Il Lugano, l'Ambrì e un derby sull'orlo del precipizio
A pochi giorni dal secondo derby stagionale, Lugano e Ambrì Piotta si trovano sull’orlo del precipizio. Possono ancora evitare il peggio, ma basterebbero un paio di ulteriori passi falsi per cadere nel vuoto. La situazione di bianconeri e biancoblù possiede tutti gli ingredienti di una crisi che entrambe le squadre provano goffamente a nascondere con dichiarazioni di facciata che al momento non convincono più nessuno. Luca Gianinazzi e Luca Cereda hanno avuto a disposizione due settimane per colmare le lacune emerse prima della pausa, ma non è cambiato nulla. È impossibile non parlare di crisi quando una squadra - due, in questo caso - non riesce più a portare le giuste emozioni in pista. Preoccupa in particolare la mancanza di cattiveria agonistica e, di riflesso, sia in Leventina sia alla Cornèr Arena sta emergendo una pericolosissima accettazione della sconfitta. O - peggio ancora - ci si appiglia a dettagli o aspetti del (non) gioco invece di considerare il contesto nella sua globalità.
Il Lugano di questo grigio autunno non ha una squadra all’altezza - sia a livello di individualità che di collettivo - ma pensa e ragiona come se l’avesse. In due settimane Gianinazzi non è stato in grado di adattare alle contingenze il modo di stare in pista e di gestire le difficoltà di una formazione bianconera amorfa e troppo spesso in balia degli eventi. Senza una precisa identità, insomma. Grave, molto grave. I singoli non lo aiutano ed allora le responsabilità del tecnico si mescolano a quelle del direttore sportivo Hnat Domenichelli, riguardo in particolare alla scelta dei nuovi stranieri. Jiri Sekac - che stando al ds doveva diventare il nuovo idolo dei tifosi - è già in tribuna. Radim Zohorna sta diventando vieppiù irritante, mentre Calle Dahlström è un giocatore semplicemente improponibile per il campionato svizzero. Justin Schultz - in evidente ritardo di condizione e tatticamente in difficoltà - è ancora un pesce fuor d’acqua ed allora al Lugano non rimane che sperare nell’imminente rientro di Thürkauf, sperando che il capitano - con la sua sola presenza - possa dare un po’ di coraggio a tutti. Al Giana, in primis.
Non se la passa bene nemmeno Luca Cereda, a dire il vero. L’Ambrì Piotta è la squadra che ha vinto meno partite piene (3) tra le 14 della NL e la prestazione di Porrentruy è stata semplicemente imbarazzante. I continui cambiamenti in corsa e i romantici ritorni a casa- vedi Kubalik - hanno ulteriormente aumentato il potenziale tecnico a disposizione del coach, ma l’Ambrì sta progressivamente perdendo quell’identità di formazione scomoda, difficile da affrontare perché pronta a lottare per sessanta minuti su ogni disco. Questa non è di certo la squadra del «Ricordiamoci chi siamo e da dove veniamo». I cambiamenti durante la stagione rischiano altresì di alterare i fragili equilibri che tengono incollato uno spogliatoio. Nella passata stagione Michael Spacek era sparito dal ghiaccio al momento del secondo approdo in Leventina di Alex Formenton, prima di rinascere quando il canadese era tornato in Nordamerica per le purtroppo ben note vicende giudiziarie. Rispetto alla formazione disegnata da Paolo Duca in estate, in un paio di mesi se ne sono già andati Jonathan Ang e Jakob Lilja, mentre Philippe Maillet è sempre meno preso in considerazione. Sulla carta Kubalik e Chris DiDomenico portano molta più qualità - poco ma sicuro - ma la storia recente del club leventinese insegna che gli stranieri ad Ambrì, oltre che bravi, devono anche essere funzionali alla filosofia di gioco di Cereda e di una società che si dichiara «formatrice». E che sta forse provando a volare più in alto con troppa fretta.