16 aprile del 1995 Mauro Gianetti conquistò la Liegi-Bastogne-Liegi e sei giorni più tardi concesse il bis all’Amstel Gold Race - «Nei 5 chilometri finali mi passò di tutto per la testa: mi vennero in mente i genitori, la moglie e i figli»
Romano Pezzani
27.04.2019 06:00

Mauro Gianetti credeva di dover gettare la spugna per il gran freddo e il suo direttore sportivo Gianluigi Stanga pensò di scuoterlo con un sorso di cognac: «Reagii subito e dopo 140 km andai a vincere da solo». Il ciclista ticinese racconta la leggendaria vittoria alla Liegi-Bastogne-Liegi, una corsa difficilissima. «Un successo simile lo realizzi solamente nel tempo»ricorda Gianetti.

Quando il tuo nome figura in un albo d’oro capeggiato da un certo Eddy Merckx, l’orgoglio è irrefrenabile. Come la pelle d’oca che aveva assalito tutti i tifosi ticinesi nell’applaudire l’impresa di Mauro Gianetti nella classica più antica del mondo, la «Doyenne» (la vecchia signora), ovvero il monumento Liegi-Bastogne-Liegi, la cui 105. edizione va in scena domani. Era il 16 aprile del 1995, in una giornata fredda e piovosa, che aveva causato addirittura 122 ritiri. «Si era visto anche qualche fiocco di neve – precisa l’allora corridore del Team Polti – e pure io, verso metà gara, avevo meditato di abbandonare». A quel punto, Gianluigi Stanga (il noto direttore sportivo di campioni come Rominger, Moser, Bugno, Fignon e Rebellin), ebbe un’intuizione: «Mi fece portare da un compagno una boraccia che credevo vuota. Sorseggiai e mi resi subito conto che era cognac! Me la diede poco prima di una salitella, il mio corpo cominciò a reagire e riuscii ad entrare gradatamente in gara».

Il film della vita in 5 km
Il finale viene ricordato ancora oggi come un capolavoro del ciclismo: «Ero rimasto con Bugno e Bartoli – ricorda Mauro – ed avevo l’unica speranza di sorprenderli durante la loro marcatura reciproca, con Jalabert, Casagrande e Armstrong all’inseguimento. Avevo allungato di 200 metri senza scattare, mi avrebbero subito ripreso, e quando capii che facevano fatica a ricucire, affrontai a tutta gli ultimi 5 chilometri». Interminabili. «Una distanza che si copre normalmente in sette-otto minuti, ma ti passa di tutto per la testa. Pensai ai miei genitori Giancarlo e Bice che si alzavano alle cinque del mattino per portarmi alle corse quando chiudevano tardi la sera il loro ristorante. Mi «coccolai» mia moglie Morena e i nostri figli Noè e Linda, senza spingermi troppo in là su cosa avrebbe potuto rappresentare per me quel grande successo che stavo per ottenere. Una vittoria simile la realizzi nel tempo, anche adesso che la sto ricordando». Per la cronaca Gianetti si impose in 6 ore e 34’25”, con 15” di vantaggio su Bugno e Bartoli. Poi nell’ordine Jalabert, Casagrande, Armstrong e Chiappucci. Nono l’altro svizzero Heinz Imboden a 4’45”. Un successo che contribuisce ancora oggi a mantenere la Svizzera davanti a Francia, Olanda e Spagna nell’albo d’oro della «Liegi», capeggiato dall’inarrivabile Belgio e dall’Italia.

Nel ciclismo conta moltissimo il gioco di squadra: in queste occasioni condividi la vittoria con tutti i compagni anche a livello di premi in denaro

Replica immediata in Olanda
Solo sei giorni dopo quell’exploit, sempre nel cuore delle classicissime del Nord, questa volta in Olanda, un altro show del Mauro nazionale, vincitore del 30. Amstel Gold Race. «Presi coscienza di essere forte – precisa il ticinese – e corsi con la consapevolezza di giocarmela con i migliori, senza timori. A Maastricht avevo vinto addirittura una volata a due, fatto insolito per le mie caratteristiche, ma avevo potuto sfruttare il rispetto del mio avversario, Davide Cassani, che aveva scelto di non collaborare negli ultimi 25 km di gara. Io stavo veramente bene, non ero infastidito dal suo atteggiamento e sul vialone d’arrivo sfruttai un errore piuttosto clamoroso per lui che allo sprint era molto forte. Decise di partire lungo, gli restai a ruota e riuscii a superarlo di un niente». Il plotone, regolato dall’altro svizzero Beat Zberg, chiuse a 27”. Fu una giornata memorabile per i colori elvetici.

