Il ricordo

Clay Regazzoni, un mito nato 50 anni fa a Monza

Il 6 settembre 1970 il pilota ticinese vinse su Ferrari il suo primo Gran Premio di F1 - Ripercorriamo quel giorno nelle parole dei familiari - La moglie Maria Pia: «Quel trionfo cambiò per sempre la vita di mio marito, ma non la sua persona»
La folla di Monza, con Clay che insegue Stewart. © Archivio Famiglia Regazzoni
Paride Pelli
05.09.2020 06:00

Il mito di Clay Regazzoni nacque cinquant’anni fa, il 6 settembre 1970. Quel giorno il ticinese vinse, a Monza, la sua prima gara in Formula1, appena ventiquattr’ore dopo aver festeggiato il 31. compleanno, in un Gran Premio funestato dall’incidente occorso durante le qualifiche all’austriaco Jochen Rindt, unico pilota ad aver vinto un titolo mondiale post mortem.

Clay era alla sua quinta presenza tra i più grandi, fresco di un secondo posto a Zeltweg: al 54. dei 68 giri previsti si issò al comando e dopo alcuni minuti superò per primo la bandiera a scacchi con la Ferrari 312B numero 4, lasciandosi alle spalle il campione uscente Jackie Stewart. Suo anche il giro più veloce. Scoppiò il tripudio: la folla in delirio invase il circuito, lo portò a lungo in trionfo scandendo il suo soprannome diventato ormai nome, quel «Clay» così accattivante e mitico da sostituire, per sempre, il meno pratico e sportivo «Gian Claudio» che gli rimarrà all’anagrafe.

Clay con la figlia Alessia. © Archivio Famiglia Regazzoni
Clay con la figlia Alessia. © Archivio Famiglia Regazzoni

In trionfo con un po’ di paura

I profumi e i suoni di un’epoca che non c’è più fanno a pugni con il silenzio assordante del «circus» attuale nel dopo-lockdown che si appresta a vivere, sempre a Monza, un altro evento senza pubblico; così come la Ferrari che vince, un ricordo che solo il grande Clay poteva rinverdire nel momento più buio della storia del Cavallino rampante, alle prese con una crisi sportiva senza precedenti. Il trionfo di mezzo secolo fa rappresentò la svolta per Regazzoni: non più giovanissimo, lanciò la sua carriera ai massimi livelli, diventando unico e inimitabile.

«Dopo quella vittoria la stampa e il pubblico cominciarono a considerarlo italiano, per la vicinanza con il Ticino e perché parlava la lingua, era uno di loro: d’altronde era dal 1966, con Scarfiotti, che la Ferrari non aveva un pilota di casa» ricordano la moglie Maria Pia e il figlio Gian Maria, che proseguono negli aneddoti con dovizia di particolari. Ancora Maria Pia: «Quel giorno Icks, l’altro pilota Ferrari che si trovava in lotta per il titolo iridato, si ritirò già al 26. giro e Clay poté finalmente fare la sua gara, senza particolari ordini di scuderia. Ricordo che la sua grande gioia fu di aver battuto Stewart, per il quale nutriva una profonda ammirazione».

Clay Regazzoni (4) mette pressione su Jackie Stewart, che poi riuscirà a superare. ©Archivio Famiglia Regazzoni
Clay Regazzoni (4) mette pressione su Jackie Stewart, che poi riuscirà a superare. ©Archivio Famiglia Regazzoni

Monza si trasformò subito in una «Little Ticino», con fiumi di Merlot e prodotti tipici dentro e fuori dal box per festeggiare un’impresa straordinaria. Ricorda la moglie: «Quando fu portato in trionfo ebbe paura, mi confidò che si sentiva continuamente strattonato, c’era d’altronde una fiumana tutta per lui e per la Ferrari. E Clay non era certo uno che si faceva intimorire facilmente. Ricordo solo un’altra occasione, quando si cimentò con la squadra svizzera di bob a St. Moritz: ecco, lì mi disse che gli sembrava di essere in balia di un mezzo impazzito, ingovernabile».

La moglie Maria Pia con la figlia Alessia. ©Archivio Famiglia Regazzoni
La moglie Maria Pia con la figlia Alessia. ©Archivio Famiglia Regazzoni

Il bar a Cassarate e le radici

Torniamo ancora al successo di Monza: «Quella vittoria cambiò per sempre la sua vita, ma non cambiò Clay come persona. Mi spiego: mio marito era la persona che a Montecarlo giocava a bocce con l’imprenditor Attilio Monti, proprietario dell’omonimo Gruppo Petroli, ma quando tornavamo a Cassarate scendeva alle sei del mattino al bar sotto casa a bere il caffè e a giocare a carte con i netturbini del Comune di Lugano. Certo, dallo stipendio della carrozzeria era ormai passato a un contratto in Ferrari: eppure era rimasto lui, il Clay di sempre, con i suoi amici e le sue abitudini. Teneva moltissimo alle sue radici».

Clay Regazzoni. © Archivio Famiglia Regazzoni
Clay Regazzoni. © Archivio Famiglia Regazzoni

Gian Maria aveva appena due anni quel 6 settembre 1970: «Per un pilota Ferrari, Fiorano rappresenta la culla e Monza la casa: per mio papà era sicuramente “la” gara, quel circuito lo sentiva suo, più di altri. E lì trionfò non a caso anche nel 1975 al volante della 312T: di quel giorno ho ovviamente ricordi più nitidi. I tifosi assiepati in ogni angolo e in ogni dove, a bordo pista e ancora prima all’interno del parco; poi – a fine gara - riversati sul circuito, in delirio. Clay li aveva fatti gioire, la Ferrari aveva vinto (ndr: e Lauda conquistò tra l’altro il Mondiale). Oggi, da appassionato, mi auguro che i responsabili della Squadra Corse riescano a trovare presto delle soluzioni ad una crisi che, anche se non vuole essere ammessa, è profonda. Sarei curioso di sapere cosa avrebbe detto Clay riguardo ad una situazione tanto scellerata, lui così affezionato al marchio e al Commendatore: certamente non sarebbe stato per nulla contento e credo che si sarebbe espresso in maniera molto severa al riguardo, magari aggiungendo incredulo la sua tradizionale esclamazione: “Ma non è possibile...”».