L’unico neo in casa Red Bull Helmut Marko, ma che dici?
La Red Bull non ha difetti. In questo 2023 non sta sbagliando un colpo. Mettendo in pista una costanza, in termini di risultati, disarmante. Eppure anche l’impeccabile scuderia austriaca ha il suo neo. Una sbavatura che non permette al quadro di assurgere ad opera d’arte. Va da sé, non stiamo parlando dei suoi piloti, della sua vettura e delle prestazioni finora ottenute, che, come detto, rasentano la perfezione. No, ci riferiamo a una delle figure chiave all’interno dell’universo con sede a Milton Keynes. Ovvero il suo alto consulente, Helmut Marko. Già, l’ottantenne di Graz è infatti uno dei personaggi più enigmatici e chiacchierati del paddock. E anche, soprattutto recentemente, al di fuori di esso. Il motivo? Le sue continue «sparate» sui piloti della Red Bull, che creano inevitabilmente malcontento all’interno della casa austriaca, dure reazioni da parte del mondo dei motori, e non solo, e danni d’immagine non da poco alla scuderia di Christian Horner.
L’amicizia con Mateschitz
Prima di tuffarci nel caso specifico che ha nuovamente buttato il consulente della Red Bull in un uragano di critiche, ripercorriamo brevemente la sua storia, che lo ha portato - tra le altre cose - alla stretta collaborazione con il team di Milton Keynes.
Nato in Austria il 27 aprile del 1943, Helmut Marko ha studiato giurisprudenza, per poi entrare nel mondo dell’automobilismo che lo affascinava sin da piccolo. Al volante di una Porsche 917K ha conquistato la 24 Ore di Le Mans nel 1971, e nello stesso anno ha esordito in Formula Uno, dove disputò due stagioni. Poche, vero. La ragione della breve permanenza nel massimo campionato sta nell’incidente che Marko subì in Francia nel ‘72. Durante un inseguimento con Emerson Fittipaldi un sasso partito dalla vettura del brasiliano bucò il casco dell’austriaco ferendogli un occhio. Il pilota della BRM fu comunque in grado di parcheggiare la sua vettura a bordo pista prima di svenire. Le cure a cui venne sottoposto peggiorarono però la situazione, costringendolo ad applicare una protesi e concludere la sua carriera al volante. Marko rimase però all’interno del mondo delle corse e, tempo dopo, grazie all’amicizia con il capo della Red Bull Dietrich Mateschitz si ritagliò un posto come suo consulente per la gestione dei piloti. Una sorta di talent scout alla ricerca di giovani talenti da formare e portare nella massima serie. Un compito che svolse e svolge egregiamente. Suoi, per esempio, i meriti del passaggio di Ricciardo da Toro Rosso a Red Bull e l’ingaggio del giovanissimo Max Verstappen.
Senza peli sulla lingua
Fin qui tutto - quasi - bene. Se non fosse che oltre alle sue ottime qualità, Helmut Marko ha anche la brutta abitudine di rendersi protagonista di uscite poco piacevoli nei confronti, soprattutto, dei suoi piloti. Alla base delle piccate dichiarazioni dell’ottantenne austriaco, va detto, c’è spesso un fondo di verità, che passa però in secondo piano dal momento in cui Marko esprime le sue idee senza peli sulla lingua, oltrepassando il limite. La gaffe più recente risale ad appena qualche giorno fa, quando in sede di analisi del GP di Monza, il consulente della Red Bull ha descritto così la prestazione di Sergio Pérez. «È sudamericano, per questo non riesce a concentrarsi come faceva Sebastian Vettel o come fa Max Verstappen». Apriti cielo. Innumerevoli le critiche postate sui social media e riportate dai mass media nei confronti dell’austriaco. «Marko è un razzista», «Sono offeso e disgustato», «Pérez non può continuare a subire tutto questo», hanno tuonato fan e autorità.
Non è bastato chiedere venia
Prevedibile, di conseguenza, l’ammissione di colpa di Helmut Marko: «Vorrei scusarmi per il mio commento offensivo e chiarire che non credo che si possa generalizzare sulle persone di qualsiasi paese, razza o etnia». Ma il tentativo di chiarire il suo commento non ha fatto altro che scavare una fossa ancora più profonda, scatenando ancor più reazioni di sostegno verso il pilota messicano.
Ma questa non è che l’ultima, cronologicamente parlando, delle uscite di Marko. Basti ricordare quando, in tempi di COVID-19, di fronte alla TV nazionale austriaca Orf propose di organizzare un campo per i piloti della Red Bull in cui potessero contrarre il virus ed essere più forti una volta ricominciato il campionato. Oppure quando nel 2022, sempre ai danni di Pérez, commentò la reazione della Red Bull dopo l’attacco missilistico in Arabia Saudita durante il weekend di F1: «Max è piuttosto rilassato a riguardo. Pérez più spaventato. Anche se vivere a Città del Messico non deve essere molto più sicuro...». Che figuracce per la Red Bull... Ma, al netto dei recenti risultati, per la scuderia austriaca probabilmente si tratta di problemi grassi. Il quadro della stagione 2023, d’altronde, continua a sembrare un’opera d’arte nonostante la sua piccola imperfezione.