Hockey

Il crollo bianconero non si ferma e il «Giana» è sempre più solo

L’avventura del giovane allenatore ticinese potrebbe essere arrivata al capolinea - Stefan Hedlund il favorito per la successione?
© KEYSTONE/PABLO GIANINAZZI
Fernando Lavezzo
12.01.2025 17:58

(Aggiornato alle 20.29) Nello spogliatoio della Raiffeisen Arena di Porrentruy, Julien Vauclair, Greg Ireland e Petteri Nummelin, rispettivamente direttore sportivo, allenatore e assistente dell’Ajoie, festeggiano la vittoria per 3-1 nello scontro di fondo classifica con i bianconeri. Ma anche loro, tra una pacca sulle spalle e l’altra, si stanno probabilmente chiedendo cosa sia successo a quel Lugano che hanno tanto amato. Nel frattempo, in zona interviste, Luca Gianinazzi cerca di farsi forza da solo, nuovamente abbandonato dal club davanti ai microfoni. Domenichelli non ha voluto (o potuto) rilasciare dichiarazioni. Al suono della terza sirena, il ds ha lasciato la tribuna, accompagnato da Antti Törmänen. Del resto, se nelle prossime ore dovessero arrivare decisioni forti, non sarà Hnat a prenderle. Ed è possibile che pure la sua posizione sia uno dei dossier caldi sul tavolo del «board».

E adesso?

Il «Giana», dicevamo. Ha lo sguardo triste, ma la sua disponibilità, nel freddo del Giura, è quella di sempre. «Non intendo alzare bandiera bianca», dice. «L’idea non mi ha mai sfiorato, neanche per un secondo». No, il tecnico ticinese, 32 anni appena compiuti, non ha fatto passi indietro. «Mi concentro sul lavoro quotidiano e su ciò che posso controllare», spiega. Ma il suo incarico potrebbe essere arrivato al capolinea. Quanto potrebbe ancora durare, infatti, la fiducia nei suoi confronti? Quanto in basso dovrebbe ancora andare, il Lugano, prima che la dirigenza – indipendentemente dalle reali colpe dell’allenatore – tenti di dare una vera scossa allo spogliatoio? E sottolineiamo «vera», perché la nomina di Antti Törmänen a «consigliere» dello staff tecnico non ha fermato il crollo bianconero. Lo ha rallentato inizialmente (bilancio di quattro vittorie e quattro sconfitte tra il 4 dicembre e il 2 gennaio), ma gli ultimi quattro k.o. filati hanno dato una mazzata forse definitiva alla stagione dell’HCL. Stando alla RSI, ci sarebbe già il nome del sostituto di Gianinazzi fino al termine della stagione: si tratterebbe del 49.enne svedese Stefan Hedlund, recentemente esonerato dal Rapperswil.

Scavare il fondo

Con la sconfitta subita sabato sera nel Giura, i bianconeri sono ormai più vicini all’ultimo posto che ai play-in. L’Ajoie si è fatto sotto a 6 lunghezze, mentre il decimo rango, occupato dal Bienne, dista ora 7 punti. È un incubo e lo sa benissimo anche il «Giana». «Sono nato a Lugano e tifo per l’HCL da quando ho tre anni, è quindi chiaro che sono il primo ad essere arrabbiato e a soffrire per la situazione in cui ci troviamo», ribadisce l’allenatore. «Ma il motto del nostro club, Non mollare mai, fa parte di me. E questo non me lo toglierà nessuno». Potrebbero essere state le sue ultime parole da head coach della sua squadra del cuore.

Il disco pesa

È un finale amarissimo. Ventiquattro ore dopo aver subito la legge della capolista Losanna, affrontata senza fame e senza grinta, sabato il Lugano ha mostrato buona volontà. Sembra una battuta, ma i bianconeri hanno disputato una gara all’altezza dell’Ajoie. Ovvero dell’ultima in classifica. E l’hanno persa, bloccati dalle loro fragilità, dai loro limiti tecnici e soprattutto mentali. Thürkauf e compagni, ormai, non segnano neanche a porta vuota. «Fa parecchio male», dice Gianinazzi. «Soprattutto nel terzo tempo, nel quale abbiamo tirato 18 volte, i ragazzi hanno lottato, mettendo un sacco di pressione sugli avversari e procurandosi tante occasioni da rete. Purtroppo, non siamo stati efficaci sotto porta. Per la quarta partita di fila, abbiamo realizzato una sola rete. Così è molto difficile vincere. In questo momento il disco pesa più del normale, dobbiamo trovare il modo per alleggerirlo».

In un buco

Trovare il modo. Lo si sente dire spesso, nei momenti di crisi. Sono ormai più di due mesi che il Lugano cerca di uscire dal buco che si è scavato da solo. Neppure le due vittorie filate ottenute contro Ambrì e Berna, inframezzate da un Natale tutto sommato sereno, sono servite a far scoccare la scintilla. A partire dalla gara casalinga con il Friburgo, persa 1-5, qualcosa si è di nuovo rotto. «Si vede chiaramente che non siamo una squadra in fiducia», prosegue il coach bianconero. «Tutto quello che può girare storto, gira storto. Oppure troviamo noi il modo per farci del male da soli. Non ci sono segreti: l’unica ricetta per far funzionare le cose è continuare a lavorare e a credere in noi». Ma chi crede ancora nel lavoro di Gianinazzi?

Quali leader?

Sì, paga sempre l’allenatore. Ma sabato il Lugano è stato ancora tradito da coloro che erano stati ingaggiati per trascinarlo. A Zohorna, ormai, sembra non importare più nulla. A tirare in porta, lui non ci pensa nemmeno. Dopo i timidi segnali di risveglio, il suo connazionale Sekac è ripiombato nella mediocrità e a Porrentruy ha messo in difficoltà la squadra rimediando una penalità di partita per una carica alla testa di Arno Nussbaumer (aperta una procedura). Thürkauf e Carr, che l’impegno ce lo mettono, sembrano le controfigure dei giocatori che lo scorso anno dominarono la regular season. Come risolvere questi e altri problemi senza interventi drastici? Negli uffici dell’HCL, una decisione è stata presa. E il «Giana» è sempre più solo.