Musica

La versione di Roger Waters

Il concerto milanese del bassista è stato un evento
Angelo Lungo
02.04.2023 09:01

“Abbiamo sognato un sogno”. Anni Sessanta: due ragazzi, reduci da un concerto, decisero di formare una band. Si chiamavano Syd e Roger. Una visione, una passione fu così che nacquero i Pink Floyd.

Rogers Waters si è esibito sabato sera a Milano. Un palco a forma di croce. Una serie di messaggi ha scandito l'inizio. E poi il pubblico è stato avvertito: "Prendete posto, signori e signore. Lo spettacolo sta per cominciare. Prima però due annunci. Anzitutto, in segno di rispetto di chi vi è vicino, spegnete per favore i telefoni cellulari. Poi, se siete fra quelli che amano i Pink Floyd, ma non reggono le prese di posizioni politiche di Roger, potete andarvene a fare in c... al bar. Grazie”. La prima canzone è una versione apocalittica di “Comfortably Numb”. La musica, le immagini riportano un'umanità in pieno marasma dispotico. È l'umano duale: capace di suonare, dipingere, scrivere e scolpire; capace di distruggere, in maniera atroce, il suo simile. È il lato oscuro del potere: ottunde le menti, vessa gli individui. Lo strumento subdolo utilizzato per convincere è quello della propaganda, l'arma adoperata è quella della guerra. L'artista chiarisce perentoriamente la cifra etica ed estetica della sua versione. A esaltare la platea ecco “Another Brick in The Wall”. La musica e le parole prendono, inesorabilmente, il sopravvento e Waters comincia a girare, si rende visibile: capelli bianchi e vestito completamente di nero. Canzoni sue, canzoni del gruppo si alternano. Da brividi “Wish You Were Here” eseguita all'unisono da Waters e dal suo pubblico. L'atmosfera è creata: niente deve sfuggire, è un evento unico e irripetibile. Il bassista ha quasi 80 anni, questo dovrebbe essere il suo ultimo tour. Ma poco importa, conta Esserci. Tra pecore e maiali che volavano, protagonisti di Animals, è arrivato sulla scena il dittatore Pink: Waters con il classico cappotto nero e occhiali scuri e via una sventagliata di colpi di mitra sulle persone. Struggente e catartico il finale: sulle note di “Outside the Wall”, la band suonando con fisarmonica, clarinetto e altri strumenti, in fila ha abbandonato il palco e si è diretta verso i camerini, seguita da una telecamera.

Roger Waters è un artista visivo e divisivo. È imperterrito, non si vuole fermare, intende ancora comunicare al pubblico le sue idee. Non è un irrisolto. Ha una forza potente che lo spinge. È un coerente, si è evoluto: il suo pensiero sfida il tempo presente dominante e non teme di contestare le sue nefandezze e degenerazioni. Non propone resistenza ma reazione.

È un poeta e questo basta a designare la sua grandezza.

(foto scattata da David Lungo dal vivo)