E il Mondiale di Paolo Duca si infranse su Uwe Krupp
Con il ritiro di Damien Brunner, solo quattro rossocrociati presenti ai Mondiali del 2010 sono ancora in attività. Uno è Andres Ambühl, che ha 41 anni e detiene il record di presenze iridate. Poi c’è Patrick Geering, capitano dello ZSC. Gli altri sono Roman Josi e Nino Niederreiter, che all’epoca avevano 19 e 17 anni e che sono diventati protagonisti in NHL. Tre anni più tardi, nel 2013, «Büehli», Josi e «El Nino» contribuirono alla conquista della medaglia d’argento di Stoccolma. Un’impresa poi ripetuta nel 2018 e nel 2024. Ma già nel 2010, a Mannheim, la Svizzera sembrava lanciata verso un’inaspettata semifinale. A fermare la squadra di Sean Simpson, subentrato a Ralph Krueger dopo le Olimpiadi di Vancouver, furono i padroni di casa della Germania. Nei quarti di finale finì 1-0 per loro. Tra i rossocrociati c’era anche Paolo Duca, attuale direttore sportivo dell’Ambrì Piotta. L’allenatore dei tedeschi, invece, era Uwe Krupp, ora sulla panchina del Lugano. Domani sera i loro destini torneranno a incrociarsi nel derby della Gottardo Arena.
Tutto storto
Del capolavoro tattico disegnato nel quarto di finale del 20 maggio 2010 a Mannheim, Uwe Krupp aveva già parlato nella sua prima conferenza stampa in bianconero, due settimane fa: «Dovevamo giocare così, chiusi in difesa, perché a livello offensivo la Svizzera ci era superiore». «È vero», ricorda Paolo Duca. «Noi avevamo sicuramente qualcosa in più, ma quella sera andò tutto storto, a cominciare dalla penalità di partita rimediata da Martin Plüss nel primo tempo. Un episodio che in seguito ci costrinse a rimescolare le linee. Giocammo comunque all’attacco, tirando quasi il doppio della Germania (41 a 25, Ndr.) e colpendo anche alcuni pali. Krupp mise in pista una squadra tatticamente molto preparata, ma il grande protagonista del match fu sicuramente il loro portiere, Dennis Endras. Diventò il nostro incubo». A decidere la sfida, e a spedire la Germania in semifinale, fu la rete di Gogulla al 30’46’’.
Primo e ultimo
«La delusione restò in circolo per un po’ di tempo», ricorda ancora «Duke». «Fu il mio primo e ultimo Mondiale, a differenza di altri non ho avuto una seconda opportunità. A inizio torneo, le aspettative su di noi erano pari a zero. Dopo i Giochi ci fu il cambio di allenatore e alcune star declinarono l’invito al Mondiale. Anche per questo, io ebbi l’opportunità di giocare. Una medaglia non sembrava possibile. Cammin facendo, però, si era fatta strada l’idea di poter andare lontano. Fin lì avevamo giocato un grande Mondiale, superando squadroni come il Canada o la Repubblica Ceca, che poi vinse l’oro. Era una Svizzera composta da ragazzi con tanta voglia di fare e di mostrare il loro valore. Ci qualificammo ai quarti come seconda di gruppo e pescammo la Germania, che chiuse il suo girone al terzo posto. Contro di loro giocammo la classica partita che vinci nove volte su dieci. Ma ci toccò ingoiare un boccone amaro».
Nel finale, gli animi si surriscaldarono quando Helbling assalì la panchina tedesca, scatenando la reazione dello stesso Uwe Krupp: «Timo perse la testa, il suo fu un comportamento fuori luogo, sicuramente figlio della frustrazione», conclude Duca.