Spalletti è diventato Spallettone

Correva la seconda metà dei favolosi Anni '90 e io, coi miei riccioli arruffati e i primi strati di barba, cominciavo a inseguire il mio personalissimo sogno: diventare giornalista sportivo. Ricordo che all'epoca ero un fagocitatore seriale di Guerin Sportivo e Gazzetta dello Sport: il primo lo compravo al sabato, quando andavo a Ponte Tresa a fare la spesa con papà. Un suo collega della banca mi riforniva invece giornalmente del prezioso cartaceo rosa. In quel periodo un signore con pochi capelli e un fisico pelle e ossa aveva appena salvato, in qualità di giocatore allenatore, l'Empoli dalla retrocessione in C2. Era un toscanaccio con una leggera puzza sotto il naso e la predilezione per i ghirighori linguistici. Risultava talmente ampolloso che dalle sue parti, quel Certaldo in provincia di Arezzo che diede i natali a Boccaccio, solevano soprannominarlo il filosofo. All'anagrafe faceva invece Luciano Spalletti. Di lì a poco avrebbe condotto la matricola empolese al doppio salto dalla C1 alla A, con un manipolo di illustri sconosciuti, tra i quali l'ex fugace allenatore del Lugano, ai tempi solido centrocampista, Alessandro Pane.
Dopo la brillante salvezza ottenuto con l'Empoli nel massimo campionato, non furono però tutte rose e fiori per il povero Lucio. Retrocesso con la Sampdoria ("un dolore simile lo rammento solo per la perdita di un parente" fu il suo commento ndr.) non gli andò meglio al Venezia. Ebbe così l'umiltà di ripartire da quella Serie B che nella stagione di grazia 1996-97 lo aveva consacrato e lo fece salvando l'Ancona. E poi? Poi è stata tutta un'ascesa. Portò l'Udinese in Champions League e a Roma sfiorò più volte il titolo, guadagnandosi la scomoda etichetta di eterno secondo. Quindi arrivò lo Zenit: il Mister viticoltore (in Toscana trovate l'etichetta Spalletti su del buon vino ndr.) partì così per la campagna di Russia, condita da tanti e obbiettivamente facili successi. Tornò in seguito alla Roma e poi optò per l'Inter cinese da ricostruire. L'ultima sua creatura è il Napoli scudettato: bello come un film di Totò o Troisi.
Nella sua carriera Spalletti è stato famoso, o piuttosto famigerato, per la sua idiosincrasia coi capitani: gli è successo con Totti, Icardi e Insigne. Nei primi due casi, i più eclatanti, furono epocali i contrasti con le belle signore dei campioni, ovvero la conduttrice Ilary Blasi e l'opinionista Wanda Nara. La prima, in un filmato postato sul web, gli dedicò addirittura "Piccolo uomo" di Mia Martini... La moglie di Lorenzo il Magnifico era decisamente meno mediatica e il giocatore non fu fatto fuori, come i suoi predecessori. Ma non è un caso che abbia preso un aereo sola andata per Toronto proprio dopo avere incrociato il Mister di Certaldo.
Chiusura dell'excursus spallettiano dedicata obbligatoriamente al Napoli, il suo miracolo calcistico. Ha fatto letteralmente godere una città che era impazzita così solo in altre due occasioni. Però all'epoca, 33 anni fa, c'era un certo Diego Armando Maradona in campo... Il lavoro di Spalletti nasce da lontano, da quei due anni d'inattività post Inter: una squadra, questa, che giocava davvero male, con uno stucchevole e inconcludente giropalla dal basso. Già, perché nello stesso biennio in cui è stato fermo anche il conterraneo Max Allegri, Spallettone si è aggiornato e ha fatto della squadra partenopea una formazione dal gioco europeo. Manovra ariosa, avvolgente e rifinita alla perfezione da quel diavolo d'un Osimhen. Ha perso Koulibaly, ma s'è arrangiato con un carneade, ossia il sudcoreano Kim. Ha perso per strada Insigne, ma ha saputo far giostrare benissimo le sue mezze punte, alternandole in un meccanismo oliato e perfetto.
Il Napoli è uscito forse troppo presto dalla Champions League, ma in quel caso ha pagato la mancanza di esperienza europea che ha invece il Milan, che se la ritrova stampigliata nel proprio DNA. Ma poco importa se allo stadio Maradona non sentiranno più l'eccitante musichetta in questa stagione, perché la vittoria del campionato è un'opera d'arte che riempie da sola gli occhi e i cuori dei partenopei. Spalletti ha insomma scolpito il suo personalissimo David e ha poi levato il velo alla scultura nella "sua" Udine, nella sera più dolce che la città del grande Eduardo ricorda. In alto i calici, si può brindare: con un vino della riserva spallettiana, naturalmente.