Football americano

I Philadelphia Eagles trionfano al Super Bowl: vittoria netta sui Kansas City Chiefs

Alla presenza di Donald Trump, che però si eclissa poco prima della pausa, Patrick Mahomes e compagni mancano lo storico appuntamento con la tripletta: finisce 40-22 per la franchigia della Pennsylvania
©David J. Phillip
Red. Online
10.02.2025 06:15

I Philadelphia Eagels hanno vinto, domenica a New Orleans, il secondo Super Bowl della loro storia battendo, in maniera netta, i Kansas City Chiefs (40-22). Sotto gli occhi del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ai Chiefs è dunque mancato il cosiddetto three-peat, ovvero la conquista di un terzo titolo consecutivo. Trump, in un certo senso, non ha portato fortuna a Patrick Mahomes e compagni: alla vigilia, infatti, aveva pronosticato una vittoria di Kansas City, impressionato com'era dalla sua stella più luminosa, Mahomes appunto. La difesa di Philadelphia, non a caso la migliore del campionato, ha saputo contenere la verve del quarterback sin dal principio. Di riflesso, anche il resto della squadra non ha reso secondo le aspettative. 

Trump, eclissatosi prima della pausa, non ha seguito l'oramai tradizionale halftime show, il concerto di metà partita, che quest'anno aveva come ospite Kendrick Lamar. Se è vero che ha eseguito la sua celeberrima Not Like Us, un attacco diretto contro il rapper canadese Drake, Lamar non ha avuto parole o messaggi speciali per Trump. Un obiettivo del rapper in passato. Trump, analogamente, non ha visto gli Eagles sollevare il trofeo Vince Lombardi, riservato ai vincitori. Sconfitta di soli 3 punti da Kansas City due anni fa, Philadelphia ha dunque avuto la sua dolce (e storica) vendetta. Impedendo ai Chiefs, come detto, di firmare la tripletta.

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump alla partita.
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump alla partita.

La franchigia della Pennsylvania, venendo alla partita, ha costruito il suo trionfo nel primo tempo, asfissiando l'avversario che, in termini di iarde, ha guadagnato una miseria. A 7 minuti dalla pausa si è materializzata la giocata simbolo di questo Super Bowl: Mahomes si è visto intercettare un suo passaggio dal cornerback degli Eagles Cooper DeJean. Il rookie di Philadelphia, a quel punto, ha corso 38 iarde per andare a segnare, tutto solo, senza opposizione alcuna. «Questa partita dimostra che non si può brillare senza gli altri» ha sintetizzato, al fischio finale, l'allenatore di Philadelphia Nick Sirianni. «Il football è il più grande fra tutti gli sport di squadra». 

Senza particolare brio in attacco ma, banalmente verrebbe da dire, ligi al dovere, gli Eagles si sono concessi una giocata d'alta scuola e altamente rischiosa quando non c'erano più pericoli in termini di risultato: il quarterback Jalen Hurts ha trovato il ricevitore DeVonta Smith con un lancio al bacio di 46 iarde per il momentaneo 34-0. Hurts, appena 26 anni, è stato eletto miglior giocatore della partita forte di una prestazione da urlo (221 iarde di passaggio e 3 touchdown). Kansas City, nel finale, ha limitato lo scarto con 3 touchdown. Ma la messa, per i Chiefs, era finita da tempo. 

Dicevamo di Trump. In viaggio verso New Orleans, a bordo dell'Air Force One il presidente ha sparato un ventaglio di annunci: dal 9 febbraio «giornata nazionale del nuovo Golfo d'America» a una nuova raffica di dazi sull'acciaio e l'alluminio, passando per un rilancio del Canada come cinquantunesimo stato degli USA all'addio alla produzione dei penny, la monetina da un centesimo. Quanto a Lamar, se è vero che non ha attaccato direttamente il tycoon è altrettanto vero che il suo show ha lanciato più di un segnale: durante l'esibizione, infatti, una sorta di Zio Sam vestito nei colori della bandiera a stelle e strisce ha invitato Lamar a controllare il suo show, al grido «troppo ghetto». All'insegna della diversità anche il prepartita, con (fra le altre) l'interpretazione jazz di Star Spangled Banner da parte del premio Oscar e Grammy Jon Batiste.