Le 150 partite di Trisconi: «La prima la giocai perché Inti era influenzato»

Nemmeno lo sapeva, ma domenica scorsa a Ginevra Noele Trisconi ha giocato la sua 150. partita di campionato con la maglia dell’Ambrì Piotta. Lo abbiamo incontrato in vista della doppia sfida contro il Rapperswil.
Ventitré anni e 150 partite di National League in biancoblù. Il caso ha voluto che la prima e l’ultima andassero in scena nella stessa pista: le Vernets di Ginevra. «Ricordo molto bene il mio esordio», racconta Noele Trisconi. Era l’11 settembre del 2015, prima giornata di campionato. Lui, all’epoca, era il capitano e topscorer degli juniores élite leventinesi allenati da Luca Cereda. «Quel giorno Inti Pestoni era febbricitante e non si sapeva se avrebbe potuto giocare», prosegue Trisconi. «Il coach della prima squadra, Serge Pelletier, decise allora di portarmi in trasferta come tredicesimo attaccante». Inti giocò, ma per Noele ci fu comunque spazio: «Feci un paio di cambi e incassammo una batosta (8-2, ndr.). Dal punto di vista del risultato, non fu una serata da ricordare». Piccola curiosità: dopo 3 minuti l’Ambrì Piotta conduceva 2-0 grazie ai gol di Hall e Monnet.
«La squadra al primo posto»
Detto di quel debutto estemporaneo in National League, per avere una vera occasione Noele Trisconi dovette attendere i playout della stagione seguente (2016-17), quando il tecnico Gordie Dwyer si affidò ad alcuni ragazzi dei Ticino Rockets (allenati da Luca Cereda...) per salvare il posto nel massimo campionato.
Dal 2017-18, con la nomina del «Cere» alla guida dell’Ambrì Piotta, Noele è diventato un titolare inamovibile della squadra biancoblù, come dimostrano le sue 150 presenze. «Ma io non penso molto a questi numeri e alle statistiche individuali. Sinceramente neppure lo sapevo di aver fatto cifra tonda», confessa l’attaccante di Iragna. «Ciò che mi importa è dare il meglio di me ogni giorno, mettendo tutto quello che ho a disposizione della squadra».
Negli juniores, ma anche in Swiss League con i Ticino Rockets, Noele era uno scorer. Per affermarsi al livello superiore, però, ha dovuto accettare un ruolo diverso: «In realtà è stato facile, già nelle giovanili ho sempre messo al primo posto la squadra. Mi piace il mio ruolo qui ad Ambrì, sono consapevole delle mie qualità e so benissimo che non segnerò mai 20 gol a stagione».
«Non mi sento un esempio»
In uno sport di colossi, Trisconi ha saputo fare del suo fisico minuto un vero punto di forza. Un bell’esempio per chi, vedendolo all’opera, potrebbe trarre ispirazione. «Può darsi, ma faccio fatica a considerarmi un modello per qualcuno. Non mi sento arrivato, ho ancora tantissimi margini di miglioramento. Prima di sentirmi un esempio per i più giovani, devo e voglio crescere. Detto questo, se alcuni ragazzi fisicamente piccoli vedono in me un motivo di speranza, della serie ‘‘Se ce l’ha fatta lui, posso farcela anch’io’’, mi fa sicuramente piacere».
L’Ambrì è una squadra fastidiosa da affrontare e Noele Trisconi incarna perfettamente questo spirito: veloce, tenace, sgusciante, sempre attaccato ai parastinchi degli avversari. «In questo senso l’attestato di stima più bello me lo ha dato un compagno, Ngoy. Michael mi dice spesso che in pista sono un gran rompiscatole, sempre appiccicato al portatore del disco. Magari abbocco alla prima finta, ma sulla seconda sono di nuovo lì a disturbare, saltando fuori all’improvviso. Come ho detto, sono le mie qualità. Se non svolgessi questo lavoro, difficilmente potrei giocare in National League».

«Vorrei giocarle tutte»
Centocinquanta partite, dicevamo. Ma poi ci sono tutte le altre. Amichevoli escluse, solo in questa stagione Noele Trisconi ha già giocato 44 gare: 34 in campionato, 6 in Champions League, 2 in Coppa Svizzera e altre 2 alla Spengler. Ne ha saltata solo una, quella contro il Turku al torneo natalizio di Davos: «Sono state tante partite in pochi mesi, sì, e non è sempre facile gestire un calendario fitto. Ma questo è il nostro lavoro: siamo pagati per giocare a hockey e questa è una gran bella cosa. Non è proprio il caso di lamentarsi. Io, poi, le avrei giocate volentieri tutte anche alla Coppa Spengler. Effettivamente ero un pochino stanco, ma a Luca Cereda l’ho detto: ‘‘Coach, io capisco che tu voglia lasciarmi a riposo, ma mi conosci bene e sai come sono fatto: anche se sono stanco, voglio giocarle tutte’’. Insomma, non sono uno che si tira indietro se avverte un po’ di fatica. Mi fa piacere scendere in pista anche nelle amichevoli di agosto. Fin qui la fortuna e la salute mi hanno aiutato e spero di poterle giocare tutte da qui alla fine della stagione».
«Nessuno cerca scuse»
Dopo la Champions e dopo la Spengler, l’Ambrì Piotta ha accusato gli impegni extra, andando incontro a dei periodi di magra, ma non ha perso di vista i suoi obiettivi: «Tornati da Davos, abbiamo avvertito la stanchezza, ma l’attitudine è sempre stata quella giusta. Tutti hanno dato il massimo, nessuno ha cercato scuse e nessuno si è concesso un cambio giocato sotto ritmo. Ognuno è andato al 100%. Poi, come è normale, abbiamo pagato qualcosa in termini di qualità e lucidità sotto porta, ma andando avanti così torneranno anche i risultati».
Reduce da quattro sconfitte di fila in campionato, ora l’Ambrì Piotta cercherà punti pesanti conto i Lakers, ultimi della classifica, sabato alla Valascia e domenica pomeriggio a Rapperswil: «Non vedo particolari insidie nell’affrontare due volte lo stesso avversario in poche ore, perché alla seconda gara non stiamo ancora pensando. Un passo alla volta, come sempre».