Ciclismo

«Pogacar è pronto per la doppietta, ma siamo felici che ci sia anche Vingegaard»

Mauro Gianetti, team principal e CEO dell'UAE Emirates, lancia il Tour de France del suo pupillo sloveno: «Tadej è in forma e crediamo che lo sia anche il suo rivale Jonas: è il duello che tutti aspettano»
Mauro Gianetti insieme a Tadej Pogacar dopo il trionfo alla Liegi. © KEYSTONE/DIRK WAEM
Fernando Lavezzo
27.06.2024 06:00

Il Giro si era concluso il 26 maggio a Roma con Tadej Pogacar in maglia rosa. Sabato il Tour de France parte proprio dall’Italia, da Firenze, quasi a voler lanciare l’assalto dello sloveno dell’UAE Team Emirates a una doppietta che manca dal 1998. Ne parliamo con il suo team principal, il ticinese Mauro Gianetti.

Mauro Gianetti, come state vivendo gli ultimi giorni di attesa?
«Per noi la sollecitazione è costante, siamo abituati a passare da una gara all’altra. Il Tour de France, però, riserva una tensione particolare. È la corsa con più visibilità, con la maggiore esposizione, e ci si arriva dopo mesi di preparazione. Anzi, dopo un anno intero, perché ci stiamo pensando dall’ultimo arrivo a Parigi. L’inverno è stato molto focalizzato sul grande obiettivo del nostro leader, Tadej Pogacar».

Ovvero la doppietta Giro-Tour che manca dal 1998, quando a compiere l’impresa fu Marco Pantani.
«Metà del lavoro è stato fatto con il successo di Tadej in Italia. Ora resta la seconda parte, quella più complicata. Che dire? Finalmente ci siamo, abbiamo fatto tutto quello che dovevamo e siamo pronti a cogliere l’opportunità. Non pensiamo alla doppietta, ma al lavoro che ci attende da sabato».

Un mese fa avevamo lasciato Pogacar in maglia rosa a Roma, al termine di un Giro dominato in lungo e in largo. Come lo ritroveremo alla partenza di Firenze?
«Tadej sta molto bene, ha lavorato duramente ed è contento della sua condizione fisica. Dopo il Giro si è concesso una settimana di riposo, poi è ripartito subito con gli allenamenti e la concentrazione. Ha trascorso tre settimane in altura per preparare il Tour. Un impegno fisico e mentale non indifferente, considerando che già all’inizio della stagione aveva dovuto dedicare tutto sé stesso alla preparazione del Giro, trascorrendo lunghi periodi lontano da casa».

Quali sono stati i cambiamenti più importanti a livello di preparazione e di pianificazione per puntare a vincere due grandi giri così ravvicinati?
«Innanzitutto l’alleggerimento del calendario, con la rinuncia a molte classiche primaverili. Tadej ha preso parte solo alle Strade Bianche, alla Milano-Sanremo e alla Liegi (vincendo la prima e la terza, NdR.). Si tratta di competizioni che non necessitano di una preparazione specifica come quella richiesta, ad esempio, dalle classiche del pavé. In allenamento, ci siamo poi preparati in modo mirato per le corse a tappe e le grandi montagne, con molto più lavoro di fondo, di qualità, in altura».

Come squadra, arrivate al Tour in piena fiducia: un grande Giro con Pogacar, un grande Tour de Suisse con Yates e Almeida, ma non solo. Fin qui è stato decisamente l’anno dell’UAE Emirates.
«Abbiamo ottenuto dei risultati straordinari, sono molto orgoglioso del team. Nel 2024 siamo già arrivati a 47 vittorie e siamo nettamente in testa alla classifica mondiale, con quasi il doppio dei punti della seconda. Insomma, non c’è solo Tadej. La squadra che sono riuscito a costruire in questi anni ha raggiunto un livello eccezionale. Non dimentico che il nostro primo avversario, ovvero il Team Visma, ha avuto una prima parte di stagione molto sfortunata, con gli incidenti di Vingegaard e Van Aert. Questo fa apparire la differenza ancora più netta. Ma al di là della sfortuna altrui, noi abbiamo lavorato molto bene. Tutti: atleti, allenatori, ingegneri. Abbiamo già dodici corridori con almeno una vittoria stagionale. E questo è molto significativo. Sappiamo di avere un fenomeno galattico come Pogacar, ma pure il resto della squadra è di altissimo livello. Anche senza Tadej, infatti, saremmo comunque la prima squadra per numero di vittorie».

