Il precario equilibrio tra ambizioni e finanze
Sono tracorsi più di cinque mesi dall’ultima uscita ufficiale di Ambrì Piotta e Lugano. È stata una lunga estate di riflessioni per i due club ticinesi di punta dell’hockey, sempre alla ricerca del giusto equilibrio tra obiettivi sportivi più o meno ambiziosi e la difficile gestione dei conti economici. La pandemia ha lasciato il segno, non servirebbe a nulla nasconderlo. I prestiti ricevuti dalla Confederazione vanno rimborsati e – in un contesto finanziario generale tutt’altro che roseo – il tempo delle spese folli è terminato da un pezzo nel nostro cantone. Ma lo sport – e l’hockey svizzero non fa eccezione – è diventato una forma di intrattenimento come un’altra, o quasi: se viene a mancare il divertimento, il pubblico o una parte di esso sceglie altre formule di svago. Per nostra fortuna, in Ticino la storica rivalità tra biancoblù e bianconeri è ancora in grado di accendere le passioni. A volte, è vero, fotografa senza pietà una certa forma di provincialismo sulla quale prima o poi scivolano un po’ tutti tra tifosi, dirigenti, media, giocatori e allenatori.
Ma siamo fatti così, viviamo di emozioni – talvolta esasperate – che sono il sale e il pepe dello sport. E dimentichiamo a volte quanto siamo fortunati ad avere due club nell’élite di una delle discipline più seguite nel nostro Paese. Anche perché la geografia dell’hockey che conta è cambiata: oggi sono le grandi città a dominare la scena, Ginevra – non a caso campione per la prima volta nella passata stagione – e Zurigo su tutte. Club che possono contare su budget pesantissimi, quasi iperbolici per uno sport che rimane di nicchia a livello internazionale, senza sbocchi o opportunità di guadagno con le competizioni continentali. L’hockey non è il calcio, insomma.
Eppure, anche nelle difficoltà, l’applicazione di un fair-play finanziario – sulla bocca di tutti durante la pandemia – non è ancora all’ordine del giorno. E chissà se mai lo sarà, a meno di un intervento a livello legislativo. Il progetto non è stato abbandonato, ma l’ostruzione di alcuni club – ZSC Lions su tutti – lo sta pericolosamente rallentando. E il rischio che qualcuno faccia presto o tardi il passo più lungo della gamba – per rimanere competitivo – non è da escludere.
Nati e cresciuti con un DNA ovviamente diverso, Ambrì Piotta e Lugano sanno entrambi di non poter fare follie. Non più, per lo meno. Fortunatamente i soldi non sempre fanno la felicità, nella vita e nello sport. Biancoblù e bianconeri si affacciano allora alla nuova stagione con una concreta voglia di riscatto dopo i chiaroscuri della passata annata agonistica. Una stagione che in Leventina si era chiusa in tono minore per la mancata qualificazione ai pre-playoff dopo l’entusiasmo generato dalla vittoria alla Coppa Spengler, mentre alla Cornèr Arena solo un emozionante finale di campionato aveva in parte cancellato la delusione per lunghi mesi trascorsi in un triste anonimato. Per ragioni differenti Ambrì e Lugano sono alla ricerca di una maggiore serenità, che potranno raggiungere solo e soltanto se saranno in grado di crescere anche fuori dal ghiaccio. A livello di comunicazione verso l’esterno lo sport ticinese – non solo l’hockey su ghiaccio – ha ancora tanti progressi da compiere per rimanere al passo con i tempi.
Ma questo non è ovviamente il tempo delle critiche, delle polemiche o dei dubbi. Ogni inizio di stagione porta con sé una ventata di entusiasmo, di passione e di promesse. Non sempre mantenute, ma a settembre nell’hockey è bello sognare. E il derby – fa sempre bene ricordarlo – rimane la sfida che tutto il resto della Svizzera ci invidia.