Hnat Domenichelli: «Gianinazzi sarà il mio ultimo coach»
È l’ora della verità. Dopo settimane di tensioni, di estenuanti riunioni, di maldestri interventi per tenere nascosta una situazione ormai esplosiva e di deludenti prestazioni in pista, il Lugano prova a ripartire. Sul ghiaccio a dirigere il suo primo allenamento da nuovo head coach bianconero c’è Luca Gianinazzi, ma il pensiero va ancora – ovviamente – all’esonero di Chris McSorley.
Una separazione che si è concretizzata dopo la disfatta di venerdì scorso a Berna, ma che il club bianconero stava meditando già da un po’.
Tra riunioni e frustrazione
Sì, è l’ora della verità, in casa bianconera. E Hnat Domenichelli ha voglia di giocare a carte scoperte: «In realtà – spiega il direttore sportivo del Lugano – per capire come sono andate le cose bisogna fare un passo indietro. Quella passata non è stata una grande stagione, per l’HC Lugano. Già durante la regular season c’erano state tante riunioni tra squadra, staff tecnico e dirigenza. E nei meeting di fine campionato la situazione si è fatta pesante. I giocatori hanno chiesto una maggiore libertà di gioco, mentre McSorley ha risposto che serviva più qualità nel gruppo».
Una situazione che, vista così, non sembra irrisolvibile: «Le cose sono peggiorate durante la preparazione estiva, in particolare durante il campo d’allenamento in Germania e poi in quello a Lenzerheide. I giocatori si aspettavano alcuni cambiamenti a livello di sistema di gioco promessi dallo staff tecnico, ma McSorley è andato avanti per la sua strada. È allora ricominciata una lunga serie di incontri tra giocatori e staff tecnico, ma le tensioni non si sono mai placate. Personalmente do molta importanza al «body language», il linguaggio del corpo. Una delle cose più importanti che una persona può dire è quello... che non dice: osservando semplicemente i giocatori e lo staff tecnico, ho capito la gravità del contesto. Sperando però allo stesso tempo che la frustrazione delle parti fosse legata al lungo campo di allenamento estivo e che all’inizio della stagione regolare tutto si sarebbe sistemato».
È venuta a mancare la fiducia
Torniamo al presente. La decisione di separarsi da McSorley è giunta dopo la netta sconfitta a Berna. La classica goccia che ha fatto traboccare il vaso: «Il nostro inizio di campionato è stato caratterizzato da una serie di sconfitte maturate al termine di brutte prestazioni. È stata la conferma che i problemi non erano stati risolti. È venuta a mancare la fiducia del gruppo nei confronti di Chris. Sabato scorso ho parlato di «decisione di pancia», perché alla PostFinance Arena ho capito che eravamo arrivati al dunque. Non esiste il momento perfetto per chiudere un rapporto di lavoro: lo abbiamo fatto dopo la sfida di Berna semplicemente perché non si poteva più continuare così. E non potevo lasciare a Chris la partita in casa con il Davos, considerando anche il malumore dei tifosi».
Un'altra persona
Domenichelli aveva puntato molto, se non tutto, su Chris McSorley, offrendogli un contratto di tre anni: «Ora posso dire che ho sbagliato ad ingaggiare Chris. Non è stato il tecnico giusto per questo gruppo. Ho commesso un errore e me ne assumo la responsabilità. McSorley è una bravissima persona ed un ottimo coach, ma qui a Lugano la sua filosofia e i suoi metodi non hanno funzionato. E la sua faccia dopo la sconfitta con il Kloten mi ha detto che Chris non era più la persona che abbiamo imparato a conoscere in tutti questi anni. Non so se è cambiato, rispetto ai tempi di Ginevra: bisognerebbe chiederlo a lui. La verità è che tra la fine della passata stagione e l’inizio di questa di partite ne abbiamo vinte davvero poche. E in realtà non ho mai visto una vera voglia di collaborare tra McSorley e i il gruppo. Alla fine credo che la decisione di interrompere il rapporto di lavoro sia stato un sollievo anche per Chris».
