Max Meyer, l’ex «wunderkind» che incanta Lucerna: «Il mio viaggio? Lo sognavo da bambino»

Quando vede il Lugano, Max Meyer si esalta. Di più: diventa implacabile. Contro i bianconeri, sin qui, il 28.enne tedesco ha infatti realizzato 5 reti in 5 partite. A nessun altra squadra ha fatto altrettanto male, nel corso di una carriera dalla parabola singolare. Domani alle 14.15, con il suo Lucerna, tornerà a sfidare i sottocenerini alla swissporarena. Sabbatini e compagni sono avvisati.
Max, una curiosità: era a conoscenza della statistica relativa al suo rendimento contro il Lugano?
«Certamente, ricordo bene le reti segnate ai bianconeri e so che contro di loro ho spesso trovato la via del gol. Va da sé che domani mi auguro di consolidare la tradizione (sorride, ndr)».
Come mai si trova così a suo agio nell’affrontare la squadra di Mattia Croci-Torti? È una questione di feeling?
«È difficile dirlo con esattezza, credo che sia un avversario che ben si sposa con le mie caratteristiche. Contro il Lugano dispongo sempre di svariate occasioni per concludere a rete. E le statistiche, di conseguenza, ne beneficiano».
Nell’introduzione abbiamo menzionato la parabola della sua carriera, che nel 2022 l’ha portata a Lucerna. Un cammino iniziato con l’etichetta di «wunderkind» - ragazzo prodigio - del calcio tedesco. Vedendola giocare, e illuminare i campi di Super League con il suo talento, in molti si chiedono cosa ci faccia in Svizzera un giocatore delle sue qualità...
«La verità è che nell’estate del 2022, quando il Lucerna si è fatto avanti mostrando interesse nei miei confronti, ero reduce da un periodo piuttosto complicato durante il quale avevo giocato veramente poco. Avevo assolutamente bisogno di ritrovare il campo con regolarità per riprendere il ritmo e rilanciarmi. Il mio approdo alla swissporarena, in questo senso, si è rivelato perfetto. Era proprio ciò che mi serviva. Credo che entrambe le parti in causa, sia io sia il club, possano ritenersi molto soddisfatte di questo matrimonio».
La sua carriera, suggerivamo, ha conosciuto un arco singolare. Dalla Germania all’Inghilterra, passando per la Nazionale tedesca e le Olimpiadi. Ma pure la Turchia e la Danimarca. Scorrendo i nomi dei compagni e degli avversari con i quali ha condiviso il campo, c’è da rimanere sbalorditi. A 28 anni, dalle rive del lago dei Quattro Cantoni, lei che bilancio trae del suo percorso, iniziato con tantissime aspettative?
«In tutta sincerità ne sono davvero felice. Se me l’avessero descritto quando ero un ragazzino, avrei pensato a un sogno divenuto realtà. Ho giocato in Bundesliga, in Premier League e persino in Champions League. Sono davvero grato. Ma il mio viaggio non è mica finito qui! Nei prossimi anni spero di aggiungere altri appassionanti capitoli a questo racconto».
Ecco, al proposito: il suo contratto con il Lucerna scadrà al termine della corrente stagione, e lei non ha ancora rinnovato. Le riflessioni non sono ancora terminate?
«Sto avendo degli ottimi dialoghi con il club e il nostro direttore sportivo, Remo Meyer. Entrambi conosciamo bene le rispettive posizioni e nelle prossime settimane giungeremo certamente a una decisione».
Piccola provocazione: non ha mai pensato di attraversare il Gottardo e accasarsi un po’ più a sud, a Lugano?
«Onestamente no (altro sorriso, ndr). Se dovessi restare in Svizzera, sarebbe solo ed esclusivamente a Lucerna. Mi sento davvero a mio agio in questa città e in questa società, non avrei motivo di cercare un’altra sistemazione all’interno dei confini rossocrociati».
Torniamo allora alla sua attuale squadra. A capitanarla è un altro «wunderkind», questa volta svizzero: Ardon Jashari. Lei in gioventù ha vissuto in prima persona le aspettative e i giudizi che oggi vengono riservati al 21.enne di origini macedoni. Pensa che riuscirà a rispettare le attese?
«Ardon è un grandissimo talento e in lui vedo un enorme potenziale. Negli ultimi sei mesi, poi, l’ho visto compiere degli ulteriori passi avanti. È progredito. Sono fermamente convinto che abbia tutte le carte in regola per - un giorno - approdare in uno dei cinque migliori campionati d’Europa».
Fra pochi mesi, tra l’altro, Jashari potrebbe volare nella sua Germania con la nazionale rossocrociata per disputare gli Europei. E in tal caso affrontare la «Mannschaft» nell’ultima giornata del gruppo A. Lei ormai si trova a metà fra i due mondi: come legge quella sfida?
«Innanzitutto trovo davvero intrigante che Svizzera e Germania siano state sorteggiate nel medesimo girone. Se la memoria non mi inganna, non era mai accaduto a una rassegna continentale. Il vostro Paese può vantare un’ottima rappresentativa, mentre tradizionalmente la “Mannschaft” fa quasi sempre bene in occasione dei grandi appuntamenti. Direi che la cosa migliore da fare è lasciarsi sorprendere, anche perché in una partita secca può accadere di tutto».
Da tedesco e - immagino - appassionato, che aspettative nutre nei confronti del «vostro» Europeo e di una selezione, quella di casa, che ultimamente ha faticato parecchio?
«A mio avviso questo torneo è una grande opportunità, sia per la nostra Nazionale sia per il Paese. Mi sembra un po’ di rivivere le sensazioni del Mondiale del 2006. Mi auguro che la “Mannschaft” riesca a ritagliarsi un ruolo di primo, anzi primissimo piano».