Soldi e regali per i gregari
Memorabile anche per i colori del Team Polti. «Nel ciclismo, uno sport individuale, conta molto il gioco di squadra e in queste occasioni condividi la vittoria con tutti i tuoi compagni anche a livello di premi in denaro. Addirittura il vincitore di un grande giro a tappe regala a chi lo ha aiutato vacanze, orologi, premi di valore che sottolineano il grande impegno di tutti. Trovo che sia lo spirito giusto per costruire un ambiente sano e affiatato».

Sempre in sella per la salute
Oggi, Mauro Gianetti è a capo di un progetto che raccoglie un centinaio di persone, è il CEO della squadra degli Emirati Arabi Uniti, ma appena può torna in sella tre-quattro volte la settimana insieme a suo figlio Noè e al grande amico Rocco Cattaneo per pedalare una quarantina di chilometri a uscita. «Mi fa bene – sorride – lo sport resta salute anche per me». Pensando a Liegi e a Maastricht.

La scheda - Da corridore a manager

Mauro Gianetti è nato a Lugano il 16 marzo 1964, vive a Riazzino con la moglie Morena ed è padre di due figli, Noè (29 anni) e Linda (24). Nella sua carriera da professionista, dal 1986 al 2002, spiccano i successi alla Liegi-Bastogne-Liegi e all’Amstel Gold Race del 1995, ma già nel 1990 metteva a segno una doppietta in Italia con la Coppa Placci e la Milano-Torino. Nel 1998 ha conquistato la generale del Giro di Gran Bretagna, nel 1996 ha vinto la Japan Cup, nel 1997 la Parigi-Camembert, nel 2000 la classifica generale del Giro del Giappone, oltre al Giro del Nord Ovest (’89) e alla Coira-Arosa (due volte nel ’94 e nel ’96). Il corridore di Medeglia ha partecipato a due Giri d’Italia, cinque Tour de France (17. nel ’95 e 13. nel ’96), undici Milano-San Remo, quattro Giri delle Fiandre, una ParigiRoubaix, tredici Liegi-Bastogne-Liegi (1. nel ’95, 3. nel ’96, 8. nel ’98 e 6. nel 2000) e quindici Giri di Lombardia (9. nel ’94, 11. nel ’95 e 8. nel ’96), oltre a quattordici Mondiali (5. nel ’88, 4. nel ’95, 2. nel ’96 e 12. nel ’97). Nel 2003, dopo il ritiro, è diventato team manager della Vini CaldirolaSaunier Duval e dal 2004 ha formato il proprio team, la Saunier Duval-Prodir, rinominato poi in Scott, Fuji e Footon e Geox-TMC. Tra le vittorie ottenute come general manager spiccano diverse tappe nelle più grandi corse a tappe e la vittoria nella classifica generale della Vuelta 2011 con Juan José Cobo, oltre alla classifica a squadre. Dal 2016 è stato nominato CEO dell’UAE Emirates, il grande progetto ciclistico degli Emirati Arabi che comprende lo sviluppo del ciclismo nel mondo con una squadra di 90 persone del World Tour e la promozione della bicicletta nella Penisola araba per combattere l’obesità, il diabete e le altre patologie derivanti dall’ozio e dalla pigrizia. Un progetto appoggiato da Fly Emirates, FAB Bank e Emmar che ha già portato alla costruzione di una pista ciclabile illuminata di oltre 100 km nella zona di Dubai. Di primo piano anche i ciclisti: Aru, Gaviria, Henao, Kristoff (vincitore della recente Gand-Wevelgem), Martin, Mirza, Pogacar, Ulissi e lo svizzero Bohli.