Greg Ireland: «I ricordi rimangono nel cuore, ma amo le nuove sfide»
Passa veloce il tempo. Sono già trascorsi sei anni dall’ultima finale dei playoff raggiunta dal Lugano, persa in gara-7 al termine di un’incredibile battaglia con gli ZSC Lions. Sulla panchina bianconera c’era Greg Ireland, che avrebbe in seguito lasciato il club al termine della stagione successiva.
A volte però ritornano. In Svizzera, non a Lugano. Dopo aver lavorato in Italia e per l’Italia, guidato la squadra cinese di KHL del Kanlun Red Star e fatto da consulente dell’Irlanda – guarda un po’ il caso – alla Development Cup, coach Greg è da pochi giorni il nuovo tecnico dell’Ajoie. Porrentruy si sta trasformando in una piccola Lugano: Julien Vauclair è il direttore sportivo, Petteri Nummelin l’assistant-coach. E sul ghiaccio c’è pure Matteo Romanenghi. Coach Greg se la ride: «Mi piace – dice – l’immagine di una piccola Lugano. Hai dimenticato Gregory Sciaroni, che fa pure parte dello staff tecnico: è vero, non ha mai giocato a Lugano, ma è ticinese e con lui posso divertirmi a parlare un po’ in italiano. È senza dubbio d’aiuto, all’inizio di una nuova avventura, essere circondato da facce conosciute, da persone sulle quali puoi contare e nelle quali hai piena fiducia».
La mano di Julio
La più importante, nella decisione di accettare l’offerta dell’Ajoie, è stata Julien Vauclair. «Assolutamente sì – conferma Ireland -. Una mattina mi sono alzato e sembrava un giorno come tanti altri. All’improvviso ho ricevuto un messaggio di Julien: mi chiedeva se avessi il tempo di discutere un attimo con lui. Gli ho risposto di chiamarmi, non avevo idea di cosa volesse parlare. Mi ha spiegato la situazione, mi ha chiesto se avessi voglia di dare una mano: ne ho discusso con mia moglie, con mio figlio e adesso eccomi qui. Ho accettato perché conosco bene Vauclair, ho tanta fiducia in lui e i nostri rapporti sono sempre stati ottimi. Come sempre darò il massimo, cercando di apprezzare ogni aspetto del mio nuovo lavoro».
Nessuna paura
Non sarà facile risollevare l’Ajoie, anche se prima della pausa – dopo l’esonero di Wohlwend e con Vauclair in panchina – i giurassiani erano riusciti a vincere due partite. «Questa per me è una sfida enorme, ma non mi spaventa. Ho dovuto gestire la pressione in tutte le mie esperienze professionali. Sembra che il mio destino sia segnato dalle situazioni complicate (ride, NdR). Amo però questa pressione: l’obiettivo è garantire la salvezza dell’Ajoie, giocheremo per la nostra sopravvivenza».
Sembra di sentire l’Ireland dei giorni in bianconero, la filosofia del coach di Orangeville non è cambiata: «Ritengo che i giorni trascorsi in panchina da Vauclair abbiano fatto del bene a tutto l’ambiente. Julien ha dato più struttura al gioco della squadra ed è riuscito a togliere un po’ di pressione dalle spalle dei giocatori. Quando ancora eravamo in trattativa, già mi chiedeva cosa pensassi di determinate situazioni. La pausa ci ha permesso di riprendere fiato: ora – ed è ciò che ho detto al gruppo – si tratta di compiere il prossimo passo. Come? Affrontando ogni giorno con la giusta mentalità e fornendo alla squadra la struttura necessaria per avere successo in questo campionato. Ci sono tante piccole cose da mettere insieme il più velocemente possibile. La mia famiglia mi ha insegnato l’umiltà: il bene del gruppo deve essere sempre superiore a quello del singolo individuo».
Rispetto a cinque o sei anni fa – quando Ireland allenava il Lugano – il campionato svizzero è ulteriormente cresciuto: «Sì, questa Lega è ancora migliorata. Rispetto a quei tempi è pure aumentato il numero degli stranieri. E a causa della guerra molti elementi di valore hanno scelto la Svizzera, rinunciando alla KHL russa. Ho guardato tante partite di questa prima fase della stagione: ogni squadra ha una grande profondità».
Lugano e l’identità
Nello sport professionistico conta solo il presente, ma Greg Ireland non ha mai dimenticato e mai dimenticherà gli anni trascorsi a Lugano. E ancora gli capita di pensare a quella finale con gli ZSC Lions, persa in gara-7: «Lugano rimarrà per sempre nel mio cuore. Un giorno mia moglie mi ha detto che in Ticino si sentiva capita e personalmente ho ricevuto un affetto incredibile da parte di tutti. Ricordo che dopo quella gara-7 ero devastato dalla delusione, ma Andy Näser mi disse che il Lugano aveva finalmente ritrovato una sua precisa identità. Ne sono fiero ancora oggi e non dimenticherò mai quelle parole». Diventa un fiume in piena, coach Greg, quando parla delle sue stagioni in bianconero: «Sin dall’inizio avevamo una visione molto chiara di ciò che volevamo sviluppare. In certi aspetti del nostro lavoro ad ispirarci sono stati lo spirito combattivo degli All Blacks neozelandesi del rugby e l’intelligenza a tutti i livelli di un allenatore come Pep Guardiola». Parla sempre al plurale, Ireland. All’«io» preferisce il «noi». «Siamo riusciti a costruire una precisa identità, la speranza era che potesse guidare per tanti anni il club bianconero. Fu proprio quell’identità fondata sullo spirito di gruppo a permetterci di andare lontano in quei playoff nonostante le difficoltà. Proprio alla vigilia dei giochi per il titolo a Davos si infortunarono Alessandro Chiesa, Damien Brunner e Dario Bürgler, ma nessuno si lasciò andare. Nessuno».
L’Irlanda di Ireland
Da una finale del campionato svizzero a consulente dell’Irlanda alla Development Cup, un torneo annuale al quale partecipano squadre affiliate all’IIHF, ma che non possono partecipare ai Mondiali o alle Olimpiadi perché… non possiedono piste sul loro territorio. Nel 2024 vi hanno preso parte Argentina, Colombia, Irlanda, Portogallo, Brasile e Grecia. Non ha insomma paura di rimettersi in gioco, Ireland: «Un giorno, al termine della stagione in KHL, mi chiamò un mio buon amico, chiedendomi se fossi interessato a dare una mano all’Irlanda. Il mio cognome tradisce le mie origini, i miei nonni erano irlandesi, e allora mi sono detto che sarebbe stato bello fare qualcosa per questa nazionale. Via zoom ho potuto dare qualche consiglio a livello di sistema di gioco, di struttura e di mentalità. È stata una bella esperienza, anche perché poi l’Irlanda quel torneo lo ha pure vinto, a Bratislava. Ora però sono felice di avere di nuovo un posto in un club, dove poter costruire qualcosa di concreto».
Un piccolo derby
Per uno scherzo del destino, la prima in casa di Ireland sulla panchina dell’Ajoie sarà contro l’Ambrì Piotta. Una sorta di derby, per coach Greg: «Prima però ci attende il Kloten in trasferta. Sarò felice di rivedere Paolo Duca e Luca Cereda, ma in carriera ho imparato a concentrarmi su me stesso e non sull’avversario. Certo, anche i derby contro i leventinesi rimarranno sempre nella mia memoria».