"Butta fuori quella palla..."

“Noi ci fermeremo
soltanto quando l’arbitro fischierà”.
Erano parole di Fabio Capello, allora alla Juve, tanti anni or sono.
Il tecnico aveva capito con largo anticipo che quello dei giocatori a terra e dell’azione
che viene interrotta, sarebbe stato un problema.
Già! Quando buttar fuori il pallone e quando no?
Il regolamento parla chiaro: l’arbitro deve interrompere l’azione quando ritiene
che un giocatore sia stato colpito alla testa. O lo può fare per un altro grave
motivo.
Lo deve fare l’arbitro, non dovrebbero farlo i giocatori.
E invece, da qualche anno a questa parte, succede che tra qualche applauso, mille
fischi e alcune proteste degli stessi compagni, qualcuno metta fuori la palla quando
vede un avversario a terra. Anche soltanto per una piccola botta.
Insomma, se non butti fuori la palla, vieni tacciato come antisportivo.
Un ragionamento che potrebbe anche starci, se non che poi, com’è capitato
spesso, l’antisportivo è chi fa scenate insopportabili per fermare l’azione
quando la sua squadra è in difficoltà.
Succede proprio per dei colpi alla testa, spesso più presunti che tali. Manate
al collo o sul petto che vengono fischiate e sanzionate, dopo disgustose
sceneggiate, con dei cartellini.
E anche ieri, durante Lazio-Milan, partita tra l’altro bruttissima e decisa da un gol di Okafor, è capitato
un episodio che continua a far discutere.
Per un contrasto a centrocampo, un giocatore della Lazio cade a terra (sembra
toccato al volto) e Pulisic, attaccante del Milan, prosegue l’azione, mentre un
giocatore della Lazio (Pellegrini) gli
indica di buttar fuori la palla. Lo statunitense rossonero (che non ha
visto il contrasto a centrocampo) prosegue invece l’azione fino al fallo dell’avversario,
che viene punito con un secondo giallo per un’evidente trattenuta.
Apriti cielo.
Pulisic è scorretto e avrebbe dovuto fermarsi e l’arbitro, il signor Di Bello,
avrebbe dovuto interrompere l’azione.
Ripetiamo cosa dice il regolamento: l’interruzione del gioco è a discrezione
dell’arbitro.
Di Bello ha visto (non si capisce quanto chiaramente) il contrasto e ha deciso
di lasciar correre, Pulisic, che invece non ha visto nulla, ha continuato l’azione.
Chi è il colpevole in tutto questo?
Diciamo che la situazione si presta a molte interpretazioni, tra regolamento e
presunto fair-play.
Pulisic, che segue alla lettera il regolamento, nonostante i gesti dell’avversario,
fa quello che ha sempre fatto in Inghilterra o in Germania, ossia proseguire l’azione.
Avrebbe potuto fermarsi? Sì. Avrebbe dovuto? Assolutamente no.
Sbaglia, e non poco, il giocatore della Lazio, che incarna una mentalità che
andrebbe sradicata, ossia quella di sostituirsi all’arbitro. Chiede agli
avversari di fermarsi, senza averne l’autorità.
E sbaglia. Avrebbe potuto semplicemente metter fuori il pallone.
E l’arbitro? Ha visto il contrasto a centrocampo e ha deciso di lasciar
correre. Ha sbagliato? Bisognerebbe rivedere l’azione alla moviola e poi
decidere se ci fosse davvero fallo oppure no.
Una cosa potrebbe aiutare l’arbitro in questi casi, ossia il VAR.
Strumento che diventa viepiù ingombrante, ma allo stesso tempo insostituibile,
il VAR dovrebbe poter intervenire anche nelle situazioni di secondo cartellino
giallo.
Nel caso di ieri, Di Bello avrebbe potuto valutare l’eventuale fallo a
centrocampo ed eventualmente togliere il giallo a Pellegrini. O semplicemente
confermare ciò che ha fischiato.
I cartellini rossi (anche per somma di ammonizioni), al pari dei rigori, sono
cose estremamente serie e decisive in una partita di calcio e hanno lo stesso
peso. Ecco perché andrebbero valutate con attenzione anche da chi sta dietro un
monitor.
Finché non si arriverà a questo, c’è soltanto una soluzione: aspettare il fischio
dell’arbitro. Lo dice anche il regolamento. Più semplice di così…
(Foto Keystone/Proietti)