Uwe Krupp: «Il passato non importa, ripartiamo tutti da zero»
Luca Gianinazzi appartiene già al passato. A Lugano è ufficialmente iniziata l’era Uwe Krupp, anche se nessuno sa quanto durerà. Il nuovo coach tedesco del Lugano ha diretto il suo primo allenamento alla Cornèr Arena: con lui sul ghiaccio, oltre ad Antti Törmänen, c’erano i nuovi assistenti Flavien Conne e Paolo Morini. La sfida è cominciata: «È la prima volta dal 2005 - spiega Krupp - che non inizio una stagione. È stata una buona decisione. Quando ho ricominciato a guardarmi in giro, alcuni club hanno manifestato un certo interesse nei miei confronti. Ma nessuno di essi mi ha convinto. Con il Lugano tutto è invece successo molto rapidamente, si tratta di una squadra e di una società di tradizione in Svizzera e in Europa. È un onore per me essere qui».
Onori e oneri
Un onore, ma anche un onere. C’è una stagione disastrata da salvare, ma Krupp guarda subito avanti: «Non mi piace e non voglio parlare troppo di ciò che è accaduto fino ad oggi. C’è una squadra in difficoltà che ha ritenuto opportuno operare un cambiamento. Non conosco tutti i dettagli, ma adesso è più importante conoscere bene i giocatori, allenarci bene ed essere pronti per la partita contro il Davos».
Guarda insomma con fiducia all’immediato futuro, il coach tedesco: «Sono sincero, durante il primo allenamento sono rimasto impressionato. Questo è un gruppo con tanto talento, composto da elementi bravi tecnicamente e fisicamente prestanti. So che anche la concorrenza ha molto talento, ma vogliamo concentrarci soprattutto su noi stessi. Ho visto un gruppo motivato, questo accade spesso quando c’è un cambio di allenatore. Ma ho visto che c’è lo spirito giusto».
A mancare è invece il tempo. Al Lugano e a Krupp si chiedono risultati immediati per risalire la china, ma la fine della stagione regolare non è così lontana: «È vero, il tempo a disposizione non è molto. L’hockey è sempre un mix tra aspetto mentale, fisico e tattico e dunque dovremo lavorare su tutto. Prima di tutto voglio incontrare e conoscere individualmente ogni giocatore: voglio sapere chi sono, come stanno vivendo questa stagione e le loro impressioni. Ritengo che questo sia importante per sviluppare l’approccio mentale. In seguito potremo ripartire da zero a livello tattico, lavorando ogni giorno i diversi aspetti del gioco. Intendo gli aspetti fondamentali per tornare ad avere successo».
Come si cambia
In Svizzera ci si è accorti dell’Uwe Krupp allenatore quando, alla guida della nazionale tedesca, battè per 1-0 la selezione rossocrociata nei quarti di finale dei Mondiali del 2010 a Mannheim. Una Germania solidissima a livello difensivo: «Ricordo bene quella partita (sorride, Ndr). Dovemmo giocare così, perché la Svizzera ci era superiore offensivamente. Ma nel corso degli anni un allenatore cambia. O meglio, mantiene alcuni principi di base, ma deve adattarsi all’evoluzione del gioco e alle nuove generazioni di giocatori. Alla fine una buona squadra deve essere in grado di giocare bene sia difensivamente sia offensivamente».
C’è chi dice che Krupp sia un vero e proprio sergente di ferro: «È difficile parlare di se stessi. Credo che un allenatore debba essere duro e diretto in certe situazioni e più all’ascolto in altre. Non c’è una sola ricetta per avere successo. Ho detto alla squadra che deve essere aperta ai cambiamenti e pronta alle correzioni che voglio portare. Ma sono certo che non tutto è da buttare in ciò che è stato fatto fin qui». Chiamarsi Uwe Krupp può aiutare: «Una volta lo pensavo pure io, ma non è così. Un coach deve guadagnarsi ogni giorno il rispetto dei suoi giocatori, indipendentemente dal suo cognome. Ciò che ho fatto 30 anni fa in NHL non conta più nulla oggi».
Il futuro? Si vedrà
Ed infatti Krupp ha accettato di firmare un contratto valido solo fino al termine di questa stagione: «Mi è sempre piaciuto costruire qualcosa dalle fondamenta. Ma ero troppo eccitato all’idea di poter allenare il Lugano. Non potevo e non volevo lasciarmi sfuggire questa opportunità. Allora non penso al futuro: voglio divertirmi, lavorare sodo e approfittare di questa esperienza».
Non ha mai lavorato in Svizzera, il tecnico tedesco. Ma ha tanti amici che conoscono bene il campionato elvetico: «Sì, ho parlato con Harold Kreis, con Ralph Krueger e con suo figlio Justin. Sono tutti felici per me e mi hanno parlato benissimo del Lugano e della National League. Mi hanno dato qualche consiglio, ma lo tengo per me (ride, NdR)».
Questione di motivazioni
Ogni allenatore si pone degli obiettivi personali e di squadra. Il Lugano vuole come minimo evitare il penultimo posto in classifica: «È più motivante pensare a come risalire la classifica che a evitare il penultimo posto. Tutti a Lugano sono convinti che questo gruppo valga più dell’attuale 13. rango: dovremo allora lavorare per trasformare in realtà questa sensazione».