Calcio

"Butta fuori quella palla..."

In Lazio-Milan un episodio che fa discutere e che riassume il mal vezzo di questo calcio
L.S.
02.03.2024 10:26

“Noi ci fermeremo soltanto quando l’arbitro fischierà”.
Erano parole di Fabio Capello, allora alla Juve, tanti anni or sono.
Il tecnico aveva capito con largo anticipo che quello dei giocatori a terra e dell’azione che viene interrotta, sarebbe stato un problema.
Già! Quando buttar fuori il pallone e quando no?
Il regolamento parla chiaro: l’arbitro deve interrompere l’azione quando ritiene che un giocatore sia stato colpito alla testa. O lo può fare per un altro grave motivo.
Lo deve fare l’arbitro, non dovrebbero farlo i giocatori.
E invece, da qualche anno a questa parte, succede che tra qualche applauso, mille fischi e alcune proteste degli stessi compagni, qualcuno metta fuori la palla quando vede un avversario a terra. Anche soltanto per una piccola botta.
Insomma, se non butti fuori la palla, vieni tacciato come antisportivo.
Un ragionamento che potrebbe anche starci, se non che poi, com’è capitato spesso, l’antisportivo è chi fa scenate insopportabili per fermare l’azione quando la sua squadra è in difficoltà.
Succede proprio per dei colpi alla testa, spesso più presunti che tali. Manate al collo o sul petto che vengono fischiate e sanzionate, dopo disgustose sceneggiate, con dei cartellini.
E anche ieri, durante Lazio-Milan, partita tra l’altro bruttissima e decisa da un gol di Okafor, è capitato un episodio che continua a far discutere.
Per un contrasto a centrocampo, un giocatore della Lazio cade a terra (sembra toccato al volto) e Pulisic, attaccante del Milan, prosegue l’azione, mentre un giocatore della Lazio (Pellegrini) gli  indica di buttar fuori la palla. Lo statunitense rossonero (che non ha visto il contrasto a centrocampo) prosegue invece l’azione fino al fallo dell’avversario, che viene punito con un secondo giallo per un’evidente trattenuta.
Apriti cielo.
Pulisic è scorretto e avrebbe dovuto fermarsi e l’arbitro, il signor Di Bello, avrebbe dovuto interrompere l’azione.
Ripetiamo cosa dice il regolamento: l’interruzione del gioco è a discrezione dell’arbitro.
Di Bello ha visto (non si capisce quanto chiaramente) il contrasto e ha deciso di lasciar correre, Pulisic, che invece non ha visto nulla, ha continuato l’azione.
Chi è il colpevole in tutto questo?
Diciamo che la situazione si presta a molte interpretazioni, tra regolamento e presunto fair-play.
Pulisic, che segue alla lettera il regolamento, nonostante i gesti dell’avversario, fa quello che ha sempre fatto in Inghilterra o in Germania, ossia proseguire l’azione. Avrebbe potuto fermarsi? Sì. Avrebbe dovuto? Assolutamente no.
Sbaglia, e non poco, il giocatore della Lazio, che incarna una mentalità che andrebbe sradicata, ossia quella di sostituirsi all’arbitro. Chiede agli avversari di fermarsi, senza averne l’autorità.
E sbaglia. Avrebbe potuto semplicemente metter fuori il pallone.
E l’arbitro? Ha visto il contrasto a centrocampo e ha deciso di lasciar correre. Ha sbagliato? Bisognerebbe rivedere l’azione alla moviola e poi decidere se ci fosse davvero fallo oppure no.
Una cosa potrebbe aiutare l’arbitro in questi casi, ossia il VAR.
Strumento che diventa viepiù ingombrante, ma allo stesso tempo insostituibile, il VAR dovrebbe poter intervenire anche nelle situazioni di secondo cartellino giallo.
Nel caso di ieri, Di Bello avrebbe potuto valutare l’eventuale fallo a centrocampo ed eventualmente togliere il giallo a Pellegrini. O semplicemente confermare ciò che ha fischiato.
I cartellini rossi (anche per somma di ammonizioni), al pari dei rigori, sono cose estremamente serie e decisive in una partita di calcio e hanno lo stesso peso. Ecco perché andrebbero valutate con attenzione anche da chi sta dietro un monitor.
Finché non si arriverà a questo, c’è soltanto una soluzione: aspettare il fischio dell’arbitro. Lo dice anche il regolamento. Più semplice di così…

(Foto Keystone/Proietti)