I serbi provocano e a Thun rispunta il gesto dell’aquila

I ripetuti cori razzisti ai danni del portiere ghanese Lawrence Ati Zigi hanno macchiato Slask Wroclaw-San Gallo. Anche Lugano-Partizan Belgrado, però, non si è giocata solo sul campo. No, purtroppo alla Stockhorn Arena di Thun non sono mancati provocazioni e strascichi extra-sportivi.
Sono stati i tifosi ospiti a iniziare. Per la precisione a cavallo tra la pausa e l’avvio della ripresa. «Il Kosovo è Serbia» hanno intonato ancora e ancora, coinvolgendo dalla curva anche molti sostenitori presenti in tribuna. Di più: ai piedi dello spicchio riservato agli ultras del Partizan non mancavano bandiere nazionaliste, con il territorio del Kosovo - dichiaratosi indipendente nel 2008 - annesso alla Serbia.

La prima replica bianconera è arrivata dal terreno di gioco. Sì, perché la rete del provvisorio 1-1 firmata da Steffen - e caduta proprio mentre i serbi rivendicavano il proprio controllo su Pristina - è stata accompagnata dai primi sussulti albanesi. Invero lo stesso Steffen ha festeggiato sotto la curva del Lugano mimando il volo di un’aquila. E lo stesso, alle sue spalle, hanno fatto Bislimi e Hajdari, entrambi di origine kosovara.
Strappato l’agognato pareggio, sinonimo di passaggio del turno ed Europa vera assicurata, i diretti interessati hanno proseguito a festeggiare in spogliatoio. E, come immortalato da una story su Instagram di Bislimi, ad aggiungersi è stato Amir Saipi, a sua volta in possesso anche della nazionalità kosovara. Mentre i compagni intonavano un brano in albanese, il portiere bianconero ha incrociato le mani davanti al petto e sfoggiato l’oramai celebre gesto etnico dell’aquila bicipite.