Ambrì Piotta

Miles Müller, il sorriso del «guerriero» e il Canada sempre in testa

Il giovane attaccante biancoblù ci parla delle sue esperienze, della sua famiglia e delle sue aspettative per il futuro: «All’ultimo draft NHL non mi hanno scelto: era un mio sogno, ora troverò altre strade per poterci arrivare»
© Keystone/Samuel Golay
Fernando Lavezzo
01.10.2024 06:00

Miles Müller si è lasciato alle spalle una settimana densa di emozioni. Martedì, a Zugo, ha segnato la sua prima rete in National League. Venerdì, alla Gottardo Arena, ha affrontato per la prima volta il Bienne, il club in cui è cresciuto e per cui tifava da ragazzo. La sconfitta di sabato a Berna non ha incrinato la fiducia del giovane attaccante, 20 anni il prossimo 19 dicembre, protagonista di un convincente esordio tra i professionisti. Le sfide, del resto, non lo hanno mai spaventato.

E alla fine arriva mamma

Il jazz non c’entra. Non lo hanno chiamato così in omaggio a Miles Davis. «Uno dei significati del mio nome è ‘‘guerriero’’, i miei lo hanno scelto per questo motivo. Da quando sono nato, convivo dunque con una certa aspettativa (ride, n.d.r.). Battute a parte, è stato profetico, perché sul ghiaccio mi piace davvero lottare».

Guerriero, sì. Ma appena ne ha l’occasione, durante la nostra chiacchierata di fine allenamento, il nuovo attaccante biancoblù libera uno dei suoi sorrisi contagiosi e impeccabili. Forse tirato a lucido da mamma Sandra, igienista dentale. «Lei è canadese ed è venuta in Svizzera per ragioni professionali. A quei tempi, le sue competenze nel settore erano molto richieste. Una volta approdata a Bienne, ha conosciuto mio padre». Ovvero Mathias Müller, colonnello dell’esercito, granconsigliere del Canton Berna e grande appassionato di hockey su ghiaccio. «Non ci ha mai giocato, ma dal 2018 al 2023 è stato il presidente del Lyss, compagine di MyHockey League», racconta Miles. «Io mi considero rigoroso nel perseguire i miei obiettivi, ma non direi che mio papà mi ha cresciuto con un’educazione di stampo militare. Anzi, a casa comanda la mamma, è sempre stata lei a farmi rigare dritto (altra risata, n.d.r.)». La signora Sandra Müller, nata Jennings, è originaria di Dalhousie, nel New Brunswick. «Essendo canadese, a lei l’hockey piace per forza», afferma il figlio divertito. Lo sport, del resto, è un affare di famiglia. Una delle sorelle di Miles pratica l’atletica, l’altra l’equitazione. Qualche anno fa, sua madre ha scoperto il crossfit e il sollevamento pesi. Nel 2022, in quest’ultima specialità, si è addirittura laureata campionessa europea nella categoria «W50, -64 kg». Meglio non farla arrabbiare.

Ritorno alle origini

A soli quattro anni, Miles venne iscritto dai genitori alla scuola hockey della sua città. Da bambino, anche le vacanze estive in Nordamerica, trascorse da nonno Colin e nonna Blanche, si trasformavano in ghiotte opportunità per allenarsi sul ghiaccio. «A dieci anni sognava già di andare a giocare in Canada», ha ricordato sul Journal du Jura il suo allenatore nelle giovanili del Bienne, Patrick Schöb. E in Canada, Miles Müller ci è arrivato molto presto, nel 2020, ad appena quindici anni. Prima un’esperienza nella squadra della Rothesay Netherwood School, poi l’atteso approdo nella prestigiosa Quebec Major Hockey Junior League, una delle tre principali leghe junior del Paese. A ingaggiarlo furono i Wildcats di Moncton, comunità bilingue di 70 mila abitanti a circa 300 km da Dalhouise, la città di mamma Sandra. «A ripensarci, ero proprio piccolo», ci racconta il numero 17 dell’Ambrì. «Prima di volare oltreoceano ero molto eccitato, non avevo il minimo dubbio sulla bontà della mia scelta. Era un’occasione irrinunciabile. Una volta arrivato lì, però, l’impatto è stato molto forte. Nelle prime settimane mi sentivo spaesato. Pur avendo una madre originaria di quelle zone, io sono cresciuto in Svizzera, con una cultura europea del tutto diversa. Conoscere un po’ la lingua mi ha facilitato a scuola e nelle faccende comuni, ma a fare davvero la differenza sono state le persone che ho incontrato. Sia all’interno del club, sia nella famiglia di accoglienza, tutti hanno contribuito al mio rapido inserimento. A Moncton sono rimasto quattro anni ed è diventata la mia seconda casa». «Miles, dal canto suo, è diventato un fratello maggiore per i nostri figli», hanno raccontato in un’intervista al portale canadese ICI i coniugi Bourque-Lavesque, coloro che lo hanno appunto ospitato e che hanno tifato per lui durante i Mondiali Under 20 del 2022, organizzati proprio a Moncton.

