Fra passato e futuro

Geo Mantegazza e l'eredità del segreto dei successi

Il Presidentissimo dell'Hockey Club Lugano rivoluzionò l'hockey svizzero unendo passione e capacità imprenditoriali uniche – Le dinamiche oggi sono cambiate, ma i suoi principi restano attualissimi
© CdT/Archivio
Flavio Viglezio
10.10.2024 18:00

È un tuffo nel passato, per chi oggi ha i capelli grigi. Nella vecchia Resega, appiccicato alla balaustra tra la Curva Nord e il rettilineo dove si assiepavano i tifosi delle squadre avversarie, la presenza di Geo Mantegazza non passava mai inosservata. Era sempre lì, il Presidentissimo, con il suo pullover verde entrato nella storia del club bianconero. Chi lo incontrava rimaneva dapprima quasi intimorito da modi quasi aristocratici, che lasciavano poi però subito il posto a una sincera genuinità. La leggenda narra che era stato a un passo dal rilevare il FC Lugano ma poi – convinto da chi allora guidava un HCL in cattive acque – si lasciò convincere e si tuffò con entusiasmo nel mondo dell’hockey. Nel 1978 nasceva di fatto quello che sarebbe poi diventato il Grande Lugano.

In anticipo sui tempi

La grande forza di Geo Mantegazza è stata quella di unire passione per lo sport e capacità imprenditoriali fuori dal comune. Nessuno mai in Svizzera aveva pensato, prima di lui, di portare il professionismo nel disco su ghiaccio. Ma le grandi menti – si sa – sono quelle che sanno anticipare i tempi. E che sanno circondarsi di collaboratori seri, affidabili e competenti. La figura del Geo – come lo hanno sempre affettuosamente chiamato i tifosi del Lugano – è indissociabile da quelle del direttore sportivo Fausto Senni e, soprattutto, di John Slettvoll. La mentalità di Mantegazza ha insomma pesato più degli importanti mezzi finanziari necessari per allestire una squadra vincente. Una formazione figlia del boom dell’hockey dei primi anni Ottanta. Quando alla Resega – per trovare posto sugli spalti – si andava almeno due ore prima dell’inizio della partita.

Le basi dei trionfi

Geo Mantegazza è entrato di diritto nella leggenda bianconera il 1. marzo del 1986, data del primo titolo nazionale conquistato a Davos davanti a più di 3.000 tifosi del Lugano. Una notte folle, proseguita alla Resega fino alle prime luci dell’alba. Una festa che il presidente visse in maniera intima, lasciando a Slettvoll e ai suoi giocatori le luci della ribalta. Con classe ed eleganza, insomma. Le basi di ciò che sono poi diventati l’HC Lugano e tutto il movimento nazionale – la gestione di un club sportivo basata su principi aziendali – sono state fondate proprio in quel periodo storico fatto di grandi trionfi, di tre altri titoli svizzeri datati 1987, 1988 e 1990. E proprio come si fa – o come si dovrebbe fare – quando si dirige un’impresa, Geo Mantegazza ha saputo organizzare alla perfezione la sua uscita di scena (perlomeno ufficiale...), pianificandola con illuminata intelligenza. I trionfi targati Fabio Gaggini e Beat Kaufmann del 1999 – con l’apoteosi del trionfo alla Valascia nella finale tutta ticinese – del 2003 e del 2006 si concretizzarono insomma ancora sull’onda lunga del lavoro in profondità svolto da Geo Mantegazza. L’unico attore – nell’anno più buio della storia bianconera – capace di mantenere verso l’esterno calma, lucidità e senso della responsabilità nella brutta e triste vicenda legata al discogate.

Con le proprie gambe

Con la sua scomparsa si gira definitivamente una pagina probabilmente irripetibile nella storia del club bianconero. Da tempo Geo Mantegazza non si occupava più delle vicende del suo amato Lugano, ma a tutto il popolo bianconero – dalla dirigenza ai tifosi – bastava sapere che il Presidentissimo, con il cuore, c’era sempre. Un Lugano che da ben 18 anni sta cercando la strada giusta per rivivere i fasti del passato, paga paradossalmente a caro prezzo una via che lui steso ha tracciato proprio grazie a Geo Mantegazza. Lo sport-business concepito alla fine degli anni Settanta dall’ingegnere luganese, oggi è diventato una realtà sempre più complicata da gestire. Le società sono diventate aziende a tutti gli effetti, quotidianamente costrette a precari equilibri tra la ricerca del successo e la gestione dei conti economici. L’hockey costruito da Geo Mantegazza non esiste più e – fortunatamente – questo il Lugano lo ha capito. La famiglia – grazie a Vicky, l’attuale presidente – rimane importante non solo per la stabilità finanziaria, ma anche e soprattutto per una continuità nella quale deve e vuole ritrovarsi l’universo bianconero, dai tifosi agli sponsor. Il Lugano vuole però camminare con le proprie gambe, per garantirsi un futuro che non dipenda esclusivamente dal nome Mantegazza. Un’impresa non evidente, che impone dei severi limiti di budget non sempre capiti e accettati da chi è stato abituato per anni a primeggiare.

Il perno fondamentale

Nel suo saluto al Presidentissimo, il club ha voluto rassicurare tutti e forse anche se stesso: «Il tuo DNA bianconero è al sicuro nelle vene della nostra Vicky». Proprio Vicky – che tanto voleva regalare un titolo al suo amatissimo papà – diventa un perno ancora più fondamentale di prima per il futuro a medio-lungo termine del club. Non tanto o non solo – come già scritto – per ragioni economiche. Il Lugano ha perso il suo papà: i suoi figli – dirigenti, squadra, tifosi e sponsor – hanno bisogno di essere rassicurati.