Murray e Djokovic vogliono riscrivere la storia insieme
Preparate i popcorn e mettetevi comodi, servirà un po’ di pazienza. D’altra parte, per assistere all’inizio dello show bisogna aspettare ancora un paio di mesi. Lo spettacolo, però, è garantito e la portata dell’evento si è percepita sin dal momento dell’annuncio. I francesi lo definirebbero un vero e proprio «coup de théâtre», uno di quei colpi di scena che cattura subito le luci dei riflettori. Così, effettivamente è stato e il mondo del tennis, in un istante, si è fermato. Jannik Sinner - che proprio in quegli attimi si accingeva a riportare l’Italia in finale di Coppa Davis - è passato subito in secondo piano. Dinanzi a un evento del genere, d’altro canto, non c’è numero uno al mondo che tenga: Andy Murray è diventato il nuovo allenatore di Novak Djokovic.
Australia, ancora una volta
La notizia è stata diffusa dallo stesso serbo, che - sui propri canali social - ha comunicato di voler proseguire il suo cammino al fianco del rivale di mille battaglie, definendo lo scozzese come «uno degli avversari più duri affrontati nella mia carriera». Murray, quindi, assisterà il tennista di Belgrado nella fase di avvicinamento e durante gli Australian Open del prossimo anno. Almeno fin lì, poi - verosimilmente considerando l’entità dei risultati - si vedrà. Si parte da Melbourne, dunque, un luogo tutt’altro che privo di significato per i due, che alla Rod Laver Arena hanno battagliato ben 5 volte, di cui 4 in finale e una al penultimo atto. L’esito è sempre stato il medesimo, ossia con Djokovic raggiante e Murray abbattuto.
Lo Slam «Down Under» per il 37.enne di Dunblane ha sempre rappresentato una sorta di maledizione, lui che si era già lasciato sfuggire la chance per il titolo nel 2010. Nel prossimo gennaio, sotto nuove vesti, potrebbe redimersi e sollevare quel trofeo che tante volte ha visto da vicino ma che in nessuna occasione ha potuto sollevare. «Il tennis, comunque, non mi è mai nemmeno piaciuto», aveva detto ironicamente «Muzza» dopo il suo ritiro in agosto alle Olimpiadi. E invece, a pochi mesi di distanza, rieccolo. «Non vedo l’ora di questa nuova avventura al fianco di Novak, voglio aiutarlo a raggiungere i suoi obiettivi».
Amici, rivali e compagni
Pur se non specificati, quali siano i suddetti obiettivi è presto detto: i tornei del Grande Slam. Il focus di Nole - che ha chiuso l’anno senza la conquista di un Major per la prima volta dal 2017 - è ben chiaro e riuscire a centrare quota 25 è la sua priorità assoluta. Il recente finale di stagione - passato dietro le quinte e lontano sia dalle luci della ribalta, sia dai campi - gli è costato qualche posizione nel ranking mondiale e ha messo in evidenza un insolito fare spento e privo di quel fuoco sacro che invece ne ha caratterizzato l’intera carriera. Serviva una svolta motivazionale, un profilo nuovo capace di fornirgli nuovi stimoli. Murray, in questo senso, rappresenta la scelta perfetta e questa alleanza della vecchia guardia suona come un monito per le nuove generazioni che avanzano inesorabilmente - vedi Alcaraz e Sinner - in grado di spartirsi i grandi appuntamenti stagione appena conclusa.