Un sogno chiamato NHL

«Ora sono qui, felicissimo di giocare per l’Ambrì Piotta. Ma un giorno spero di poter tornare in Nordamerica», ci confessa Miles. Il riferimento è ovviamente alla NHL. Eleggibile al draft dello scorso giugno, il classe 2004 non è stato scelto da nessuna franchigia. «Essere draftato era uno dei miei sogni, ma la chiamata non è arrivata. Credo che la mia decisione di venire a giocare in Europa abbia un po’ scoraggiato le squadre interessate. Sarebbe stato più difficile seguirmi. Ci sono comunque altre strade per entrare in NHL e cercherò di sfruttare ogni opportunità che mi si presenterà in futuro. Sono convinto che l’Ambrì possa aiutarmi a crescere nella giusta direzione».

Un gradino alla volta

Dopo appena sei partite di campionato giocate in maglia biancoblù, Miles Müller ha già assorbito il salto di categoria: «Mi sembra di rivivere la stessa situazione di quattro stagioni fa in QMJHL. A sedici anni giocavo infatti in una lega junior dominata da ventenni, a un livello molto più alto di quello a cui ero abituato in Svizzera. Inizialmente fu uno choc, ma ho potuto imparare dai migliori. Passo dopo passo, stagione dopo stagione, ho trovato la mia strada, facendo progressi costanti e diventando – nell’ultimo anno – un punto di riferimento per la mia squadra. Sono partito dal ‘‘bottom six’’ e ho finito in prima linea». Nel campionato 2023-24, Miles è stato il secondo miglior marcatore dei Wildcats con 34 gol e 30 assist in 67 partite. «Ad Ambrì, come è normale che sia, sono ripartito ai piedi della scala. Sono venuto qui per crescere e ogni giorno osservo i miei compagni più esperti, rubando loro il mestiere. All’inizio ero un po’ intimidito e non sapevo esattamente cosa aspettarmi, soprattutto quando siamo passati dalle amichevoli estive alle vere partite di campionato. Una volta sceso in pista, però, mi sono subito sentito al posto giusto e mentalmente forte. Quel timore reverenziale che avevo, è svanito immediatamente. Ogni giorno che passa, aumenta la fiducia. Ho ancora tante cose da migliorare, ma è stato un buon inizio. Già dai primi colloqui con Paolo Duca e Luca Cereda, del resto, avevo capito che in Leventina avrei trovato ciò che cercavo. La comunicazione, per me, è importantissima. E loro sono stati convincenti. Mi hanno fatto sentire parte di un progetto. In passato, inoltre, tanti giovani giocatori hanno tratto giovamento dal loro trasferimento in biancoblù. Qui ci sono opportunità che in altri club non vengono concesse. Questo ha contribuito ad aprirmi gli occhi su questa bella realtà».

Una settimana da ricordare

Il suo primo gol da professionista, Miles lo ha segnato martedì scorso a Zugo: «Ho messo il disco sulla porta da posizione defilata, cercando la deviazione di Grassi, e invece è finito direttamente in rete. Ero un po’ sorpreso, non è stato un gran bel gol, ma me lo tengo stretto». Venerdì, il 19.enne ha poi vissuto un’altra forte emozione. Alla Gottardo Arena, ha infatti affrontato il «suo» Bienne: «Da piccolo andavo a vedere tutte le partite con mio papà, o in curva con i miei amici. Affrontarli è stato speciale».