Questo fa di voi i grandi favoriti per il Tour de France...
«Sappiamo di avere un team di alto livello, ma ci sono altre squadre molto forti. Penso alla Bora, alla Ineos, ovviamente alla stessa Visma e anche alla Lidl-Trek. Queste quattro formazioni si presenteranno alla partenza del Tour molto agguerrite e preparate. Ci sarà da battagliare ogni giorno».

C’è tanta incertezza sulle condizioni di Jonas Vingegaard, vincitore delle ultime due edizioni davanti a Pogacar. Il danese tornerà in gara proprio al Tour dopo il grave incidente di inizio aprile al Giro dei Paesi Baschi. All’interno dell’UAE Emirates ne avete parlato? Che idea vi siete fatti?
«Siamo convinti che Jonas si presenterà alla partenza a un ottimo livello. Se non sarà al 100%, sarà comunque poco distante. Non credo, infatti, che avrebbe deciso di partecipare alla Grande Boucle se non fosse stato nelle condizioni di giocarsi la vittoria e difendere il titolo degli ultimi due anni. Sappiamo che i suoi allenamenti sono andati bene. Siamo molto felici di vederlo di nuovo in salute e di poter pregustare quel grande duello con Pogacar che noi e il pubblico attendiamo da un anno».

Degli altri uomini di classifica avversari, chi credi che abbia fatto i progressi più importanti rispetto al Tour di un anno fa?
«È scontato dire che Roglic ed Evenepoel faranno parte della lotta al vertice, ma se devo pensare ai passi avanti compiuti rispetto al 2023, allora credo che Carlos Rodriguez, spagnolo della Ineos, sia quello che più di tutti si possa inserire. Io me lo aspetto a battagliare con Pogacar e Vingegaard per la vittoria finale».

Che Tour vi aspetta?
«È un percorso molto, molto esigente, più duro degli ultimi anni. Le due tappe inaugurali, con arrivi a Rimini e Bologna, sono già insidiose: nei primi giorni sarebbe stato bello avere strade più ampie e meno pericolose, soprattutto pensando alla tensione dei corridori e alla voglia di sprinter e outsider di prendere la maglia gialla. Al quarto giorno avremo il Galibier, poi ci sarà la nona tappa con 14 tratti di sterrato. L’ultima settimana sarà terribile, con tantissime salite e il Col de la Bonette alla terzultima giornata. La cronometro conclusiva a Nizza, con due salite, sarà durissima e probabilmente deciderà la corsa all’ultimo minuto».

Ecco: gran finale a Nizza e non, come da tradizione, sui Campi Elisi parigini. Che effetto fa?
«È strano, sarà un’esperienza nuova. Eravamo abituati alla passerella conclusiva, al giorno di festa, alla sfida tra velocisti per l’ultimo sprint. Invece si torna un po’ al Tour del 1989, che – seppur sui Campi Elisi – venne deciso all’ultimo da una crono, nella quale Greg Lemond strappò la maglia gialla a Laurent Fignon per 8 secondi».

Sarebbe il finale perfetto per Netflix. A proposito, nelle scorse settimane, sulla nota piattaforma di streaming, è uscita la nuova docuserie dedicata al Tour de France del 2023. A differenza del 2022, stavolta anche l’UAE Emirates ha accettato di farsi seguire dalle telecamere. Che ne pensi del prodotto finale?
«Avrei voluto vedere qualcosa in più sull’aspetto umano legato alla squadra: il sacrificio, l’impegno del personale che inizia le giornate alle 5.00 e le termina a mezzanotte. Avrei anche voluto che venisse mostrato quanta tecnologia c’è dietro al ciclismo di oggi, dalla messa a punto della posizione in bicicletta alla nutrizione calcolata al grammo, fino alla pressione degli pneumatici che cambia per ogni corridore. Per contro, avrei voluto meno parolacce, meno screzi personali e meno esaltazione delle cadute. Netflix ha fatto Netflix. Io però avrei preferito altre cose».

In questo articolo: