Addio a Forghieri, un ingegnere geniale

La morte di Mauro
Forghieri ci ha colto, tutto sommato, impreparati. Ne parlavamo pochi giorni fa
con un collega di TeleTicino: nei nostri ricordi di gioventù, Mauro
Forghieri era un conoscente di nostro padre. Entrambi facevano parte di
un'associazione di progettisti industriali, ma la loro conoscenza personale era
più vecchia, e datava dagli anni'60, quando le auto da corsa erano ancora
equipaggiate con la strumentazione analogica dell'allora società Fratelli
Borletti, con sede in via Washington a Milano, celebre all'epoca anche per le
macchine da cucine, e dove aveva lavorato, anni prima, anche il grande
scrittore di romanzi noir Giorgio Scerbanenco. L'allora capoufficio di
nostro padre conosceva personalmente il Commendatore, che gli mandava ogni anno
i biglietti di Tribuna centrale per il Gran Premio di Monza. Non amando però
lui il fracasso dei motori, li regalava ai suoi sottoposti più giovani; ed ecco
perché, riordinando anni fa l'archivio fotografico dei nostri genitori, sono
spuntate delle foto in bianco e nero di un Gran Premio d'Italia, probabilmente
quello del 1964. Ma questa è un'altra storia.
Chi era Forghieri? Secondo
nostro padre, un genio del livello di Colin Chapman. Le auto da lui progettate
(in F1) hanno vinto 54 Gp, 4 titoli mondiali piloti, 7 costruttori, in un
sodalizio durato dal 1959 al 1984 (con prolungamento sino al 1987). In
quell'epoca, le macchine si progettavano intere: scocca, motore, sospensioni.
Come il genio britannico della Lotus, che costruiva le auto in una chiesa
sconsacrata, Forghieri aveva compreso l'importanza dell'aerodinamica. La 312B
con la quale Clay Regazzoni vinse il suo primo GP d'Italia a Monza nel 1970,
era una sua creazione. Di recente (2015) è stata restaurata grazie
all'intervento di Paolo Barilla, che l'ha poi guidata in alcune corse per auto
storiche: il video dell'avventura lo trovate sui social. 312, una sigla
vincente che stava per 3.000 di cilindrata per 12 cilindri. La sigla della 312
B3, con la quale Clay sfiorò il titolo nel 1974 (finì a soli 3 punti da Emerson
Fittipaldi). Poi arrivò la 312T, dove T stava per cambio trasversale: la
modifica che diede a Niki Lauda, arrivato in Ferrari la stagione
precedente, la macchina per vincere il suo primo titolo mondiale
piloti.
Probabilmente, Niki
avrebbe vinto anche la stagione successiva, con la T2: ma si mise
di mezzo il terribile incidente del Nürburgring, la squalifica poi annullata di
James Hunt in Spagna, la pioggia del Giappone e la caparbietà di James che quel
giorno, in Giappone, rimase in pista nonostante la pioggia, coronando con la
vittoria del titolo un'annata che lo aveva visto comunque protagonista. Poi la
rottura di Ferrari con Lauda, e l'arrivo di Gilles Villeneuve, che entrò nel
cuore del Commendatore, dei tifosi e di tutto il Team. Forghieri chiedeva al
canadese di fare più chilometri possibile, per affinare motori e telai: Gilles,
che veniva dalle motoslitte, specialmente nei primi tempi, non riusciva a stare
in pista, e tritava tutto ciò che gli veniva affidato. Col tempo, però, il
canadese avrebbe scritto alcune delle pagine più spettacolari dello sport dei
motori: per chi non l'avesse mai visto (magari qualcuno più giovane) basta
andare a digitare su un motore di ricerca i nomi Villeneuve Arnoux Digione
1979, nell'anno in cui la Rossa vinse il titolo con Jody Scheckter.
Forghieri, come
raccontano diversi cronisti nel ricordarlo oggi, e come ci confidò tempo fa
nostro padre, aveva un rimpianto: non essere stato presente a Imola, nel 1982,
quando Pironi e Villeneuve ebbero una dura discussione dopo il Gran Premio di
San Marino, vinto dal pilota francese. Noi c'eravamo, invece: quella macchina,
la 126 C2, in quella stagione, era davvero eccezionale. Forse, però, troppo
veloce per le piste dell'epoca, e tradì entrambi i piloti in quell'anno.
Pironi, a differenza del compagno di scuderia, che perì a Zolder l'8 di maggio,
sopravvisse al terribile incidente del 7 di agosto nel Gran Premio di Germania,
ma la gravità delle lesioni riportate gli impedì per sempre di tornare alle
corse. Si diede così alla motonautica, dove trovò la morte, durante una gara
nell'isola di Wight, il 23 agosto 1987, a soli 35 anni.
Di Forghieri erano
famose le discussioni con il Drake: in parecchie interviste rivelò che non lo
chiamava ingegnere, come molti facevano, perché in effetti non lo era (Ferrari
aveva ricevuto una laurea honoris causa in ingegneria da parte dell'Università
di Bologna, ma non aveva fatto studi regolari). Tra loro spesso si
esprimevano in dialetto, essendo entrambi emiliani. Ma avevano in comune
l'affetto che provavano per i loro piloti. E quando qualcuno periva in pista,
il dolore era immenso. Villeneuve, ma non solo: Lorenzo Bandini, Ignazio
Giunti, per fare due nomi celebri. Addio. Ingegnere: nostro padre, oggi, è
un po' più solo.