Matteo Tosetti: «Alla fine ho anche sofferto»

Più che segnare, a Matteo Tosetti piaceva fare assist. Dopo una «sgasata» sulla fascia destra – oppure da un calcio piazzato – pennellava col pallone splendidi arcobaleni che finivano, precisi precisi, sulla testa dell’attaccante. E allora, in fondo, la sua carriera nel calcio professionistico doveva finire proprio così. Con un assist. Un assist arrivato dal mancato accordo di rinnovo con il Bellinzona, da ex capitano. Stavolta, a prendere la palla al balzo è stato lui, ed ha deciso di tuffarsi in una nuova sfida professionale. «Non appendo però ancora definitivamente le scarpette al chiodo, perché amo troppo il calcio – ci dice lui –. In parallelo al mio nuovo lavoro da consulente, giocherò con il Locarno in Seconda Lega Interregionale, nella speranza di portarlo più in alto possibile. Torno nella squadra che mi ha lanciato e vorrei chiudere così il cerchio».
Un ritorno che sa di rinascita
«È una scelta sulla quale stavo riflettendo da mesi», spiega il «Tose», che in carriera ha vestito anche le maglie di Young Boys, Lugano, Thun e Sion tra le altre, per un totale di 192 partite in Super League e 179 in Challenge League. «Avevo detto che avrei considerato eventuali importanti proposte nel calcio professionistico, ma solo se abbastanza allettanti da compensare lo svantaggio di dovermi trasferire da solo, lasciando la famiglia in Ticino. Ci sono stati interessamenti da squadre regionali ed estere, con quest’ultime che però tentennavano. L’offerta irrinunciabile non è arrivata, e quando si è presentata una nuova opportunità lavorativa, ho deciso allora di intraprenderla e dare stabilità alla mia famiglia. Non dico basta perché non ce la facevo più. Anzi, lascio senza rimpianti e dopo un’ottima stagione a livello personale». E in effetti, come detto, l’aria dello spogliatoio la respirerà ancora. «Riabbraccio tanti amici e sono felice di poter dare loro ancora una mano. Ritrovo un ambiente sano e ambizioso, ma senza la pressione di dover dimostrare il mio valore. Senza le continue sollecitazioni da parte della dirigenza. In parte, mi sono tolto un peso e spero che quella al Locarno sia anche una rinascita. Oltre che un ritorno in un posto dove i valori non se ne sono mai andati, dove il calcio è ancora un po’ un gioco».
«Ero nervoso»
Nella sua carriera, in effetti, il 32.enne ha avuto a che fare con tre «padri-padroni» dal carattere spigoloso: Renzetti a Lugano, Constantin a Sion e Bentancur a Bellinzona. «Forse il primo è quello che, in fin dei conti, ho gestito meglio, magari anche perché in riva al Ceresio c’erano meno problemi visti gli ottimi risultati. Però anche con Constantin, al di là di come è finita, ho avuto un buon rapporto. Non si immischiava nelle scelte o nelle comunicazioni».
Come ha scritto nel suo post di ringraziamenti sui social, gli ultimi anni di attività sono stati comunque «tosti ed estenuanti». «Durante l’addio a Sion ho toccato con mano l’evoluzione del calcio – rievoca Tosetti –, dove un giorno sei il numero uno e l’altro, appena l’allenatore cambia idea su di te, ti ritrovi nell’angolino senza che nessuno ti avverta. Poi è arrivato il Bellinzona, dove sul terreno da gioco davo tutto e in tutte le condizioni. Ma fuori dal campo stavo malissimo. Da ticinese, non digerivo le questioni extracalcistiche che dovevo subire. Tornavo a casa ed ero nervoso, me lo diceva pure mia moglie».
Da Xhaka a Lulic
La carriera di Matteo Tosetti è iniziata a germogliare nel 2009, quando fece parte della spedizione rossocrociata che vinse il Mondiale U17. «Già a quell’età si intravedeva chi aveva più chance di fare strada e chi meno. Ovviamente quel trionfo non era una garanzia di successo. Tanti non ce l’hanno fatta. Altri, come Xhaka, Rodriguez e Kasami, hanno fatto un ottimo percorso. Io a quel Mondiale giocai poco, e non c’erano certezze riguardo alla mia carriera. A volte si dà per scontata la possibilità di giocare in Svizzera. La realtà è invece che il numero di buoni calciatori è in aumento e la concorrenza è spietata. Alcuni mi dicono che avrei potuto toccare cime più alte, e certamente si può sempre fare meglio. Ma anche così, sono orgoglioso di quanto raggiunto».
Oltre ai già citati compagni di Nazionale, il Tose ha incontrato vari calciatori di talento. «Reputo che Marchesano e Bottani, oltre che miei grandi amici, siano fortissimi. Ma voglio menzionare anche Alexander Farnerud ed Emiliano Dudar, che all’YB mi avevano impressionato. Senza dimenticare Senad Lulić, che è stato un po’ il mio mentore». E per quel che riguarda gli allenatori? «Chiaramente ho imparato qualcosa da ogni mister. Quello che però è riuscito a farmi rendere al meglio è stato Marc Schneider. Con la sua guida ho vinto la classifica del miglior assistman (16) di Super League. Era la stagione 2017-18 con il Thun».
Quelle finali
Più volte ha ribadito che il suo è un addio senza rimorsi. Due partite che, però, gli piacerebbe rigiocare, sono probabilmente le finali di Coppa Svizzera che ha potuto disputare. La prima nel 2016 con il Lugano, l’altra tre anni più tardi con il Thun. «Avere quel titolo in bacheca sarebbe stato fantastico. Purtroppo abbiamo solo sfiorato il traguardo. Ma ho apprezzato il percorso che ci ha condotto fin lì».
Con Tosetti – sempre ordinato e curato anche nei campi più infangati – non ci resta che congedarci con una battuta. «Se mi ritengo uno dei dieci calciatori più belli del campionato svizzero? No, dopo che ho rotto il naso e deviato il setto, direi che ho perso posizioni!».