Hockey

Lugano, così non va

Intrattabili alla Cornèr Arena, i bianconeri a Friburgo subiscono la quarta sconfitta consecutiva in trasferta
©ANTHONY ANEX
Flavio Viglezio
20.10.2024 20:40

Così non va. No, in trasferta il Lugano proprio non va. A Friburgo è arrivata la quarta sconfitta di fila lontano dalla Cornèr Arena, la quinta su sei partite disputate senza il sostegno del pubblico amico. Un ruolino di marcia insufficiente, per chi punta ad una qualificazione diretta ai playoff. Alla BCF Arena – ed è questo che preoccupa maggiormente – i bianconeri sono riusciti nell’impresa di andare in bianco contro un Gottéron a tratti improponibile, in chiaro deficit di fiducia e di idee. Un lontanissimo parente di quello ammirato nella passata regular season, insomma. La squadra di Pat Emond non ha fatto nulla di speciale: con soli 16 tiri verso Schlegel in sessanta minuti, è riuscita ad ottenere i tre punti. «In cinque contro cinque – spiega Luca Fazzini – siamo stati la migliore squadra in pista. Abbiamo avuto più occasioni di loro, ma il Friburgo è stato più cinico. A mio avviso il risultato non rispecchia ciò che si è visto sul ghiaccio».

Un’aggravante

Ancora una volta la squadra di Luca Gianinazzi – già in difficoltà la sera prima contro l’Ajoie – può recitare il mea culpa. E ripetere dopo ogni sconfitta che il Lugano ha a lungo controllato il gioco e che ha tirato il doppio del suo avversario sta diventando un’aggravante, più che una giustificazione che permetta di vedere il bicchiere mezzo pieno.

La verità è che a Friburgo al Lugano è mancata la giusta cattiveria agonistica, quella determinazione fondamentale per fare risultato lontano dalle mura amiche.

Dominare territorialmente e tirare di più dell’avversario non basta, in questo campionato: i bianconeri lo hanno sperimentato sulla propria pelle a Zugo, a Langnau, a Bienne, ad Ambrì e adesso anche a Friburgo. Cinque indizi fanno insomma ben più di una prova. Sì, a tratti il Lugano gioca bene: nessuno lo mette in dubbio. Ma alla BCF Arena ha regalato due reti ai padroni di casa e – al di là delle parate di Reto Berra – davanti non è stato sufficientemente convinto. «La differenza l’ha fatta l’esecuzione», ha spiegato il coach ticinese a fine incontro. Come se si trattasse di un dettaglio. Ed invece si trattava di tirare con più convinzione, di andare a coprire la visuale al portiere, di gestire con maggiore concentrazione le situazioni di due contro uno e di sfruttare le situazioni di superiorità numerica: in tutto questo il Lugano è clamorosamente mancato. Al cospetto, occorre ribadirlo, di un avversario fragilissimo sia mentalmente, sia sul piano dell’organizzazione di gioco.

La coperta corta

Al Gottéron è in fondo bastato bloccare le prime due linee offensive del Lugano per portare a casa i tre punti. Le uniche due fino ad oggi in grado di risolvere le partite a favore dei bianconeri. Se vanno in bianco i terzetti di Zohorna e di Arcobello, in altre parole, per i bianconeri sono guai.

La verità è che la coperta del Lugano è corta. Estremamente corta, a livello quantitativo e qualitativo.

Nel «bottom six» il povero Marco Müller predica nel deserto, mentre i vari Cormier (0 reti), Patry, (1) Canonica (0), Zanetti (0), Aleksi Peltonen (0) o Reichle (0) davanti non riescono a cavare un ragno dal buco.

Negli scorsi giorni Hnat Domenichelli ha fatto capire – nemmeno troppo velatamente – di aspettarsi di più dai giovani. Resta però da sapere se hanno davvero il potenziale per recitare un ruolo importante in questo campionato. Dopo le sfide del weekend – con l’Ajoie ha fatto tutto la linea di Carr, Zohorna e Joly – i dubbi a proposito non fanno che aumentare. «In trasferta – prosegue Fazzini – sono gli avversari ad avere l’ultimo cambio e tutti cercano di approfittare di questo. Lo facciamo anche noi, alla Cornèr Arena. L’importante è che le nostre linee meno offensive facciano bene il loro dovere in fase difensiva». Purtroppo per il Lugano, i rientri di Thürkauf e di Morini non sono dietro l’angolo, di svizzeri interessanti sul mercato non ce ne sono e l’eventuale ingaggio di un nuovo straniero non risolverebbe la situazione.

La coperta si sta inoltre accorciando anche dietro: con Calle Dahlström fermo ai box, a Friburgo dopo il riscaldamento ha gettato la spugna anche Hausheer, bloccato da non meglio precisati guai fisici. Alla BCF Arena erano così sei i difensori a disposizione di Gianinazzi, compreso Nick Meile. Un giovane interessante, ma non ancora pronto ad un ruolo di titolare inamovibile. Tutti sicuri che Calle Andersson non sia stato liberato con troppa superficialità? Facile dirlo adesso, ne conveniamo, ma le alternative anche in difesa scarseggiano.

«Veniamo da una settimana molto particolare», chiosa il Fazz. «Ma mi ripeto: se fossimo riusciti a trovare almeno una rete, la partita avrebbe assunto un altro volto. Possiamo giocare bene e applicare in maniera corretta il nostro sistema, ma se non butti dentro il disco, non vinci».

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