Wimbledon

Nole e i soliti attriti con il pubblico, «Why always you?»

Djokovic, dopo la vittoria agli ottavi, se l’è presa con alcuni sostenitori di Holger Rune - «Hanno trovato una scusa per tifarmi contro, ma ho già giocato in ambienti ben più ostili di questo» - L’approccio mediatico del serbo è da sempre stato molto divisivo e ha causato diverse polemiche
©AP Photo/Mosa'ab Elshamy
Alex Isenburg
09.07.2024 23:00

Novak Djokovic contro il pubblico, ci risiamo. Di una storia, sostanzialmente, già vista e rivista, questo non è altro che l’ennesimo capitolo. La cui dicitura, però, è incompleta, poiché recuperare il numero di episodi precedenti è francamente impossibile, ormai abbiamo perso il conto. Per come si è consumata, quest’ultima vicenda la potremmo intitolare «Quando la prova di carattere oscura quella di forza».

Già, perché tennisticamente parlando la vittoria di Djokovic al cospetto di Holger Rune era stata degna di nota. Eppure, a tener banco è stato tutt’altro, ossia il suo sfogo nei confronti di alcuni tifosi durante l’intervista al termine del match. Più volte, all’interno del confronto, una frangia di rumorosi sostenitori di Rune hanno invocato il nome del proprio beniamino, rimarcando con vigore la lettera «u» presente nel cognome del danese. Djokovic non ha decisamente apprezzato e ha avuto la sensazione di essere attorniato da diversi «buu» di disapprovazione nei suoi confronti. «Auguro una ‘’buuuonanotte’’ a tutti coloro che hanno scelto di mancarmi di rispetto – ha infine affermato in maniera stizzita il serbo – urlare in quel modo il nome di Rune è una scusa per fischiare anche me. Sono nel circuito da 20 anni, conosco ogni trucchetto. Ho giocato in ambienti più ostili di questo. Tutto ciò – ha concluso in maniera perentoria - non mi tocca affatto».

La risposta di Rune

Come tradizione vuole, poi, Djokovic è stato ulteriormente incalzato dai media in occasione della conferenza stampa, durante la quale ha di fatto rincarato la dose. «Se qualcuno supera la linea, allora io reagisco di conseguenza. Gli organizzatori del torneo non hanno un grande margine di manovra, non possono certo costringere all’uscita un intero spicchio di tifosi che non si sanno comportare sugli spalti».

Inevitabilmente, anche Rune è stato sollecitato sulla questione e il classe 2003 ha cercato di stemperare la tensione, ricordando che il canto – tanto discusso - a lui dedicato risale in realtà già a diversi anni or sono. Qualcosa di simile, infatti, era accaduto a New York, quando i due si erano sfidati per la prima volta, al primo turno degli US Open del 2021. «Forse non si ricordava di ciò e ha frainteso». La sua chiave di lettura, comunque, è stata ben diversa rispetto a quella espressa dal serbo. «Sappiamo tutti cos’è successo, gridavano il mio nome. Sinceramente credo ci fosse un supporto fantastico per entrambi e si sono viste delle belle scene sul Centre Court».

Il mirino puntato

Per come si comporta - dentro e fuori dal campo – di Novak Djokovic se ne parla sempre, nel bene o nel male. Certo, dopo una prestazione assai convincente come quella inscenata agli ottavi di finale, era lecito aspettarsi che il focus restasse sul suo tennis, decisamente migliorato rispetto alle difficoltà riscontrate nei due turni precedenti. Così, però, non è stato. Non sono bastati nemmeno tre convincenti set contro Rune per limare l’impatto delle sue dichiarazioni. Ce n’era davvero bisogno? Forse, per lui, paradossalmente sì. Nole si esalta nelle avversità, necessita lo scontro continuo e si alimenta da esso, gli esempi del passato, in questo senso, sono innumerevoli. Il suo, quindi, è una sorta di velato vittimismo, in cui trasuda la percezione di essere costantemente bersagliato.

Questa sorta di «Why always me?» di ‘’balotelliana’’ memoria, sembra essere insita nel suo essere e con il passare degli anni è semplicemente andata ad accentuarsi. Come mai? Beh, probabilmente perché ormai il serbo, numericamente parlando, ha sfondato ogni barriera e adesso si sente ancor più legittimato a non badare alle opinioni altrui. Non gli importa se il suo pensiero può rivelarsi scomodo, lui lo espone ugualmente.

Dall’altro lato, non va dimenticato che Nole ha sofferto per decenni la maggior popolarità di Federer e Nadal. Con l’addio del primo e l’imminente chiusura della carriera del secondo, magari, si aspettava di diventare lui il giocatore più amato del circuito. Dopo decenni passati con l’etichetta di guastafeste - per coloro che veneravano la cosiddetta rivalità «Fedal» - Djokovic non è riuscito lo stesso a togliersi di dosso l’immagine del «villain», come direbbero gli americani. Fa parte della sua natura, in fondo, perché così è stato forgiato e atteggiarsi in questa maniera, seppur controversa, lo rende più autentico. La deriva «peace and love» presa in passato, invero, non gli apparteneva e gli stava stretta. Il vero Djokovic è questo, prendere o lasciare.

La sfida con il Demone

Essere sbottato in questo modo - dopo una delle sue migliori performance stagionali - dunque, non sembra una casualità. Il 37.enne di Belgrado, in questo torneo, si era dimostrato fiacco, mentre ora sembra finalmente pronto per giocarsi tutte le sue carte in vista di un possibile ottavo trionfo a Wimbledon. La sensazione, adesso, è che si sia riacceso, improvvisamente.

Inoltre, anche i dubbi legati alle sue condizioni atletiche sembrano acqua passata, perché è stato lui stesso a rassicurare tutti a proposito del ginocchio recentemente operato. «Mi sento bene - ha confermato - e il giorno di pausa ho potuto dedicarlo a chi amo di più, la mia famiglia». Chi potrebbe presentarsi al quarto di finale con qualche acciacco, invece, è Alex «Demon» de Minaur, suo avversario odierno. L’australiano – proprio sul match point nella sfida vinta contro Fils - ha accusato un problema alla caviglia ed è apparso abbastanza preoccupato. Su di lui, Djokovic ha speso solamente parole di elogio. «È uno dei giocatori più veloci del circuito e sa disimpegnarsi bene su qualsiasi superficie, ultimamente è progredito davvero molto».

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