Gli abbracci di Flick
Bastone o carota? Come dosarli? Come usare severità e dolcezza? Quando rimproveri e complimenti?
Gli allenatori, al giorno d'oggi, devono essere soprattutto degli "psicologi". È una cosa che si dice spesso e che probabilmente è la verità.
L'aspetto mentale sta acquistando sempre più importanza: certo, le qualità tecniche e il fisico sono imprescindibili, ma senza un cervello funzionante e una disciplina individuale, è difficile raggiungere i risultati sperati. Figuriamoci quando tante teste vanno unite per cercare di creare un gruppo forte e possibilmente vincente: una vera e proprio impresa.
E così, la figura dell'allenatore diventa sempre più importante. Imprescindibile. Quando una squadra vince, si giudica la "mano" del tecnico nella gestione dei giocatori. Anche nei piccoli gesti, apparentemente insignificanti, ma che non lo sono affatto.
In Spagna, ma non solo, si parla tantissimo del Barcellona che vince, convince e diverte. E la figura del suo allenatore è diventata un tema da studiare. Sotto i riflettori sono finiti i suoi abbracci. Sì, i suoi abbracci. Quelli che riserva ai suoi giocatori quando escono dal campo. Ma non solo.
L'immagine virale di queste ore è il gesto avuto nei confronti del 18.enne Héctor Fort, dopo che il giocatore dell'Accademia si è riscaldato per gran parte del secondo tempo senza entrare. Un abbraccio forte, sincero, quasi dispiaciuto. Sicuramente empatico.
Tutti avevano già sottolineato gli abbracci che Flick aveva riservato a tutti i suoi giocatori, uno per uno, dopo le vittorie con Real Madrid, Siviglia, Bayern e Atletico Madrid. La sua squadra gioca bene, vince e l'ambiente all'interno dello spogliatoio sembra essere stupendo.
Già al Bayern il suo modo di comunicare era oggetto di studio.
Certo, Flick non è il solo che ustilizza questa vicinanza con i giocatori, ma l'impressione è che il suo modo di comunicare sia sincero e spontaneo, e generi un senso appartenenza.
“Nel caso di Flick, ogni abbraccio comunica ai suoi giocatori che il loro valore va oltre il risultato sul campo. Questo gesto diventa un segno che, indipendentemente dagli errori o dalla pressione, lui è lì per sostenerli, rafforzare la loro fiducia e, soprattutto, umanizzare l'ambiente competitivo”, spiega la psicologa dello sport Lorena Cos, che aggiunge: ”Il contatto fisico come l'abbraccio ha effetti comprovati sul cervello. Aiuta a rilasciare l'ossitocina, l'ormone del benessere, che riduce i livelli di stress e rafforza i legami tra le persone. In un team ad alte prestazioni, questi momenti di vicinanza aiutano ad alleviare le tensioni, a ricordare che tutti fanno parte di qualcosa di più grande e a rafforzare l'unità”, conclude.
Flick resta in piedi ma calmo, senza urlare. E la squadra è il riflesso dell'allenatore. Se l'allenatore è calmo, mostra fiducia e serenità. La situazione sembra essere sotto controllo. È meglio urlare in allenamento, dove il tecnico lavora molto duramente: le doppie sedute, il ritmo degli allenamenti e gli sforzi in palestra non sono negoziabili. Un pugno di ferro con un guanto di velluto.
(Foto Keystone)