Hockey

Il Giana: «Ho scritto 30 pagine di appunti sull'esperienza a Lugano, ora apro un nuovo capitolo»

Intervista all'ex allenatore bianconero, appena nominato alla guida del Visp in Swiss League: «Una sfida affascinante»
© CdT/Gabriele Putzu
Fernando Lavezzo
23.04.2025 10:45

Il giorno dopo la sua ufficializzazione come nuovo coach del Visp, Luca Gianinazzi è tornato in Ticino per godersi una settimana di vacanza con la famiglia. Questa mattina lo abbiamo intervistato. L'ex coach bianconero ha preferito non parlare del Lugano, concentrandosi su quanto vissuto nei mesi successivi al suo esonero, fino all'approdo in Vallese. 

Giana, il tuo nome era stato accostato al Visp già da un po’ di tempo. Come è nato questo contatto e cosa ti ha spinto ad accettare l’offerta del club vallesano?

«Con Daniele Marghitola, direttore sportivo del Visp, ci eravamo già sentiti la scorsa estate, quando lui aveva appena assunto l'incarico in arrivo dal Martigny. Mi aveva chiamato per parlare di alcuni giovani che sarebbero andati a giocare da lui. Insomma, un normale scambio di informazioni, da cui è però nato un rapporto, un contatto. Ci conoscevamo già, ma non benissimo. Avevamo forse giocato un paio di amichevoli insieme, quando io avevo 18 o 19 anni. In gennaio, quando si è chiusa la mia esperienza con il Lugano, Daniele mi ha chiamato per manifestarmi la sua solidarietà e la sua vicinanza. Poi, una volta chiarito che Heinz Ehlers avrebbe lasciato la panchina del Visp, sono iniziate delle discussioni di carattere professionale. Discussioni che sono andate alla lunga, ma in un senso positivo. La volontà di collaborare c’è stata sin dall’inizio, da entrambe le parti. Due cose, in particolare, mi hanno fatto capire che questa poteva essere la sfida giusta. In primo luogo la comunicazione tra me e Marghitola, sempre molto chiara sia a livello di aspettative, sia di visione. In secondo luogo mi ha colpito tutto ciò che ho visto sul ghiaccio, da quando sono rimasto a casa fino allo spareggio promozione-relegazione contro l’Ajoie. Ovvero l’attitudine positiva, la grinta, il sacrificio difensivo, la forza del gruppo. Il Visp è una squadra interessante da allenare, con un buon mix tra giocatori giovani ed esperti».

A Lugano eri subentrato a McSorley in un momento di crisi. Questa volta prendi le redini di una squadra di successo, fresca di titolo in Swiss League. Questo rende il tuo lavoro più facile o più difficile?

«La si può vedere da entrambe le prospettive. Ma di sicuro, questo aspetto rende la sfida ancora più affascinante. Ci saranno delle difficoltà in più, perché vincere il titolo della cadetteria dopo undici anni di attesa ha creato ancora più fame, più ambizioni, più aspettative. Dall’altro lato, significa che c’è una base solida sulla quale si può continuare a costruire. Mi è piaciuto quanto ha detto il CEO del Visp Sébastien Pico nella conferenza stampa di ieri: benché tante cose siano andate bene negli ultimi mesi, non significa che tutto sia stato perfetto. Si può ancora migliorare, cambiare alcune cose. L’obiettivo è sempre quello di progredire come squadra e come club. In quest’ottica, la sfida è molto interessante. Per me, all’inizio, sarà importante soprattutto lo sviluppo individuale dei giocatori. La maggior parte di loro è composta da ragazzi che vogliono arrivare o tornare in National League. E io voglio aiutarli a crescere. Desidero inoltre cavalcare e rinforzare ulteriormente quella voglia di lottare che il mio predecessore, Ehlers, ha inculcato nella squadra. Infine, resta l’ambizione di confermarsi nella parte alta della classifica, come è normale e giusto che sia».

Come allenatore, hai esperienza negli juniores élite e in National League, ma non in Swiss League. Che idea ti sei fatto della categoria, nella quale avevi giocato una sessantina di partite tra il 2013 e il 2017 con Turgovia e Ticino Rockets? Possiamo considerarla una via di mezzo tra il campionato U20 e la Serie A oppure è un mondo a sé?

«L’hockey giovanile e la Swiss League, che è a tutti gli effetti un campionato di adulti, sono due mondi molto diversi. La lega cadetta è sicuramente un primo step per diversi giovani giocatori, ma - fatte le debite proporzioni - la considero più vicina alla National League».

E cosa ti porterai, in Vallese, dei tuoi due anni e mezzo alla guida del Lugano?

«Rispondere in una frase non renderebbe giustizia all’esperienza accumulata e a tutto ciò che ho potuto imparare. Ho scritto 20 o 30 pagine di appunti riflettendo su quanto ho vissuto sulla panchina bianconera. È un bagaglio importante che mi porto dietro, ma è arrivato il momento di chiudere questa porta per aprirne una nuova. Mi sono guardato indietro, ho pensato molto a ciò che ho fatto bene e a ciò che oggi farei in maniera diversa, ma queste dinamiche fanno parte di qualsiasi percorso. Ora sono semplicemente contento di iniziare un nuovo capitolo, andando avanti nel mio processo di crescita».

Cosa ha rappresentato la recente parentesi vissuta con lo staff della Nazionale?

«Non ha avuto un’influenza sul fatto che io oggi abbia un nuovo lavoro a Visp, ma sicuramente è stata un’altra esperienza da mettere nel bagaglio. Quei giorni al fianco di Patrick Fischer e dei suoi collaboratori mi hanno dato tanta energia in un momento sicuramente non facile. Poter lavorare in un contesto così stimolante mi ha ricaricato e mi ha rimesso in gioco. È stata una settimana molto bella e un’occasione che non capita a tutti. Sono contento e fiero di averlo potuto fare».

In quei giorni, in Nazionale, c’era anche Jan Cadieux, a sua volta reduce dall’esonero a Ginevra. I vostri nomi sono stati spesso accostati nelle voci di mercato, sia per la panchina del Visp, sia per quella della Svizzera U20, poi affidata proprio a lui. Ci avete scherzato su?

«Le voci non erano ancora uscite. Io e Jan abbiamo parlato tanto delle nostre esperienze in National League, di come ci sentivamo in quel momento, dopo l'esonero, senza discutere di opzioni per il futuro».

Come hai vissuto lo spareggio tra Visp e Ajoie? Hai pensato all’ipotesi di una promozione in National League della tua futura squadra?

«Ho osservato con interesse il gioco della squadra e le prestazioni dei singoli, ma ovviamente anche il risultato. Soprattutto all’inizio della serie, quando le due squadre erano molto vicine, ho pensato alla possibilità di una promozione che avrebbe cambiato completamente il futuro della società. Ma non ero disperato per la sconfitta. Sposo i valori e la visione del club, che punta a una crescita costante».

Curiosamente vivrai un derby vallesano contro il Sierre di Chris McSorley, che avevi sostituito nell’ottobre del 2022 sulla panchina del Lugano…

«Il mondo dell’hockey è piccolo, quello dell’hockey svizzero ancora di più. Chris lo conosco bene, era il coach della prima squadra bianconera quando io allenavo la U20 e abbiamo discusso spesso. La sfida tra Visp e Sierre è molto sentita e io un po’ di esperienza nei derby l’ho accumulata (ride, ndr.). Il fatto che sulla panchina dei giallorossi ci sia McSorley potrà rendere il tutto ancora più speciale».