Il caso

Perché, in Italia, si continua a far polemica su Imane Khelif

L'atleta algerina, impegnata oggi contro Angela Carini, è stata definita «pugile trans» da alcuni esponenti del governo italiano: la realtà, però, non è quella dipinta da politici (e media)
Imane Khelif in una foto d'archivio a Tokyo 2020. © Themba Hadebe
Red. Online
01.08.2024 15:15

Angela Carini, pugile italiana, si è ritirata dopo nemmeno un minuto, oggi, al cospetto dell’algerina Imane Khelif. L’incontro era valido per i quarti di finale della boxe femminile, nella categoria 66 kg, alle Olimpiadi di Parigi 2024. Khelif, da ieri, è finita nell’occhio del ciclone in Italia. E il motivo è presto detto: il Comitato olimpico internazionale (CIO) ha deciso di ammetterla ai Giochi parigini nonostante, l’anno scorso, l’atleta sia stata esclusa dai Mondiali. Di qui l’etichetta, affibbiatale da alcuni esponenti del governo italiano, di «pugile trans». La realtà, però, è differente.

Il ritiro di Carini, riferiscono le cronache sportive, è legato a un destro ricevuto da Khelif in pieno volto. Quanto all’avversaria, a fine incontro si è limitata a dire: «Io sono sempre andata oltre le polemiche, per me quando scavalco quelle corde chiunque hai davanti non fa differenza. Mi sono fermata perché ho sentito un forte dolore al naso. Il secondo colpo l’ho sentito sul naso fortissimo e ho capito che o mi fermavo da sola o mi sarei potuta fare male davvero. E ho capito che forse era meglio essere intelligente e matura».

«Non è stata una gara ad armi pari» ha invece commentato, da Casa Italia, la premier Giorgia Meloni. «Non ero d’accordo con la scelta del 2021» ha spiegato, riferendosi alla decisione di ammettere Khelif a Tokyo. «Non sono d’accordo oggi. Ringrazio Angela Carini per come si è battuta anche se non siamo riusciti a vederla, abbiamo visto solo dei piccoli flash».

Napoletana, 25 anni, Carini è alla sua seconda Olimpiade. Khelif, di anni, ne ha 24 e, come l’avversaria, era presente già a Tokyo 2021. Dove uscì ai quarti di finale. L’algerina, tornando alla polemica sollevatasi in Italia, è stata ammessa ai Giochi poiché ha rispettato i criteri di accesso alle competizioni femminili, come ha confermato un portavoce del Comitato olimpico internazionale. Lo stesso CIO ha fornito alcuni documenti alla stampa, secondo i quali l’esclusione dell’atleta dai Mondiali di Nuova Delhi del 2023 era dovuta a un livello troppo alto di testosterone riscontrato dall’IBA, la Federazione internazionale di boxe. A spingere molte, moltissime persone a sospettare e, a stretto giro di posta, identificare Khelif come pugile trans è una vecchia dichiarazione di Umar Kremlev, presidente dell’IBA, secondo cui «sulla base dei risultati dei test del DNA, abbiamo identificato un certo numero di atleti che hanno cercato di ingannare i loro colleghi e fingevano di essere donne. Sulla base dei risultati dei test, è stato dimostrato che avevano i cromosomi XY. Tali atleti sono stati esclusi dalla competizione». Una dichiarazione, tuttavia, mai supportata da fatti o dati concreti.

CIO e IBA, in ogni caso, viaggiano su binari diversi circa l’ammissione delle atlete alle competizioni. Il primo, è bene ribadirlo, non riconosce la seconda, poiché coinvolta in passato in una lunga serie di scandali di corruzione. L’IBA, da quello che potremmo definire uno scisma, ha sede in Russia e Kremlev è stato identificato come un imprenditore molto vicino a Vladimir Putin. La Federazione, a proposito di legami particolari, è finanziata dal conglomerato petrolifero Gazprom. «Tutti i concorrenti rispettano le regole di ammissibilità alla competizione» ha ribadito, a proposito di Khelif, il portavoce del CIO Mark Adam, aggiungendo che, nel caso del pugilato femminile, è stato «accertato che si tratta di donne».

In ogni caso, anche ammettendo che l’affermazione di Kremlev circa le atlete trans sia vera, non vorrebbe dire automaticamente che Khelif sia a sua volta una pugile trans. Il Post, su questo aspetto, scrive che «esistono condizioni nello spettro dell’intersessualità» per cui l’algerina «potrebbe avere quei cromosomi sessuali pur presentando dalla nascita caratteristiche fisiche prevalentemente femminili». Non finisce qui, dal momento che in Algeria è reato già il rapporto omosessuale: sembrerebbe quantomeno improbabile che Khelif abbia compiuto una transizione di genere, cambiato i propri documenti e, infine, staccato un biglietto per le Olimpiadi come rappresentante femminile dell’Algeria.

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