La F1 ha tanto bisogno di protagonisti come Carlos Sainz
«Hamilton porterà in Ferrari una mentalità vincente, quella che serve per conquistare il mondiale»: lo si dice da tempo, soprattutto a Maranello dove è stata fatta la grande scelta. Ma sarà proprio così o la mentalità vincente è sempre conseguenza di una macchina vincente? L’esempio di Max Verstappen è il più calzante: dal momento in cui la Red Bull ha fermato (o sbagliato) gli sviluppi, il tre volte iridato è uscito dal confronto per il primo posto e oggi lotta per il titolo facendo leva sui punti accumulati quando la sua auto era la più competitiva.
È una premessa, la nostra, per celebrare il trionfo di Carlos Sainz, il licenziato (nel senso che è stato messo alla porta) dalla Ferrari che stravince il GP del Messico con una serie di prodezze di cui sono capaci solo i campioni. Perché non era sicuramente una gara facile, quella di domenica. C’era la minaccia subdola dell’altura, che toglie potenza ai motori e li costringe ad uno stress senza pari, per cui bisogna destreggiarsi tra allunghi e pause per tenersi alla larga da possibili guai. Poi c’erano i rivali di sempre che insidiavano la sua pole position, con un rettilineo di quasi 800 metri, dal «via» alla prima curva, che nel gioco delle scie favorisce sempre chi parte dietro. E infatti Sainz da primo si è ritrovato secondo, con un ostacolo come Verstappen che non è mai facile da superare perché usa spesso i gomiti. Poi, c’era Leclerc che sognava il bis di Austin, insieme con Norris e la McLaren in bagarre per il mondiale. Insomma, difficoltà da metter paura.
Ma Carlos Sainz non è tipo che si spaventi. Anzi, ha nella razionalità e nella capacità fulminea di analisi alcuni dei suoi punti di forza. Lo ha dimostrato al nono passaggio, quando con un colpo da ko si è messo alle spalle un Verstappen che mai poteva immaginare di vedersi superato all’interno, con una decisione estrema. È stato uno shock per Max. Poi è diventato Leclerc il rivale più ostico. Ma era a 5-7 secondi. E Sainz si è regolato sui tempi del compagno di squadra: quando Charles allungava, anche lui accelerava. Così per tanti giri, tenendo sempre con sicurezza la leadership. Controllare invece Norris negli ultimi cinque passaggi è stata una pura formalità, perché l’inglese, ingenuo, si era accorto troppo tardi che la sua McLaren era un’arma vincente.
Ed eccolo Sainz sul podio e travolto dal rito degli abbracci appena levatosi il casco. Calorosi con gli «amici» dentro il team, frenati e formali con chi aveva scelto di allontanarlo da Maranello. Ovvero con John Elkann e Frederic Vasseur (ma ce ne sono altri meno noti che hanno condiviso la scelta) i quali, seppure a malincuore, gli hanno preferito Hamilton sperando di dare alla Ferrari la spinta decisiva verso un ritorno iridato. Il tempo, con le sue complicazioni, non chiarirà mai chi avrà avuto ragione. Resta il fatto che uno come Sainz è raro trovarlo. Per giunta, con l’esperienza, è davvero pronto per una scalata al titolo. Ma né Mercedes né Red Bull lo hanno voluto prendere in considerazione. E così Carlito nel 2025 correrà con la Williams, squadra in ascesa ma comunque da mezza classifica. Un peccato, perché la F1 ha tanto bisogno di protagonisti come lui: Sainz diffonde messaggi positivi di lealtà, sacrificio, distanza dalle facili polemiche, maturità per emergere – come è accaduto in Messico – anche nelle condizioni psicologiche meno favorevoli. Un pilota forte, un gentleman nei comportamenti, un esempio di educazione e correttezza in un ambiente nel quale è facile perdere la testa.
In attesa del GP del Brasile di domenica, ora la classifica vede Verstappen sempre leader ma con Norris a 47 punti che dicono come l’inglesino dovrà sempre vincere, più o meno. Max scatenato a difendersi con una Red Bull ammosciata ed esageratamente propenso allo sgambetto e alle scorrettezze (giusta la penalizzazione di 20’’ in Messico), contro Lando Norris che lo soffre e non ha una chiara visione di gara, ovvero è ancora immaturo. Poi c’è la super-Ferrari pronta a portar via punti all’uno o all’altro. Ci divertiremo, non è ancora finita.