Quale sarà, dunque, il ruolo di Hedlund?

«La funzione di head coach è affidata a Tomas Mitell», si leggeva nel comunicato stampa dell’HCL in merito al nuovo staff tecnico. Nessuna sorpresa, era nell’aria. «Mitell – recitava poi la nota – sarà coadiuvato da Stefan Hedlund con la funzione di assistant coach». No, pardon, forza dell’abitudine. Una lettura veloce ha tratto in inganno molti, di primo acchito. Un’abitudine più che consolidata – ovverosia un allenatore principale, affiancato da due sottoposti di pari livello – è stato sovvertita. Al fianco del nome di Hedlund, infatti, compare la voce «associate coach». E non «assistant».
Una nuova moda?
Passano gli anni, aumentano le cariche sportive. Tutte rigorosamente in inglese. Basti pensare al dicembre scorso, quando ad Antti Törmänen venne affidato il ruolo di «Senior Advisor dello staff tecnico della prima squadra bianconera e della Sezione Giovanile». Un mentore a supporto di Luca Gianinazzi nel suo momento di maggior difficoltà. Non fu un’invenzione bianconera, bensì un esperimento importato dall’America; dove questo incarico – seppur poco diffuso – esisteva da tempo.
La storia si ripete? Sì e no. In NHL, effettivamente, diversi tecnici sono stati investiti del ruolo di «associate coach». Tuttavia, stavolta il Lugano si è ispirato… a sé stesso. Pat Curcio vi dice qualcosa? Ebbene sì, fu proprio l’italocanadese il primo a cimentarsi in queste nuove veci. Lui – che ricevette il benvenuto in qualità di assistente di Doug Shedden – si guadagnò i galloni di «associate» cammin facendo. Hedlund, invece, è stato accolto direttamente con questo ruolo, per noi ancora inconsueto.
Una sorta di limbo
Ma che cosa farà, concretamente, Stefan Hedlund? Il suo lavoro dovrà pur differenziarsi da quello di Paolo Morini, confermato quale assistente «normale». Lo ha sottolineato lo stesso Janick Steinmann, il general manager bianconero che conosce molto bene il 49.enne svedese, con il quale ha trascorso svariate stagioni a Rapperswil: «La sua è una carica differente rispetto a quella di Paolo, perché su Stefan ricadranno responsabilità ben maggiori». Da un punto di vista gerarchico, Hedlund sta in una sorta di limbo. Può essere inteso come un head coach depotenziato o un super vice-allenatore. Comunque sia, potrebbe rivelarsi un’arma estremamente importante nell’arsenale dell’HCL.
Non fossero stati sufficienti le brillanti esperienze già collezionate in tre distinte tappe nella Svizzera interna, sono bastati i primi approcci in bianconero per intuire il peso che Hedlund avrà all’interno dello spogliatoio. Guardando alla classifica di regular season, vien da pensare che lo scandinavo sia passato dalla padella alla brace. Aveva ancora un accordo valido con il Ginevra – 12. al termine della stagione regolare – ma ha voluto avvalersi di una clausola d’uscita per raggiungere un Lugano reduce dal penultimo posto e dai brividi dei playout. Chi glielo ha fatto fare? Le difficoltà del recente passato non lo spaventano per nulla, anzi. «A dire la verità – ci ha confidato – è uno dei motivi che mi hanno spinto a venire qui».
«Un gran bel daffare»
Hedlund ama le sfide. Le accoglie con gusto, senza sottovalutare l’incombenza. «Quando ci si guarda allo specchio bisogna essere onesti – ha affermato – questa squadra è arrivata penultima ed è da qui che ci troviamo a ripartire. Nonostante ciò, in questo gruppo vedo un potenziale non indifferente, ma per crescere servirà del tempo». Nel corso della sua prima apparizione luganese, l’ex Rappi ha posto l’accento sullo sviluppo dei giocatori. Ed è proprio qui, allora, che sembra emergere la natura del suo nuovo ruolo. «Intendo impegnarmi con dei piani individuali con i difensori, di cui mi occuperò in maniera specifica». Hedlund, dunque, può rivelarsi un valore aggiunto. Per contro, si rischia di incorrere verso dinamiche di spogliatoio non ancora sperimentate. «I nostri ruoli sono ben definiti – ha tenuto a precisare lui – e penso che questo sia un fattore indispensabile. È tutto molto chiaro: il capo sarà Mitell. Lo aiuterò il più possibile, indipendentemente da quella che è la mia carica ufficiale. Per me non cambia assolutamente nulla. Tomas mi ha affidato alcune aree di competenza e io mi sento responsabilizzato. Di certo avrò un gran bel daffare». E Mitell cosa ne pensa? «Sinceramente, non ho mai sperimentato una situazione identica a questa – ha commentato l’ex Färjestad – ma sarà qualcosa di molto simile al solito». L’intenzione, dichiarata, è quella di lavorare a stretto contatto con tutto lo staff. «Abbiamo stabilito i ruoli di ognuno, senza dimenticare Paolo Morini; anch’egli darà il suo prezioso contributo».
Andranno tutti d’amore d’accordo, quindi? «In qualità di head coach, l’ultima parola spetta a me, nella maggior parte dei casi», afferma Mitell. «Tra noi ci sarà una comunicazione continua. Direi che, come minimo, saremo dello stesso avviso il 98% delle volte». Solo con il tempo, avremo un verdetto. Sta di fatto che l’investimento compiuto da Steinmann – tanto in ottica di immagine, quanto, verosimilmente, sul profilo monetario – è stato di quelli importanti. La bontà del progetto va ancora testata, ma l’«all-in» sullo staff tecnico appare quantomeno affascinante.