Una finale tra "risorti"

Servette contro Lugano. Non ci sarà una squadra
svizzera tedesca nella finale di Coppa Svizzera il prossimo 2 giugno a Berna. E
questo, in fondo, è già una notizia.
La seconda contro la terza in classifica: a parte lo Young Boys, decisamente le
due squadre migliori di questo campionato. Due club che hanno partecipato alle
coppe europee e che nonostante questi sforzi, non hanno mollato in campionato.
Insomma, il presente di Lugano e Servette è roseo e anche il futuro, dovrebbe
esserlo.
Due proprietà forti, con le idee chiare, che nei prossimi anni punteranno a
restare in alto e a vincere. Questa, almeno, sembra essere la tendenza.
Ma il passato invece cosa ci ricorda?
Il discorso, se si torna indietro di qualche anno, è ben diverso. Molto diverso
Dopo essere state protagonista a cavallo degli anni novanta-duemila, le due
squadre hanno conosciuto un percorso piuttosto simile. Fallimenti, difficoltà
economiche e scarsi risultati. Un buco nero dal quale non è stato facile riemergere.
Il Lugano grazie alla passione di Renzetti e alla solidità e alla
programmazione dell’attuale proprietario Mansueto, ha rifatto gradatamente
superficie, mentre a Ginevra il merito è stato della Rolex, che ha preso in
mano lo sport della città e lo ha riportato a vincere. Lo scorso anno, nell’hockey,
il Servette è stato campione svizzero, mentre quest’anno addirittura campione d’Europa!
Se il Lugano può vantare tre titoli in bacheca, il Servette è arrivato
addirittura a quota 17 (oltre a sette coppe nazionali): anche se l’ultimo
risale a 25 anni. Quello del Lugano addirittura a 75 anni fa!
Come ha raccontato oggi al Corriere del Ticino il collega Laurent Favre, a
Ginevra la “Fondation 1980” ha preso sotto il suo mantello il FC Servette, l’HC
Ginevra Servette, il Servette Rugby e il Servette-Chênois femminile.
E come spiega Favre, “l’uomo forte della Fondazione è Didier Fischer, a cui la Rolex ha
assegnato il compito di risollevare le sorti del calcio e dello sport ginevrino
in generale. I quattro club citati hanno un loro presidente, ma Fischer rimane
sopra di loro. Questo ha portato anche a diverse dimissioni e una parte della
stampa ginevrina è stata parecchio critica nei confronti della politica di
Fischer. Ma i risultati – non solo quelli sportivi – parlano a favore della
“Fondation 1890”».
La filosofia è molto simile a quella che sta adottando il Lugano in questi anni
con la nuova proprietà di Chicago. Sentite Favre:
“Le disponibilità finanziarie ci sono, ma si è speso bene e, soprattutto, con
pazienza. Si è atteso per esempio che Hugh Quennec nel 2015 fosse sul bordo del
fallimento per rilanciare il club su basi solide e poco importa se il Servette
sia dovuto ripartire dalla Prima Lega. In realtà per Fischer il rugby vale
tanto quanto il calcio: l’idea è quella di creare una dinamica positiva che
coinvolga tutto lo sport ginevrino».
Un occhio particolare è stato posto sul settore giovanile:
“In passato il Servette si è lasciato scappare tanti giocatori di talento
cresciuti nel suo vivaio. Oggi l’idea è quella di tenerli il più a lungo
possibile e, soprattutto, di farli giocare. Attualmente c’è un nucleo storico
di giocatori cresciuti proprio a Ginevra che fa parte della squadra da sei o
sette anni».
La gioia per il raggiungimento della finale, è stato parzialmente rovinato
dagli atti di violenza che hanno fatto il giro della Svizzera. Quell’ultrà che
a Winterthur ha tirato un fumogeno in tribuna, in mezzo alle famiglie, ha fatto
un danno d’immagine molto grave al Servette.
“Anche a Ginevra – come in altre parti della Svizzera – c’è preoccupazione
per la violenza dei tifosi. È il rovescio della medaglia della situazione:
quando il pubblico aumenta, il rischio di veder nascere gruppi di facinorosi è
grande. Si tratta di un problema globale, che non tocca naturalmente solo
Ginevra. In questo senso però il club granata dovrebbe reagire e applicare
sanzioni più dure, prima che la situazione diventi sempre più ingestibile».
Il 2 giugno a Berna, come detto, Lugano e
Servette si contenderanno la Coppa Svizzera. Si spera in un giorno di grande
festa e soprattutto, senza quella violenza che troppo spesso occupa le prime
pagine dei giornali sportivi e non solo.
(Foto Keystone/Trezzini)