E ora la finale tra i numeri dieci!
Il Marocco, nonostante il grande sostegno di tifosi effettivi e occasionali, non ce l'ha fatta: sconfitto dalla Francia, si dovrà "accontentare" della finalina per il terzo posto. Intendiamoci: resta un grandissimo risultato per una squadra che ha dimostrato di avere una grande solidità difensiva, una buona organizzazione di gioco e, non ultimo, uno spirito indomito. A dimostrazione, quest'ultima cosa, che l'aspetto mentale, nel calcio (e non solo) conta tantissimo.
Diciamolo: quando sei in fiducia, tenti la giocata. Ma non solo: se sbagli, sei convinto che sia stato un caso, e ci riprovi. E siccome, tra i marocchini, come abbiamo già scritto, ci sono giocatori coi piedi buoni e altri magari meno bravi, ma con ottime capacità fisiche e atletiche, incontrarli diventa difficile, anche per squadre con maggiore tradizione. Perché, come sappiamo, il blasone non gioca. E, per vincere, bisogna correre, arrivare per primi sul pallone, difenderlo quando se ne è in possesso. Concetti facili, in fondo: il calcio è gioco comprensibile, tutto sommato. Però, poi, questi concetti semplici vanno tramutati, in campo, in gioco e azioni. E lì, serve tutto quanto sopra.
La Francia, ieri sera, ha fatto la partita che ci si aspettava, provando subito a segnare, per costringere poi i marocchini a giocare per segnare, e non per difendersi. E la cosa gli è riuscita, visto che sono passati in vantaggio quasi subito, grazie a Theo Hernandez, bravo a farsi trovare smarcato, sul secondo palo, per insaccare una seconda palla.
A quel punto i francesi hanno abbassato il baricentro, ripartendo con efficacia in un paio di occasioni, ma fallendo il raddoppio con l'altro milanista, Giroud (un legno e un errore di mira non da lui). E, col passare del tempo, la situazione ha iniziato a complicarsi, perché i marocchini premevano e non tiravano indietro la gamba. Mettiamoci anche l'insistenza di Deschamps a tenere Mbappé decentrato sulla fascia, dove veniva spietatamente raddoppiato dai mobilissimi esterni marocchini, ed ecco servito un piatto potenzialmente indigesto per i campioni del mondo in carica.
L'uscita di Giroud, nella ripresa, e il conseguente inserimento di Thuram sulla fascia destra, con il conseguente accentramento del fuoriclasse del PSG, ha dato maggiore concretezza all'attacco francese, nonostante la possente spinta dei giocatori arabi. E non è stato un caso che proprio da una magia del numero 10 dei Blues sia nata l'azione della rete che, al 79', ha chiuso i giochi, messa a segno dal nuovo entrato Kolo Muani, proprio quando sembrava che i nordafricani potessero ottenere il pareggio.
10 contro 10 quindi, domenica: la sfida tra Messi e Mbappé monopolizzerà siti e giornali fino a domenica pomeriggio e oltre, come giusto che sia. Ma onore, comunque, al Marocco. È stato bello vedere l'abbraccio, a fine partita, tra tanti giocatori francesi e gli avversari: nulla a che vedere con quanto successo tra argentini e olandesi, per dire.
Ha meritato la Francia? Sì, secondo noi, anche se si è complicata la vita, per non aver approfittato sino in fondo dell'errore di Walid Regragui, tecnico degli avversari, che è partito con Selim Amallah titolare, nonostante non fosse in perfette condizioni fisiche, tanto da doverlo togliere dopo circa 20'. A quel punto, i Blues avrebbero potuto già essere tranquillamente davanti di due reti, visto quanto fatto vedere sino a lì. E questo non averlo fatto, li ha, appunto, messi in difficoltà nel prosieguo dell'incontro. A fare la differenza, però, è stato il diverso tasso di classe individuale: e lì, decidono i fuoriclasse. E il fatto che domenica, in finale, siano due dei migliori elementi del calcio mondiale a sfidarsi, uno a inizio carriera e l'altro alla fine, non è certamente un caso. Lo avevamo già scritto: le sorprese sono stupende, e sono il sale del calcio. Tuttavia, alla fine, i valori oggettivi, di solito, prevalgono.