Lugano, come diceva il capitano
Dopo quattro sconfitte consecutive è arrivata la boccata d’ossigeno tanto attesa. In trasferta, tra l’altro, dove il Lugano si era imposto una sola volta in stagione, a Losanna. Lo ha detto anche Luca Fazzini, al termine della sfida con il Berna: è troppo presto per affermare che i bianconeri si siano lasciati alle spalle il momento difficile. Ma i tre punti alla PostFinance Arena sono un toccasana per la classifica – ancora corta, ma non cortissima come un paio di settimane fa – e soprattutto per il morale della formazione di Luca Gianinazzi. Il Lugano può guardare con ritrovata fiducia alle due partite prima della pausa, controGinevra Servette e Kloten.
Dopo un filotto negativo il ritorno al successo non è quasi mai figlio di una prestazione entusiasmante. Sul difficile ghiaccio della capitale i bianconeri non sono stati perfetti, ma dal primo all’ultimo minuto hanno portato in pista l’attitudine giusta. Non solo mentale, ma anche e sopratutto tattica. I rientri di Calle Dahlström e Radim Zohorna hanno sicuramente fatto un gran bene a un gruppo che aveva un gran bisogno di esperienza e di stabilità. Ma c’è dell’altro. Lo aveva detto Calvin Thürkauf nell’intervista concessa al nostro giornale negli scorsi giorni: «Quando il disco fatica ad entrare, bisogna fare ancora più attenzione alla fase difensiva. Ne usciremo in questo modo», sono stati i concetti espressi dal capitano. Detto, fatto. Dopo aver rapidamente segnato le prime due reti, il Lugano – sorretto da un ottimo Niklas Schlegel – ha disputato una partita di grande sacrificio. Si è finalmente accorto che per vincere non serve sempre tirare di più ed essere esteticamente più bello degli avversari. Nei momenti difficili servono soprattutto concretezza e olio di gomito. Hanno insomma indossato la tuta da lavoro, i bianconeri, e i loro sforzi sono stati premiati. D’altra parte anche nella passata stagione – pure contraddistinta da una marea di infortuni – il Lugano era tornato a risalire la classifica modificando il suo modo di interpretare le partite. Non si tratta di stravolgere la filosofia di gioco voluta da Gianinazzi, ma di adattarla alle circostanze. A Davos i bianconeri erano naufragati perché avevano voluto sfidare i grigionesi a viso aperto, come se le assenze non ci fossero o non fossero pesanti. Se ci sarà continuità nell’applicazione di questi concetti alla Cornèr Arena tornerà a splendere il sole. Se invece dopo il successo a Berna il Lugano penserà di essere tornato di colpo bello e spettacolare, ricomincerà a soffrire.
Sarà ovviamente interessante osservare come il coach bianconero riuscirà ad integrare Justin Schultz – annunciato più di una settimana fa e atteso solo oggi in Ticino... – nello scacchiere bianconero senza stravolgere i fin qui fragili equilibri del gruppo. Con sette stranieri di movimento a disposizione, il portiere slovacco Adam Huska dovrebbe diventare sulla carta una semplice alternativa a Nik Schlegel, una carta da giocare quando l’estremo difensore zurighese avrà bisogno di tirare un po’ il fiato. Rimangono però sette import per sei posti a disposizione. Dahlström – nonostante qualche inatteso limite di troppo – porta stabilità in difesa. Lo si è visto anche a Berna. Non è insomma impossibile che Gianinazzi possa schierare due terzini di importazione, ma così facendo sarebbe giocoforza costretto a rinunciare ad uno dei suoi attaccanti, con ogni probabilità ad un’ala. A uno tra Sekac, Joly e Carr, insomma. Ma al momento – sia per numero che per qualità – davanti sono pochi i giocatori rossocrociati a disposizione. Un bel rebus, insomma, anche perché i rientri di Thürkauf e di Morini non sono dietro l’angolo.