Hockey

Nella notte della vergogna il tempo delle scuse è finito

Un Lugano senz'anima, senza emozioni e senza idee tocca il fondo e si fa superare dal modesto Langnau – Calvin Thürkauf apre il libro: «Non tutti sul ghiaccio fanno quello che dovrebbero e che dice l'allenatore, adesso basta»
©Keystone/Alessandro Crinari
Flavio Viglezio
26.11.2024 23:00

Senza emozioni, senz’anima, senza una parvenza di gioco. Il Lugano ha davvero toccato il fondo: sì, peggio di così si muore. Letteralmente inguardabili, in balia degli eventi, i bianconeri sono riusciti nell’impresa di perdere alla Cornèr Arena contro il modesto Langnau, penultimo in classifica e sceso in Ticino con soli quattro stranieri. Che - a differenza di quelli del Lugano - lottano e sudano per la maglia. Nella notte della vergogna - sportiva, si intende - il tempo delle scuse da parte di dirigenza, staff tecnico e giocatori dovrebbe essere finito per questa squadra ormai finita in un enorme buco (bianco)nero.

Le parole del capitano

Lo pensa anche capitan Thürkauf: «Non tutti fanno ciò che dovrebbero, sul ghiaccio. Non tutti fanno ciò che vuole l’allenatore. Non possiamo continuare così, la stagione ci sta scappando dalle mani». Li hanno scelti CdA, direttore sportivo e allenatore quelli che in pista non fanno ciò che dovrebbero...

Parole pesantissime, quelle di Thürkauf, il primo in stagione - lo ripetiamo, tra dirigenza, staff tecnico e giocatori - ad assumersi le proprie responsabilità. Ad affermare forte e chiaro che no, così non si può andare avanti.

Contro il Langnau è come se il Lugano non fosse nemmeno sceso in pista. Ad immagine delle due reti trovate dai tigrotti nello spazio di nove - sì, 9! - secondi nelle prime fasi del periodo centrale. Roba da mettersi le mani nei capelli. E alla fine la squadra ha lasciato la pista sotto una marea di fischi. «Il terzo tempo - continua Thürkauf - è stato il meno peggio, ma da troppo tempo non giochiamo 60’ con intensità».

E ora che si fa?

Servono decisioni forti, alla Cornèr Arena. O meglio, servirebbero. Ma a parole, almeno, si preferisce andare a sbattere la testa contro il muro. A questo punto Luca Gianinazzi - anche lui superato dagli eventi in questi ultimi due mesi - non può non essere messo in discussione. Così come non può non essere in discussione Hnat Domenichelli, che tra l’imbarazzante Dahlström e gli ectoplasmi cechi Sekac e Zohorna ha portato in Ticino stranieri improponibili.

La regular season rischia di trasformarsi in un calvario per un Lugano che, semplicemente, non c’è più. La presidente Vicky Mantegazza e il CEO Marco Werder, negli scorsi giorni, hanno affermato forte e chiaro che il progetto non cambia. Che si va avanti così e che il non raggiungimento degli obiettivi non è un fallimento. Contenti loro, contenti tutti. Ah no, non proprio tutti.