Per la Ferrari è una vittoria che vale la stagione
Vincere a Monza può salvare un Mondiale, diceva Enzo Ferrari. Ed è così, pensando al fiume di tifosi del Cavallino che ha invaso la pista dell’Autodromo, non appena Charles Leclerc è transitato sotto la bandiera a scacchi. Aver trionfato a Monte Carlo, nella 24 Ore di Le Mans e poi nel GP d’Italia è qualcosa che cancella delusioni, attese, appuntamenti mancati, trasformando il 2024 in un’annata diciamo pure trionfale, anche se il titolo della Formula 1 andrà ad altri. Leclerc, con la sua freschezza, il suo sorriso, la sua propensione a prendere rischi che spesso vanno contro la logica, a Monza si è dimostrato il degno successore di figure mitiche, alle quali i tifosi di Maranello sono indissolubilmente legati, cominciando da Clay Regazzoni, che con la vittoria del 1970 scatenò la prima invasione del tracciato di gara con striscioni, bandiere e quant’altro.
Sino a ieri Leclerc era considerato, appunto, un pilota d’azzardo, capace di imprese impossibili e anche di flop imperdonabili. Ma a Monza ha mostrato l’altro suo volto: quello di guidatore di tempra che, quando la macchina lo assiste, è capace di tenere un ritmo infernale dall’inizio alla fine, mettendo alla corda i rivali con una strategia rischiosissima: quella di cambiare le gomme una sola volta, invece di due. Quando si è capito che avrebbe agito in questo modo, mentre Piastri con la McLaren rinveniva come una furia alle sue spalle, è venuto il dubbio che Charles crollasse mentalmente o che esagerasse nella guida. Neanche per sogno: ha continuato a tenere la sua andatura da brivido e ha vinto, lasciandosi Piastri a oltre 2 secondi. Roba da campioni, grazie ad una Ferrari che adesso non distrugge più le sue coperture e può permettersi quindi delle strategie d’attacco. Leclerc ha espresso il meglio delle sue qualità, in attesa che in Ferrari, nel 2025, lo raggiunga Lewis Hamilton (quinto con una inesistente Mercedes), il Messia che riporterà il titolo mondiale, secondo quanto si sussurra nel team. Premesse che non fanno bene al morale di Charles, il quale aveva quindi necessità di una prova maiuscola per mostrare i muscoli dentro la squadra. L’ha data, eccome.
Eppure Max non fa una piega
La cosa più incredibile, è che in un campionato in cui la Red Bull dominatrice delle prime gare, sta crollando verticalmente trascinando nel baratro Verstappen, era immaginabile che la McLaren facesse di tutto per favorire Norris, secondo nella graduatoria. Invece no, i piloti sono stati lasciati liberi di darsi battaglia e Piastri, superando subito il compagno, ha chiarito che anche in futuro non farà favori a nessuno. Bella corsa la sua, però contro una Ferrari così non poteva andare oltre. Norris, col muso lungo, si è piazzato terzo e alla fine era più depresso per la scoperta di avere un rivale in casa che non per il piazzamento. Quanto a Verstappen, il 6. posto lo lascia leader con 62 lunghezze sull’inglesino della McLaren, ma Monza gli ha dato la conferma di una macchina che non è più competitiva come era sino all’inizio dell’estate. Che cose è cambiato? La partenza di Adrian Newey, il genio-progettista destinato in Aston Martin, ha inciso così tanto negli sviluppi della macchina? E se fossero i rivali, ad aver capito che cosa rendeva quasi imbattibile la Red Bull? Sono tanti i misteri che avvolgono quello che oramai è un «caso», intriso di risvolti finanziari, di storielle piccanti, di tradimenti e voltafaccia di tecnici, di liti interne che hanno coinvolto persino il papà di Max. Situazioni che non potevano non pesare, in una Formula 1 in cui si lotta ai centesimi di secondo e ogni spiffero influenza le prestazioni di macchine e piloti. Eppure Verstappen non fa una piega, sicuro che alla fine – nonostante tutto – sarà il migliore a spuntarla. Cioè lui.