Pelletier: «Affronto questa nuova sfida unendo presente e passato»

Per più di tre decenni Serge Pelletier ha bazzicato le piste elvetiche in qualità di allenatore e direttore sportivo. Dall’inizio di quest’anno il 58.enne di origine québécoise ha tuttavia deciso di mettere in pausa le precedenti attività per lanciarsi in una nuova avventura, fondando l’agenzia IQ Hockey Management. «L’intento è differenziarsi dagli altri offrendo un prodotto unico, figlio della mia esperienza» ci dice l’ex head coach di Ambrì Piotta e Lugano. È l’inizio di una piacevole chiacchierata.
Il telefono squilla un paio di volte. Poi, dall’altro capo, ci risponde una voce calda e pimpante. Sì, Serge Pelletier è inconfondibile. E non soltanto per il suo accento québécois. Quando gli chiediamo come se la passa nella sua Bulle, infatti, il 58.enne svizzero-canadese ci offre una risposta che racchiude tutta la sua essenza. «È splendido vivere qui nella Gruyère, la regione è stupenda. E poi è perfetta per seguire l’hockey, perché si trova al centro di molteplici grandi realtà del panorama elvetico». Voilà. Nonostante gli oltre tre decenni di attività nel mondo del disco su ghiaccio, ancora oggi Pelletier ne è follemente innamorato. Anzi, dall’inizio di quest’anno ha persino scelto di portare la «relazione» a un livello superiore, in territori per lui inesplorati. «È tutto vero, con l’avvento del 2024 ho deciso di mettere in pausa i miei percorsi quale head coach e direttore sportivo, per diventare un agente - e consigliere - di giocatori. Come mai? È presto detto: negli scorsi mesi mi sono accorto che diversi giocatori mi avevano avvicinato per chiedermi consigli di vario genere. Da quelli tecnici a quelli più introspettivi, sulla gestione dell’aspetto mentale. Ho quindi riflettuto su queste sollecitazioni, giungendo alla conclusione che, diventando un agente, avrei potuto valorizzare le mie esperienze da allenatore e ds, unendole in un mix inedito e originale».
«Al centro c’è l’hockey IQ»
Il futuro di Serge insomma, almeno quello prossimo, non sarà più legato a lavagnette, pattini e fischietti. Bensì alla neonata «IQ Hockey Management», la sua creatura. Un’agenzia che, ci spiega il classe 1965, intende differenziarsi da tutte le altre. «In realtà, pensandoci bene, è quasi naturale che sia così. Sul mercato svizzero non vi è infatti nessun altro agente che può vantare oltre vent’anni di carriera come head coach e ds in National League. È un set di competenze unico, che aggiunge profondità al mio rapporto con gli assistiti. Vi faccio un esempio concreto:uno di essi è l’attaccante del Losanna Théo Rochette, peraltro fresco di convocazione in Nazionale. Il mio lavoro con lui - e con tutti gli altri - non si limita ai soli aspetti contrattuali, bensì si estende anche nell’ambito del coaching. Visiono tutti i suoi cambi, combino ciò che vedo con le statistiche avanzate e con il mio sguardo analitico gli offro delle letture per aiutarlo a sviluppare al meglio il suo potenziale». Un po’ agente, un po’ allenatore, insomma. «Esatto. Come suggerivo prima, unisco il passato al presente. Aiutando ovviamente anche giocatori più esperti, che magari non devono crescere, ma piuttosto ritrovare le loro migliori sensazioni. Al centro di tutto, comunque, mi piace porre il cosiddetto “hockey IQ”, l’intelligenza hockeistica. Quella che in pista, per intenderci, permette ai giocatori di prendere le decisioni giuste in ogni situazione. Sì, questo è un aspetto fondamentale, perché la rapidità raggiunta dall’hockey richiede elementi in grado di interpretare al meglio ogni frangente. L’altro tema basilare è garantire stabilità e continuità nelle carriere dei clienti. Una volta raggiunto un certo livello, è importante riuscire a mantenerlo o elevarlo, evitando di smarrire la retta via».
Un ulteriore assist per quanto concerne il nuovo impiego, è inoltre fornito dall’altra mansione ricoperta per anni ai massimi livelli: quella del direttore sportivo. «In questi decenni, va da sé, ho allestito un’enorme rete di contatti. Banalmente, per dire, circa il 75% dei ds attualmente attivi in National League sono stati miei giocatori. Essere agente significa svolgere pure un lavoro di relazioni, e anche da questo punto di vista la mia esperienza rappresenta un atout». Tutto giusto, tutto sensato. Ma la porta, per quanto concerne un eventuale ritorno in panchina, si può dire definitivamente chiusa? «Io dico sempre che allenatori e ds sono un po’ come dei cantanti. Magari per due o tre anni non pubblicano nessun album, ma poi a una certa tornano alla ribalta (ride, ndr). Per rispondere alla tua domanda, penso che ci dovrei riflettere, ma di certo non accantonerei un progetto così interessante per andare ad allenare una squadra per un mese o due. Ci vorrebbe un’offerta davvero seria e allettante per farmi vacillare».