Una generazione diversa
Considerando la profondità dei problemi emersi, sarebbe forse stato più facile separarsi di comune accordo già durante l’estate: «Se avessimo preso questa decisione, avremmo inviato un pessimo messaggio a tutto l’ambiente. E i giocatori devono anche essere in grado di saper gestire situazioni complicate. L’errore è stato quello di ingaggiare Chris, non di non averlo allontanato in estate».
Eppure Domenichelli credeva fortemente in questo progetto: «Se tutti i giocatori credono in lui, per gli avversari diventa difficile battere le squadre di McSorley. Lo si è visto nei pre-playoff contro il Ginevra e nei derby: quando tutti hanno pensato al bene comune, i risultati sono arrivati. Quella di oggi è una generazione di giocatori diversa rispetto a 20 anni fa: forse Chris non ha capito che non può più allenare sulle basi di un rapporto di forza. Non è possibile obbligare un giocatore a farsi andar bene un coach. E quando ci sono delle tensioni prima o poi la verità viene a galla. Nell’intervista rilasciata da Arcobello al CdT c’erano tanta rabbia e frustrazione. Da capitano Mark ha voluto far passare un messaggio del gruppo, ma questo non lo ha aiutato a livello individuale e adesso si trova sotto pressione».
Nuovi orizzonti
Il presente del Lugano, ora, si chiama Luca Gianinazzi: «Non ci sarà nessuna pressione su Luca. A corto termine i nostri obiettivi non cambiano: ripartiamo tutti insieme con la consapevolezza di poter recuperare in classifica. A lungo termine, invece, la conquista del titolo sarà sempre un traguardo di questo club. Lo definisco un obiettivo «macro», che non è richiesto in particolare alla squadra che disputa questo campionato. Per il CdA della società bianconera il titolo svizzero sarà sempre un obiettivo a lungo termine».
Gianinazzi è molto giovane, non ha giocato ad altissimi livelli e la sua esperienza da allenatore si limita al settore giovanile del Lugano. La speranza è che non si bruci. O che non venga bruciato. «Se «Giana» diventerà un fenomeno e tra tre o quattro stagioni andrà ad allenare in NHL, prenderò un altro allenatore. In caso contrario – e tengo a sottolinearlo – Gianinazzi sarà il mio ultimo allenatore nella mia funzione di direttore sportivo del Lugano. Se non avrà successo la colpa non sarà sua, ma mia. E dunque in questo caso lascerò il club, perché significherebbe che non sono l’uomo giusto al posto giusto. Io però spero di lavorare con lui per tanti anni. Chiedo allora ai giocatori, ai tifosi e al nostro CdA di supportarlo e di stargli vicino: so che è pronto e questo è un giorno storico per l’HC Lugano. Sono convinto che ha davanti a sé una grande carriera come allenatore. Non lo abbiamo scelto per questioni economiche, per risparmiare soldi: era già previsto che sarebbe stato lui il nuovo coach del Lugano dopo i tre anni di contratto con McSorley».
Ora che il tecnico canadese non c’è più, tocca anche e soprattutto ai giocatori assumersi le proprie responsabilità. Da gente come Arcobello, Kaski, Connolly e tanti altri è lecito attendersi di più. Molto di più. «Il futuro dirà chi aveva ragione. Ho fiducia in questo gruppo e so che il nostro valore è ben superiore al 12. posto in classifica che occupiamo attualmente. Sarà Gianinazzi, a fine stagione, a dirmi se e come sarà stato aiutato dal gruppo. E io starò dalla parte del tecnico. Chi non avrà remato nella direzione del coach, verrà messo in discussione. Ma questa è musica del futuro: voglio dire a tutti i nostri tifosi che questa stagione non è finita! Anzi, è appena cominciata. La mia posizione? Mi sento tranquillo perché sento il supporto del nostro CdA».