Il magnifico senso del gol
Gli anni Settanta hanno rappresentato il crepuscolo delle ambizioni. Una generazione ha creduto che la riforma fosse: una mera illusione e figlia dell'ipocrisia. Voleva la rivoluzione. Il benessere lo considerava l'emblema del superfluo, e intravedeva la deriva della comunità. Una generazione contestava apertamente la Legge del Padre, metteva in discussione il modello di sviluppo borghese. Voleva vivere di libertà, dove lo spirito era considerato il moto ispiratore. Il calcio procedeva spedito verso una popolarità che oltrepassava confini e latitudini. Una delle squadre protagoniste in Europa era il Bayern di Monaco. Al centro del suo attacco c'era un centravanti speciale e unico nel suo genere. Con la sua Nazionale: fu Campione d'Europa nel '72 e del Mondo nel '74, in entrambe le finali segnò. Con il suo club: fu quattro volte campione di Germania; vinse tre Coppe dei Campioni e una Coppa delle Coppe. Fu Pallone d'oro nel 1970. Era alto un metro e settantasei e pesava 77 chilogrammi. Gerd Müller nacque il 3 novembre del 1945. È giustamente ritenuto come una leggenda. Secondo Paul Breitner è stato lui e non Franz Beckenbauer il più importante calciatore tedesco del Novecento. Come si chiede il poeta: Fu vera gloria? Sicuro. Era un formidabile rapace dell'area di rigore, su di essa aleggiava in maniera ossessiva; aveva un tempismo eccezionale; inseguiva tenacemente il gol, ci metteva il piede o la testa e segnava. Era implacabile e mortifero. Non lasciava scampo, approfittava inesorabilmente delle incertezze degli avversari e si faceva guidare da un tempismo straordinario. Sfidava lo stereotipo del calciatore. Era basso, aveva un fisico tozzo, e le sue gambe erano grosse. Mica era elegante. Ma aveva un magnifico senso del gol. La statura non lo aiutava, ma aveva un'elevazione incredibile. Batteva il tempo, lo anticipava. La porta era il suo orizzonte, il pallone da spingere dentro il suo principio esistenziale. Il resto è stata vita, anche nella faccia triste e dolorosa.
(Foto Keystone)