«Vorrei un ex giocatore»
Tra i «protetti» attualmente inseriti nella sua scuderia, oltre al già citato Rochette, Pelletier può vantare pure Guillaume Asselin (Ajoie), François Beauchemin (Olten), Jordan Forget (Shawinigan Cataractes/QMJHL) e diversi altri. La base è insomma solida, ma la speranza - ovviamente - è di accrescere ulteriormente lo spessore dell’azienda. Al proposito, prossimamente l’ex tecnico di Ambrì Piotta e Lugano potrebbe presto essere affiancato da una seconda figura, ma i tempi non sono ancora maturi per poterne svelare il nome: «Posso dirvi che mi piacerebbe poter contare sull’apporto di un ex giocatore, così da chiudere il cerchio in merito alle esperienze accumulate da chi rappresenterebbe il marchio. Ci sono delle idee sul tavolo, ma direi che è materiale per la prossima puntata (altra risata, ndr)». Ben più attuale e concreta, invece, è la collaborazione già attiva con CAA Hockey, la più grande agenzia hockeistica a livello mondiale. Ad essa, per dire, fanno affidamento campioni del calibro di Sidney Crosby, Nathan MacKinnon, Anze Kopitar, Patrick Kane, Evgeni Malkin, David Pastrnak e tanti altri. Il denominatore comune fra tutti loro è il manager canadese Pat Brisson. «Ho incontrato Pat a Montréal al draft NHL del 2022. In realtà ci conoscevamo già da prima, essendoci sfidati più volte in età juniori e avendo in seguito intrecciato ulteriormente i nostri cammini. Lui, come potete immaginare, si affida a una vasta rete di contatti - o se preferite antenne - in tutto il mondo. Io al momento rappresento quella elvetica. Se vedo un talento qui da noi che potrebbe fare al caso suo in ottica NHL, glielo segnalo. E viceversa, se lui necessita di trovare una sistemazione in Europa a suoi assistiti che non trovano più spazio nella massima lega nordamericana, mi attivo per aiutarlo».
«Le ticinesi ce la faranno»
Detto della nuova attività, che assorbirà buona parte del suo tempo, il 58.enne québécois rimarrà comunque un pilastro de «La Casa dell’Hockey» su TeleTicino. Il ruolo di opinionista televisivo, che si è cucito addosso nel corso delle ultime stagioni, non verrà dunque meno. «E non potrei esserne più felice, perché mi diverte davvero tanto - ci confida Serge -. Mi trovo molto bene con la squadra allestita a Melide e la prospettiva di proseguire questa collaborazione mi rallegra. E poi la necessità di monitorare gli incontri per poterli commentare in tv, ben si sposa con l’attività di agente, perché mi permette di rimanere aggiornato sul rendimento di squadre e singoli». All’opinionista, allora, sottoponiamo alcuni piccoli quesiti. Il primo: che fato attenderà le ticinesi, nel rush finale della regular season? «A mio avviso l’Ambrì Piotta si qualificherà per i play-in. Contro l’Ajoie, in una sfida importante al netto della caratura dei giurassiani, i biancoblù hanno risposto presente. Il fattore chiave d’ora in avanti sarà riuscire a mantenere a distanza il Langnau, e in questo senso lo scontro diretto di domani sera sarà capitale. Per quanto concerne il Lugano, invece, sono convinto che i bianconeri chiuderanno la stagione regolare tra le prime sei, sinonimo di accesso diretto ai playoff. La squadra di Gianinazzi è solida e alle sue spalle le rivali dirette mi sembrano più discontinue, dunque i presupposti per fare bene ci sono tutti». Lanciando uno sguardo alla vetta della graduatoria, Pelletier si sofferma poi su un’altra delle sue ex squadre: il Friburgo. «Occhio ai Dragoni, perché - li sto studiando attentamente proprio in questi giorni - sono dei seri pretendenti al titolo. Ne sono persuaso, perché soddisfano una legge che io chiamo dell’“85%”. Mi spiego meglio: ogni volta che scende sul ghiaccio, la squadra di Christian Dubé assicura l’85% di ciò che è necessario fare per ottenere una vittoria. Esso comprende: un portiere solido, un buon power-play, quattro blocchi equilibrati in grado di rendere a cinque contro cinque e degli stranieri che fanno musica. Poi chiaro, resta un 15% di variabili che potrebbero costare il successo, come l’assenza di un certo sentimento di emergenza e la mancanza di disciplina. Entrambi ad esempio fatali nella loro ultima uscita. Comunque, a mio avviso, daranno del filo da torcere a Zurigo e Zugo per la conquista del titolo». In chiusura, a bruciapelo, Serge svela infine chi sin qui lo ha sorpreso di più, sia in negativo sia in positivo. «La delusione più grande, per come la vedo io, è rappresentata dal Rapperswil. I sangallesi hanno dovuto fronteggiare diversi ferimenti, è vero, ma hanno altresì accusato un calo di rendimento rispetto alle ultime stagioni. Ho la sensazione che stiano pagando il fatto di non aver iniziato a pianificare con maggiore anticipo il loro futuro, continuando a puntare sempre sugli stessi elementi, che ora sono giunti a fine ciclo. Sul lato opposto dello spettro, quale sorpresa positiva, cito invece il Losanna. L’anno scorso i vodesi hanno avuto mille difficoltà, invece ora in riva al Lemano sembra regnare la serenità, che sta fruttando un ottimo rendimento».