Il connubio appare indubbiamente intrigante. D’altronde, senza le giuste premesse, due campioni di questo spessore non avrebbero unito le forze. I due, coetanei - e nati a soli 7 giorni di distanza nel maggio del 1987 - hanno condiviso fianco a fianco le proprie carriere, il tutto mostrando - e altresì dichiarando - sempre un grande rispetto reciproco. Il loro primo incontro risale addirittura al 2001, quando - al celebre torneo juniores «Les Petits As» - lo scozzese ebbe nettamente la meglio su Djokovic, imponendosi per 6-0 6-1. Negli anni a venire, sul circuito professionistico, il serbo si è preso le sue rivincite e nei 36 scontri diretti si è imposto ben 25 volte. In due occasioni, invece, i due sono addirittura stati compagni di doppio: in un primo frangente, da giovanissimi, all’Australian Open del 2006 e poi, già affermati, a Miami 5 anni più tardi. In entrambi i casi, tuttavia, persero subito al primo turno.
Perché potrebbe funzionare
Evidentemente, Djokovic spera che - rispetto a quanto accaduto in passato - la coppia possa raggiungere più successi con l’amico ed ex rivale seduto nel suo box. Già, ma perché allora assoldare una figura che ha appena appeso la racchetta al chiodo e non ha mai allenato nessuno? Beh, al di là di quelli che sono i rapporti personali poc’anzi menzionati, Murray ha sempre dato l’idea di poter diventare, un giorno, un grande allenatore. Ecco, forse non ci si aspettava che potesse azzardare il passo così in fretta, ma vedere l’ex numero uno al mondo e tre volte campione Slam nell’angolo di un giocatore a fornire dei consigli era più che plausibile. I britannici si aspettavano una possibile collaborazione con l’amico - compagno di Davis e semifinalista agli USOpen - Jack Draper, mentre Murray ha bruciato le tappe ed è passato da zero a cento.
Lo scozzese non è un sprovveduto, niente affatto. Se ha deciso di cogliere questa opportunità, significa che è conscio di poter effettivamente contribuire alla causa. La sua intelligenza, d’altra parte, è la stessa che gli ha permesso di diventare un mostro dal punto di vista tattico e di questo aspetto Djokovic deve aver tenuto conto. Per tipologia di gioco, peraltro, i due si assomigliano e sotto questo punto di vista lo scozzese potrebbe fornire degli input non indifferenti. Lui, inoltre, ha il vantaggio di aver sfidato e studiato il serbo per 25 anni e, nel frattempo, ha anche avuto modo di conoscere appieno il resto della concorrenza e i rivali che dovranno fronteggiare. Resta da capire, o per meglio dire verificare, come sarà il rapporto tra due personalità indubbiamente forti. Murray - come pure Nole - sul campo è sempre stato focoso e non le ha mai mandate a dire ai componenti del suo angolo, chissà, allora, come reagirà dal lato opposto della barricata.
Esempi della storia moderna
L’imminente collaborazione, suggerivamo, è assai suggestiva ma per il «Djoker» poter contare su un cosiddetto «super-coach» non è per niente una novità. Nel corso degli anni, infatti, ha collaborato con diversi altri numeri uno e vincitori di prove dello Slam, quali Boris Becker, André Agassi e - fino all’inizio di quest’anno - Goran Ivanisevic. Lui, più di ogni altro, sa che cosa significa avere un pezzo grosso all’interno del proprio box e, si badi bene, non per forza ciò è sinonimo di successo.
Nel recente passato, tuttavia, sono stati diversi gli esempi illustri che hanno avuto un esito positivo: attualmente la coppia Ferrero-Alcaraz ne è la perfetta testimonianza e restando in Spagna, anche il lavoro svolto da Carlos Moya con Nadal ha dato dei buoni frutti. Lo stesso Murray, inoltre, ha raggiunto l’apice sotto la guida protettrice di Ivan Lendl e - venendo ai tennisti di casa nostra - le guide di Stefan Edberg, con Roger Federer, e, soprattutto, Magnus Norman con Stan Wawrinka sono risultate azzeccate. Solo il tempo, insomma, ci dirà se questo tandem è destinato a durare e si aggiungerà a questa lista di scelte vincenti. Per ora, quindi, non ci resta che attendere e sottolineare con vigore il mese di gennaio, quando il tutto avrà effettivamente il suo inizio e, forse, anche la sua fine.