Basket

Oltre l'Olympic, le avversità e gli arbitri, la SAM deve ancora crederci

Dopo la sconfitta a Friburgo in gara-3 della finale dei playoff, la Spinelli Massagno non ha più diritto all’errore – Martedì alla Saint-Léonard sarà importante gestire le emozioni
© KEYSTONE/PETER KLAUNZER
Mattia Meier
11.06.2023 22:30

Sconfitta ieri in gara-3, la SAM si trova ora sotto 2-1 nella finale con Friburgo, costretta a vincere per continuare a sperare. Complicato, ma non certo impossibile per chi ha dimostrato una volta di più di avere tutto il carattere necessario per fronteggiare un avversario più attrezzato e superare le avversità, dovute anche a scelte altrui.

La forza dei numeri

«Strenght in numbers» è il motto che ha accompagnato le cavalcate vincenti dei Golden State Warriors in NBA. Un riferimento che prende spunto dalle statistiche per descrivere la filosofia, la mentalità e la struttura che hanno portato alla franchigia californiana 4 titoli e 6 finali. Da questo punto di vista, Friburgo è la «nostra» Golden State. Per la squadra svizzera più titolata, vincere va oltre l’obbligo, è un’abitudine che si costruisce ogni giorno, in campo e fuori. Per farlo serve poi avere sul parquet gli uomini giusti. Sabato coach Aleksic ha rinunciato a Freeman, impalpabile in gara-2, rimpiazzandolo con Milon, altro tipo di giocatore. Un playmaker per una guardia, malgrado l’indisponibilità di Kazadi e Solcà, eppure in campo non si è visto alcun contraccolpo. E ancora, con Jankovic, unico vero centro di ruolo, a quota 2 falli dopo 140 secondi, l’Olympic ha trovato alternative in Ballard e Cotture. Le stesse che ha trovato alla brutta serata di Gravet, per questo confinato in panchina. Ci hanno pensato Mbala e Milon a farne le veci. Lussi per pochi, non certo per la SAM e Gubitosa, che privato di Williams ha gettato nella mischia Koludrovic, talento cristallino e faccia tosta di quelle giuste, ma non (ancora) in grado di compensare il compagno statunitense. Per uno che non rende, Friburgo ha almeno un paio di alternative, in collina invece la coperta più corta obbliga ad avere il 100% da tutti sempre.

Questione di cuore

Ciò malgrado, ieri la SAM ha retto ampiamente, oltre le circostanze e finché gambe e polmoni hanno tenuto. Perché in campo gli equilibri spesso sono ben più labili di quanto racconti la «carta». I burgundi sono sì superiori – ieri come in gara-2 hanno spesso fatto corsa in testa per quanto di misura – ma non certo imbattibili. Anzi. Difficile dire quale sarebbe stato l’esito sabato a ranghi completi fino alla sirena finale. «La nostra forza è il cuore» è il leitmotiv di capitan Daniel Andjelkovic. Dopo lo shock di gara-1, in collina hanno attinto appieno dal principale organo umano. Con gli artigli, la SAM ha poi portato a casa gara-2, e con gli stessi è rimasta attaccata a Friburgo alla Saint-Léonard. Ha (ri)trovato l’efficacia di Marko Mladjan, 8 rimbalzi e carattere da vendere sul -12, faro nella notte per i compagni nel momento più difficile. Ha usato al meglio i muscoli di James e l’energia di Galloway per sgomitare e vincere, per una volta, la lotta sotto le plance. Il tutto aspettando ancora il miglior Dusan Mladjan, costretto in tutta la serie dalla difesa burgunda a mettere palla per terra perdendo così efficacia. Gara-4 di martedì, ancora di scena a Friburgo, si prospetta un’altra scalata «impossibile», ma la Spinelli ha dimostrato di poter compensare con orgoglio e «garra» ciò che le manca in tecnica e profondità.

Maneggiare con cura

Arbitrare a basket è tutt’altro che facile. «È uno sport senza contatto», potrebbe contestare un occhio inesperto. Macché. Di certo, nella circostanza che ha dato un’impronta (eccessiva) a gara-3, un po’ più di carota – da parte dei direttori di gara – avrebbe giovato. Non alla SAM, non al Ticino, ma allo spettacolo che stava andando in scena. Una finale è anche tensione, nervosismo, testosterone elevato al suo massimo. Se è giusto attendersi che giocatori e allenatori in campo imparino a maneggiarli, altrettanto ci si può aspettare da chi la partita la dirige. Bogues è stato espulso per due sole proteste, plateali e quindi evitabili, vero, ma non gli è stata concessa nessuna attenuante. Colpevole a prescindere. Idem per Gubitosa, focoso come lo conosciamo, ma anche vittima di un momento di tensione generale alimentato dalle decisioni di cui sopra. L’augurio, quantomeno, è che il coach massagnese non debba pagare ulteriormente con una squalifica. Ciò detto, la gestione delle emozioni andrà calmierata una volta di più martedì in gara-4. Sarebbe un vero peccato vedersi sfuggire questa finale per una protesta, un gesto di stizza, che rovinerebbe quanto di buono visto negli ultimi 80 minuti. Che se ricalcati, potrebbero riaprire le porte di Nosedo. Gli ingredienti per crederci ci sono tutti.

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